IL RITORNO CICLICO DEL FALSO BIPOLARISMO
Neanche il tempo di aspettare i risultati definitivi che, a urne ancora fumanti, è esploso il prevedibile dibattito sul ritorno del bipolarismo. Ormai un classico dei commentatori politici, che si verifica tutte le volte in cui il M5S perde o crolla a un turno di elezioni locali. Ovviamente, la forte valenza nazionale del voto emiliano- romagnolo combinata con la vittoria di Stefano Bonaccini ha prodotto l’ennesima trasposizione che eccita tutti i politologi esperti o dilettanti. Il bipolarismo è tornato, come uno spettro che vaga senza requie, e i grillini sono morti e sepolti. Amen.
La realtà è invece molto più complessa di come viene descritta dalla nuova narrazione bipolarista. Innanzitutto ché in Emilia-Romagna, con una legge elettorale che premia il primo arrivato, ha vinto banalmente la logica del voto utile per arginare il salvinismo dei citofoni e di Bibbiano. Secondo: la disfatta elettorale dei 5S intorno al 4 per cento in quella che è stata la loro Betlemme natìa, l’E milia- Romagna appunto, proietta in proporzione i grillini tra il 12 e il 15 per cento su scala nazionale. Non proprio l’estinzione. Il che porta al nodo decisivo del loro futuro agli Stati generali di marzo tra la prospettiva post-ideologica di Luigi Di Maio e la stabilizzazione dell’a lleanza giallorossa di governo (Conte). In ogni caso il quadro politico non si è affatto semplificato se pure si tengono conto delle antipatie e delle divisioni fra i tre leader di centrodestra.
Terzo e ultimo punto: come si fa a parlare di bipolarismo di ritorno quando la maggioranza ha intenzione di varare una riforma elettorale che ci riporta al proporzionale puro? Per vari motivi, le mani libere prima delle urne convengono a tutti, a partire dai due Matteo, Salvini e Renzi. E lo stesso centrosinistra rilanciato dal modello Bonaccini (senza i 5S) dimagrirebbe di molto a livello nazionale. Ergo, al momento, il bipolarismo è un dettaglio dell’immaginazione, non della realtà.