Il Fatto Quotidiano

Sessant’anni senza Fred, il mito che rideva su di sé

Buscaglion­e moriva in un incidente

- » GIUSEPPE GAETANO

Che notte, che notte quella notte del 3 febbraio 1960. Forse l’aspettava davvero qualche bionda, dopo aver fatto lui il pieno, in un club di via Margutta. Appena tre chilometri lo separavano dall’Hotel Rivoli, ai Parioli, dove alloggiava: una manciata di minuti, a quell’ora con le strade vuote. Che nebbia, che nebbia quella notte, chissà se dovuta ai fumi dell’alcol. Ma per un appuntamen­to, con il centro di Roma semidesert­o all’alba, si può anche schiacciar­e un po’ sul pedale di una Ford Thundebird rosa. A spuntare all’improvviso, da destra, non è però la gang di Billy Carr. È un enorme Lancia Esatau 864, che lo stritola di colpo nell’abitacolo, a un incrocio di viale Rossini, a un passo dalla meta. Il botto è spaventoso. Si ferma una macchina, scende un soccorrito­re, arriva una pattuglia di carabinier­i, scende pure l’autista del camion. Lo stupore nel rendersi conto che la faccia spaccata sul cruscotto è inconfondi­bile: è Fred Buscaglion­e. Il corpo ancora vivo, pesante e insanguina­to – in cappotto e giacca blu coi bottoni dorati – estratto tra vetri e lamiere e caricato al volo su un bus che riparte verso il policlinic­o. Sono le 6 di mattina. Una dolorosa agonia a bordo della linea 90, tra le sirene spiegate degli “sbirri”. Avrebbe preferito essere lasciato al volante della sua cabrio sportiva biposto, con cravatta e borsalino, e magari una bionda di passaggio a dargli un ultimo bacio. Aveva appena 38 anni.

SE L’ERA CUCITO addosso il film, Freddy dal whisky facile. Solo l’anno prima ne aveva girati nove. Ma la corsa era cominciata molto tempo prima, nel dopoguerra. La lunga e umile gavetta per bar e club, in Italia e all’estero, in cui ha continuato a esibirsi anche da celebre. Il sodalizio con il suo braccio destro, Leo Chiosso, autore di gran parte dei i testi; il successo istantaneo e la brusca accelerata verso la popolarità, la ricchezza, il gossip. Era il compositor­e più colto e originale dell’epoca insieme a Carosone, ritiratosi dalle scene solo qualche mese prima, in maniera molto meno vistosa. Anche Buscaglion­e, come il maestro napoletano, aveva cominciato da piccolo suonando il violino, il piano e la tromba per i soldati in guerra. Anche lui si era riappropri­ato alla sua maniera del repertorio swing e dixie statuniten­se, farcendolo con sequenze di stacchi e cambi di tempo nei fast Eri piccola, Che bambola, Teresa non sparare o impreziose­ndolo con deliziosi arrangiame­nti di fiati nei bluesy Guarda che luna, Crimi nalmente bella, Una sigaretta.

Una musica mascherata da fumetto, come il suo personaggi­o. Il gusto caricatura­le del cartoon, nello spartito e nel look, si sposava alla perfezione con le rime baciate e alternate, grottesche e iperbolich­e, dell’amico Chiosso: il suo inimitabil­e fraseggio comico sarà decisivo nella creazione del gangster col cuore di pastafroll­a. Voce bassa e roca, sigaro e baffetto alla Clark Gable, abito rigato e pistola nel gilet. Un fuorilegge pieno di vizi umani, le donne in primis, ma mai violento o volgare; un bandito spaccone e innamorato, che ama il charleston e il cabaret. Bugiardo, ma a fin di bene; ubriaco, per dimenticar­e una delusione d’amore; cinico, per camuffare la bontà d’animo. Un “dritto” un po’Sugar Bing un po’ Porfirio Villarosa, che rifiuta Ava Gardner per due risate con Gianni e Pinotto; un “duro” tra un Marlowe pasticcion­e e un simpatico Al Capone, che canta in tv presentato da Mario Riva, circondato da un coro di bambini.

ANCHE BUSCAGLION­E, come Carosone, all’apice del successo annunciò a sorpresa l’intenzione di ritirarsi, avendo capito di aver dato la sua parte al tritacarne dell’industria discografi­ca, e che di lì a breve la notorietà si sarebbe spenta con la stessa velocità con cui era divampata: “Tra due anni smetto. Prima che la gente mi volti le spalle Fred il duro sparirà, e io tornerò ad essere solo Ferdinando Busc agli one”. Non ha fatto in tempo a mantenere la parola. Chissà se Tu vo fa l’americano fosse dedicata al collega polentone, che nell’immaginari­o cinematogr­afico dei poliziesch­i d’oltreocean­o ci sguazzava, pur prendendol­o in giro. I concerti nei night, i rumors dei rotocalchi sulla fama di tombeur de femmes, le burrascose nozze con una contorsion­ista d’avanspetta­colo: tutto alimentò la suggestiva corrispond­enza tra realtà e finzione, e quindi il carisma di un artista senza eredi ma che ha generato un’infinita scia di epigoni, nell’atteggiame­nto e nell’abbigliame­nto, da Pincketts a Carotone. “Come Buscaglion­e” si dirà 31 anni dopo, quando identica sorte toccherà a Rino Gaetano, schiacciat­o in auto alle 6 di mattina, nella Capitale, da un altro tir. Pochi mesi prima aveva registrato l’ultimo show in cui cantava proprio le canzoni di Buscaglion­e, di cui era fan. Senza volerlo Buscaglion­e ha indorato di mito anche il finale, come un vero regista. Non sembrano passati 60 anni da quella tragica notte. Forse un malore, un attimo di distrazion­e, un colpo di sonno. Uno così non poteva mica morire di vecchiaia.

Mai volgare Voce bassa e roca, sigaro e baffetto alla Clark Gable Un fuorilegge pieno di vizi umani, amanti in primis

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Publifoto Lo schianto La Ford Thunderbir­d di Buscaglion­e finì contro un camion nel quartiere Parioli, a Roma, all’alba del 3 febbraio 1960

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