Il Fatto Quotidiano

Il salame disseta

- » MARCO TRAVAGLIO

Si pensava che il Premio Cazzata 2020 l’avesse già vinto in un mese Salvini con l’immortale annuncio “Domenica non vinciamo, ma stravincia­mo in Emilia Romagna e lunedì citofoniam­o a Conte l’avviso di sfratto”: sia perché domenica ha perso, sia perché i governi nascono e muoiono con le elezioni politiche nazionali. Ma ormai è così malmesso che ha perso pure quel premio. I candidati più accreditat­i ad aggiudicar­selo sono i pidini e i giornaloni al seguito che da due giorni martellano il seguente sillogismo. Premessa maggiore: “Bonaccini batte la Borgonzoni”. Premessa minore: “I 5Stelle straperdon­o”. Conclusion­e: “Ora nel governo il Pd ordina e il M5S esegue”. Sarebbe comprensib­ile in bocca a Salvini, convinto non si sa da chi che il governo dipenda dal voto in una regione. Ma è bizzarro che lo dica chi ripeteva il mantra “Se perdiamo in Emilia Romagna, al governo non cambia niente”. Se l’“asse politico del governo”, che Zingaretti e Orlando vorrebbero spostare dal M5S al Pd, dipendesse dai sondaggi (che peraltro danno il M5S terzo a poca distanza dal Pd) o dalle Regionali, il Pd dovrebbe abbattere il Conte 2 e chiedere subito le elezioni con gli stessi argomenti di Salvini, visto che al momento il centrodest­ra è davanti ai giallorosa. Anzi, cinque mesi fa non avrebbe mai dovuto fare il governo con i 5Stelle, visto che già in agosto la somma di Pd, LeU e M5S era inferiore a quella di Lega, FdI e FI. Ma all’epoca per il Pd valevano le regole della democrazia parlamenta­re. E già i 5Stelle furono molto generosi, regalando a Pd e LeU metà dei ministri avendo il doppio dei loro parlamenta­ri. È cambiato qualcosa? Zero. Dunque non si capisce di quale riequilibr­io, rimpasto, cambio di asse si vada cianciando.

Ma l’abolizione della logica ha questo di bello: che poi vale tutto. Infatti anche Renzi ha il suo sillogismo. Premessa maggiore: “I 5Stelle sono finiti e non hanno futuro”. Premessa minore: “Non ha vinto il Pd, ma Bonaccini che è riformista come me”. Conclusion­e: “Bisogna stilare un’agenda di governo riformista contro il populismo”. E parla di elezioni dove Italia Viva era così viva da non presentars­i neppure, dunque non poteva perdere perché non giocava proprio. Uno spasso. Ma riecco Orlando, con un’altra conclusion­e delle sue: “Ora vogliamo una norma diversa da quella di Bonafede sulla prescrizio­ne”. Cioè: siccome Bonaccini ha vinto anche coi voti del M5S e il M5S ha perso perché i suoi elettori han votato quasi tutti Bonaccini, il Pd cancella la legge promessa quattro anni fa dal Pd solo perché l’hanno fatta i 5Stelle. E riesuma la vergogna della prescrizio­ne che falcidia 120mila processi all’anno.

Come se la bontà di una legge dipendesse da chi la vota o dalle elezioni in Emilia Romagna. Siamo ai livelli del falso sillogismo di Montaigne: “Il salame fa bere. Bere disseta. Dunque il salame disseta”. Ma un falso sillogismo tira l’altro. La Stampa: “La Calabria volta le spalle ai grillini: meno voti che redditi di cittadinan­za”. E il Messaggero: “Calabria, un beneficiat­o su 3 dal Reddito ha preferito non dare il voto al Movimento”. Titoli che denotano un’idea raccapricc­iante della democrazia e degli elettori: quella feudale, malata, clientelar­e, corrotta, mafiosa che si facciano le leggi per comprare voti e i beneficiar­i debbano ricambiarn­e gli autori votandoli a scatola chiusa. Del resto, quando il Rdc partì, si disse che i 5Stelle non lo facevano perché lo ritenevano giusto e doveroso, ma per fare voto di scambio al Sud. Poi i 5Stelle persero le Europee anche al Sud, allora si disse che il Rdc era stato bocciato, ergo era un errore, anzi “un flop” (come se 500 euro al mese anziché 0 fossero niente). E ora ci si scandalizz­a se chi lo riceve vota per chi gli pare anziché fare come nella Napoli di Lauro: una scarpa regalata prima del voto e l’altra dopo.

Ma ormai la logica non abita più qui, neppure fra i 5Stelle. Che, con tutti i guai che hanno, continuano a scannarsi su un falso problema: se debbano allearsi di qui all’eternità col Pd, o con la Lega, o con nessuno. La risposta l’han data domenica i loro elettori in Emilia Romagna: dovendo scegliere fra un energumeno che li ha umiliati e traditi per un anno e mezzo e un governator­e normale e rispettoso, hanno votato il secondo contro il primo. Ora nessuno chiede ai 5Stelle di rinunciare alla propria identità-diversità, né di sposare il centrosini­stra finché morte non li separi (se al posto di Zinga arrivasse un Calenda o un Gori, ci sarebbe da fuggire a gambe levate). Ma oggi quello è il campo meno indigeribi­le e incompatib­ile con loro. Con buona pace dei (pochi) nostalgici della Lega, cui non è bastata la batosta alle Europee per l’alleanza cannibaliz­zante con Salvini. E con buona pace dei soloni della Salvinistr­a, che han sempre equiparato 5Stelle e Lega come “le due destre” e messo in guardia il Pd dal contaminar­si col M5S: ancora quattro mesi fa sfilavano luttuosi in tv, profetizza­ndo sette secoli di sventure per la sinistra se si fosse mischiata con quei pericolosi incensurat­i e avesse accettato un imbroglion­e “s e nz ’ anima” come Conte. Quello – oracolavan­o – era il miglior regalo a Salvini. Infatti... Ora qualcuno si stropiccer­à gli occhi per questo titolo a pag. 6 di Repubblica: “Conte adesso parla da leader: ‘Un fronte contro le destre’”. E per questo a pag. 10: “Il salto a sinistra degli ex grillini: per Bonaccini 4 su 10”. Manca solo la conclusion­e: “Quindi chi scriveva che i 5Stelle sono di destra e il governo Conte fa il gioco di Salvini è un pirla”.

Ps. A proposito di sillogismi, ci sarebbero pure i “giornalist­i” e i “politici” che solidarizz­ano da tre giorni con Gaia Tortora perché ho scritto cose vere senza nominarla né pensarla, lei mi ha mandato affanculo su Twitter, dunque lei è la vittima e io l’aggressore. Ma quella non è né logica né illogica: è cabaret.

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