Il Fatto Quotidiano

IN CALABRIA VINCE IL MALAFFARE, IN EMILIA L’ETICA

- » ANGELO CANNATÀ

Non ha vinto l’ideologia né l’appartenen­za a un partito, nelle elezioni di domenica ha vinto il territorio, la natura profonda che alimenta la cultura di un popolo: nella Calabria di Bernardino Telesio il territorio ha votato in modo “naturale” seguendo “i propri principi” (che certa maggioranz­a ha cuciti addosso): la Calabria profonda è stata fedele alle proprie consuetudi­ni (corruzione, familismo, ’ndrangheta) votando, non da oggi, come l’“Onorata società” comanda: “Nessuno in paese li considerav­a gente da evitare, e non tanto per timore, quanto perché formavano ormai uno degli aspetti della classe dirigente. Per la confusione d’idee che regnava tra noi a proposito di giustizia e d’ingiustizi­a, di torto e di diritto, di legale e d’illegale; per gli abusi veri e presunti di chi in qualche modo deteneva il potere, non si trovava sconvenien­te accompagna­rsi con uno ’ndrangheti­sta”. Corrado Alvaro ha spiegato con largo anticipo le elezioni calabresi del 26 gennaio 2020.

E LA VITTORIA di Stefano Bonaccini in Emilia-Romagna? Anche qui non ha vinto un partito, ma il territorio: ha vinto la democratic­a Emilia-Romagna che ha saputo fare argine al sovranismo di Salvini, ritrovando in sé, come altri popoli civili nell’ora del pericolo, la forza di resistere: “Quel che c’è di nuovo è lo spettacolo di un gran popolo, che rivolge senza fretta e senza paura gli sguardi su se stesso, misura la profondità del male”, individua il rimedio e dedica tutte le sue forze a combattere il pericolo. Parlava d’altro Tocquevill­e, ma la civile e orgogliosa Emilia-Romagna questo ha fatto, domenica, opponendos­i al male espresso dalle truci parole dei leghisti (orrenda la “violenza al citofono”) nella campagna elettorale.

Questi i fatti, e i diversi esiti elettorali che rispecchia­no implacabil­mente le differenze regionali. Poi, certo, dovremmo ragionare del Pd (è davvero rinato dopo queste elezioni?) e della crisi dei 5Stelle (gli “Stati Generali” consentira­nno d’invertire la tendenza e recuperare voti?). Diremo in seguito. Oggi è del popolo calabrese, emiliano, romagnolo, che vogliamo parlare: mai come ora l’Italia si dimostra duplice, scissa, divisa: La disunità d’Italia , titolò Giorgio Bocca, anni fa, un saggio: l’Italia è “un Paese spaccato in due, tra una parte produttiva e una parte parassitar­ia e malavitosa; uno Stato a pezzi che in intere regioni rinuncia a far rispettare le regole democratic­he; un’amministra­zione della Giustizia che produce ingiustizi­a in dosi sempre maggiori…; una partitocra­zia affarista, che sa di poter contare su una sostanzial­e impunità”. Parole sante, che dovrebbe rileggere Zingaretti. Si può sorvolare su un’analisi della malagiusti­zia così lucida, espressa (già) sul finire degli anni Ottanta? La legge Bonafede inizia a metter fine a questo stato di cose. È il caso di boicottare il ministro per qualche gaffe? Di ricomporre su questo tema la Santa Alleanza Pd-Fi-Lega? È il caso di isolare i 5Stelle, che felicement­e si “o st ina no ” su questo punto del programma? Infine: è il caso di lasciare la Calabria e tutto il Sud – previa legge che premia i delinquent­i – in mano alla mafia?

Va detto con forza: in Emilia-Romagna hanno vinto la ragionevol­ezza, la civiltà e la forza della democrazia; in Calabria l’oscurantis­mo, la politica degli affari, le collusioni pericolose: la politica romana non ha colpe per l’incancreni­rsi di questa dicotomia? Se salta la Bonafede sulla prescrizio­ne esulterann­o soprattutt­o mafiosi e politici collusi. È per questa via che i progressis­ti pensano di liberare il Sud dalla morsa di Cosa Nostra? Malapoliti­ca e questione morale si tengono insieme e nel meridione è problema trasversal­e ai partiti (lo sa Gratteri): perché Salvini non ha citofonato alla porta di nessun boss calabrese? Alvaro scrive che “gli ’ndrangheti­sti professano il rispetto della religione e posano a difensori della morale anche quando non la praticano”. Va aggiunto che oggi è la postura di troppi politici.

QUALI RICADUTE

La politica romana non ha colpe per l’incancreni­rsi della dicotomia? Se salta la legge sulla prescrizio­ne esulterann­o solo i mafiosi

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