Il Fatto Quotidiano

ECCO PERCHÉ SALVINI HA PERSO

Dissolto il M5S in due regioni in cui aveva “vinto”, si torna ai numeri di 10 anni fa: Salvini però perde consensi e non va oltre il centrodest­ra, il Pd la sfanga col “voto utile”

- » MARCO PALOMBI

I FLUSSI ELETTORALI L’EMILIA-ROMAGNA RITORNA AL 2010. SALVINI PERDE PUNTI SULLE EUROPEE. IL PD VINCE CON SARDINE E 5S DISGIUNTI GLI ERRORI DEL CAPO DALLA FOLLE CRISI DEL PAPEETE ALLA CITOFONATA, VIENE SCONFITTO AL PILASTRO E PERSINO A BIBBIANO LA GUERRA DEI SOCIAL BORGONZONI HA SPESO DI PIÙ, MA BONACCINI HA VINTO SU FACEBOOK PER COINVOLGIM­ENTO DEI SUOI FOLLOWER

La polvere del voto si è (quasi) posata e si può trarre qualche conclusion­e: a guardarli, i numeri, si potrebbe dire, paradossal­mente, che è una tornata elettorale in cui ha poco da festeggiar­e persino chi ha vinto (tolta Giorgia Meloni, che comunque non corre da front r u nn e r ). Partiamo dall’a ffluenza: bassissima in Calabria, 44%, appena 4 punti sopra il record negativo di cinque anni fa; tornata su livelli “accettabil­i” in Emilia-Romagna (66,7%) ma comunque la seconda più bassa di sempre dopo la “riv olt a” del 2014, quando votò il 37% degli aventi diritto. Ora una breve analisi ragionata dei dati, a partire da una constatazi­one: sembrano quelli delle Regionali 2010.

EMILIA ROMAGNA. Vince Stefano Bonaccini con 1,2 milioni di voti (51,4%), Lucia Borgonzoni se ne accaparra poco più di un milione (43,6%): 180mila schede e 8 punti percentual­i di scarto. Vittoria larga che si basa (anche) sulla sostanzial­e dissoluzio­ne del M5S: 100mila voti, oltre 60mila in meno persino rispetto alle Regionali del 2014, quando l’affluenza fu la metà (la percentual­e passa dal 13 al 4%). Un vero tracollo rispetto alle Europee 2019, quando l’affluenza fu simile: all’epoca i grillini presero 290mila voti e il 12,9% (a non dire dei 700mila col 27,5% delle Politiche 2018). La percentual­e di elettori M5S passati a

In prospettiv­a Bonaccini ha gli stessi consensi dell’ultimo Errani, che fu il punto più basso dei dem

Bonaccini, secondo gli esperti, è consistent­e: circa un terzo secondo Swg, il doppio per l’Istituto Cattaneo (che ha analizzato solo 4 città); poca cosa le uscite verso Lega & C.

La mappa della Regione che viene fuori da queste elezioni indica, rispetto agli ultimi due anni, una ripresa del centrosini­stra: Borgonzoni stravince comunque a Piacenza e Ravenna e si piazza davanti pure a Parma e Rimini (4 province su 9); Bonaccini ringrazia la via Emilia, Bologna in testa, la provincia più popolosa dove ha preso quasi il 60% e 133mila voti più dell’avversaria. Un certo ruolo, ancorché marginale, l’ha avuto anche il voto disgiunto: Bonaccini ne ha incassati sia dal M5S che da Borgonzoni, segno che s’è trattato di una scelta debole e che la concorrenz­a nel centrodest­ra s’è fatta agguerrita e non sempre leale ( FdI raddoppia i 97mila voti delle Europee).

Questo bipolarism­o di ritorno – favorito da Matteo Salvini, nuovo “uomo nero” (alla Berlusconi) dell’ele tt ora to progressis­ta – riconsegna l’Emilia-Romagna alla situazione del 2010: affluenza simile, 1,2 milioni di voti al centrosini­stra, 950mila al centrodest­ra all’epoca, che comunque in Regione aveva già sfondato il milione di voti nel 2000. Quel che può preoccupar­e Salvini – oltre al fatto di aver perso 70mila voti da maggio – è che, pur avendo colonizzat­o il centrodest­ra, pare non riuscire ad allargarne la platea elettorale: si è mangiato Forza Italia (scesa a un umiliante 2,5%), ma i voti assoluti sono gli stessi da metà anni Novanta in poi.

Il Pd, d’altro canto, può gioire per lo scampato pericolo e per aver visto i consensi assoluti crescere: 670mila nel 2018, 700mila nel 2019, 750mila oggi, quando torna primo partito in Regione anche senza considerar­e i 124mila voti della Lista Bonaccini. Va ricordato, però, che questo accade in un’area del Paese in cui il Pd ha un antico radicament­o, filiere politico-economiche (quando non clientele) consolidat­e e che c’è stata l’ennesima chiamata al “voto utile” contro il barbaro alle porte: questo giochino, che pure finora ha funzionato, ogni volta che viene praticato lascia per strada qualcosa. Domenica

Bonaccini ha preso i voti di Vasco Errani nel 2010, performanc­e che fu già il punto più basso del centrosini­stra in Regione. Ora, però, fuori della sua coalizione non c’è più nulla (a parte quel 33% di elettorato che non vota) e non è detto che il “giochino” funzioni in altri tipi di elezioni.

CALABRIA. Anche qui si torna al 2010 (quando Scopelliti prese il 57% dei voti): la berlusconi­ana, corrente “Previti”, Jole Santelli stravince col 55% dei voti davanti a Pippo Callipo, centrosini­stra, fermo 25 punti più sotto. Anche qui – dopo i fasti degli ultimi due anni – va in scena la dissoluzio­ne grillina: 400mila voti alle Politiche 2018, 200mila alle Europee 2019, 48mila oggi e a poco vale richiamare le Regionali 2014 (39mila voti, ma stessa percentual­e, meno del 5%).

Il Pd, nonostante perda la Regione che Mario Oliverio aveva conquistat­o col 61% dei voti cinque anni fa, si vanta di essere il primo partito, ma con 118mila voti e il 15,1%, cioè 70mila voti in meno rispetto al 2014 (23,6%) e 15mila in meno rispetto alle Europee (18,2%).

Nel centrodest­ra vince Forza Italia: il 12,3% di lista a cui aggiungere però la Lista Sardelli (8,4%) e Casa delle Libertà, lista guidata da un altro berlusconi­ano (6,4%). La Lega, invece, tracolla dal 22,6% delle Europee al 12,2, passando da 165mila a 95mila voti: è vero che era possibile che il partito di Salvini, non radicato in Calabria, potesse perdere consensi in una tornata locale.

GLI ALTRI. Non ci sono quasi più e ci sono brutte notizie in particolar­e per i molti cercatori del “nuovo centro”: +Europa si conferma una forza elettoralm­ente poco rilevante, le scissioni di Renzi e Calenda non fanno male al Pd. Anzi.

In Calabria

La ridotta di B. è al Sud dove FI ridimensio­na l’alleato, ma l’affluenza resta ben sotto il 50%

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LaPresse/Ansa Eletti I festeggiam­enti per la vittoria dei “governator­i” Stefano Bonaccini e Jole Santelli
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