Il reggente Crimi si smarca: “Alla gente del fronte anti-destre non frega nulla”
Bonaccini
ha stravinto, il Movimento ha straperso. E in una mattinata uggiosa fuori Palazzo Chigi c’è il presidente del Consiglio Giuseppe Conte che dà già la linea innanzitutto a loro, ai Cinque Stelle: “Mi auguro che si possa rafforzare sempre più un ampio fronte dove possano trovare posto tutte le forze che vogliono condurre una politica alternativa alle destre”.
TRADOTTO, il premier entra nel congresso del Movimento, gli Stati generali fissati per marzo, da cui Conte si aspetta di rivedere i 5Stelle “rigenerati” come dice in serata a Otto e mezzo . Dove rafforza il concetto: “Serve un’area innovatrice dove potrebbe trovare spazio anche il M5S”. Solo che il Movimento attuale è un brodo primordiale di idee, tendenze e paure. Anche se tutti sanno che a marzo voleranno stracci su quello, sulla collocazione politica. Infatti il tema in giornata esplode, dentro i 5Stelle. E in questo scenario da trincee in costruzione, il neo-reggente Vito Crimi, in ottimi rapporti con il capo politico uscente Luigi Di Maio, non vuole e forse non può prendere posizione. Così nel pomeriggio a Palazzo Madama prova a giocare con le parole: “Dobbiamo lavorare sui progetti, non parlerei di collocazione”. I giornalisti insistono, gli rileggono le parole del premier. Lui tenta di sostenere che non è quella l’interpretazione giusta. “Ho ascoltato sia le parole del premier che di Zingaretti , anzi con il premier mi sono sentito. Ma non parlerei di collocazione, noi 5Stelle siamo oltre destra e sinistra”. Ma poi va di pancia: “Di fare un fronte per sconfiggere le destre ai cittadini non frega niente, a loro importa se abbassiamo le tasse”. Non è proprio miele, per Conte. Ma tanto è già battaglia sulla rotta. Lo conferma per paradosso anche il prolungato silenzio di Di Maio, l’ex capo politico che vuole comunque tenere il M5S a distanza di sicurezza dal centrosinistra, e figurarsi se fare fronti unici contro le destre. “Luigi lo aveva detto, non dovevamo presentarci in Emilia Romagna” ripetono i suoi per tutta la giornata.
LA DIREZIONE È DIVERSA da quella di Conte, che gli riserva pure una stoccata: “Il Movimento non ha conseguito risultati brillanti, ma consideriamo che il leader Di Maio si è appena dimesso...”. Però l’ex capo non si sente per nulla marginale e allora una dimaiana di ferro come la viceministra all’Economia Laura Castelli mostra il petto: “Ieri un giornalista sosteneva come questi risultati dimostrino che la “terza via” non esiste, ma il M5S esiste proprio per questo. La nuova legge elettorale, proporzionale, dimostrerà che "la terza via" continuerà ad essere la giusta compensazione di ciò che la politica non è più capace di fare”. Di fatto è la linea di Di Maio, che il capo corrente non vuole ancora (ri)dare.
Ma la ferita delle Regionali spurga malessere. Così perfino il presidente della commissione Politiche Ue della Camera Sergio Battelli, pure vicino al ministro degli Esteri, è brutale: “La colpa di tutto questo è unicamente nostra e mi sono davvero rotto le scatole di guardarmi attorno e vedere solo autoreferenzialità. Mettiamocelo in testa una volta per tutte, non siamo i più bra
Voci e richieste
Per Laura Castelli “la terza via esiste”. E c’è chi chiede di rinviare gli Stati generali
vi”. E di errori parla diffusamente Stefano Buffagni, viceministro allo Sviluppo economico, già dimaiano e ora voce autonoma che vuole coagulare il M5S del Nord: per nulla desideroso di un nuovo centrosinistra. “Stiamo sbagliando perché ci siamo chiusi nei palazzi, le poltrone sono un male” teorizza.
DI CERTO nel gioco delle truppe Buffagni può spostare gli equilibri. E lui non lo nasconde: “Dobbiamo evolverci per non estinguerci, lo dico da un anno. Agli Stati generali ci dovremo ridare un’identità, e io darò il mio contributo”. E i filo dem? Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, prova a predicare calma: “I risultati delle Regionali sono un’indicazione su cui riflettere, e lo faremo negli Stati generali”. A margine però cresce la richiesta di rinviarli, come aveva proposto sul Fatto sabato Roberta Lombardi. Dal Movimento negano slittamenti: “Nessun segnale su questo, e poi il 29 marzo c’è il referendum sul taglio dei parlamentari”. Ma chissà.