Il Fatto Quotidiano

I giallorosa evitano il primo scoglio sulla prescrizio­ne

Giustizia Alla Camera la maggioranz­a compatta vota per rinviare in commission­e la legge che cancella la riforma: ma serve un’intesa

- » ANTONELLA MASCALI

Uno spettro si è aggirato ieri nell’Aula di Montecitor­io, quello della prescrizio­ne, la solita bestia nera della maggioranz­a per le barricate di Italia Viva e le mosse di traverso del Pd. Ed ecco che la relazione annuale del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, all’indomani della batosta elettorale del M5s alle Regionali, è quasi surreale. Il ministro non rivendica la sua legge in vigore, che blocca la prescrizio­ne dopo il primo grado. Punta tutto sulla “spazzacorr­otti”, sul giro di vite per il voto di scambio, sulla class action o sul codice rosso e revenge porn. Si concentra sul “cantiere aperto” in materia di riforma del processo penale che garantirà ai cittadini un processo giusto e celere. Ed è così che ottiene il voto favorevole di tutta la maggioranz­a, compresa Italia Viva (309 sì e 200 no).

ERA L’ACCORDO raggiunto in una riunione informale di lunedì sera. Il partito di Renzi, però, minaccia ancora di votare in aula il ddl Costa , che cancella la Bonafede, ma nel pomeriggio concede di non partecipar­e al voto sul ritorno in commission­e Giustizia della proposta di legge, che passa con 72 voti di scarto. Lucia Annibali, riconosce al ministro la volontà di trattare e, però, prova a dettare il tempo massimo di mediazione secondo Renzi: 10 giorni, quelli che mancano al via libera al decreto Milleproro­ghe. Lì, Annibali ha depositato un emendament­o, che per diversi parlamenta­ri è inammissib­ile, che chiede il congelamen­to della riforma Bonafede della prescrizio­ne per un anno.

Il ritorno in commission­e del testo proposto da Forza Italia è stato votato per evitare, soprattutt­o nei voti segreti, che la maggioranz­a si spaccasse. Quindi, ora, si ricomincia coi vertici e la ricerca, l’ennesima, di un compromess­o sulla prescrizio­ne: il cosiddetto “lodo Conte” ingoiato dal M5S pare non bastare più. Per Italia Viva è troppo poco e per il Pd, forte della vittoria in Emilia Romagna, c’è spazio per ottenere ancora di più. Prende quota, dunque, il “lodo Conte 2”: resta il congelamen­to dei tempi di prescrizio­ne per i condannati in primo grado, che invece correranno per gli assolti non solo in primo grado (lodo numero 1), ma anche in appello (lodo numero 2).

Per dare il senso di quanto la maggioranz­a sia impantanat­a sul fronte giustizia basta un accenno a quanto accaduto in Aula e fuori. Mentre il ministro Bonafede parlava alla Camera, su Radio Capital Matteo Renzi, neanche fosse lui il vincitore delle regionali, dettava le condizioni per non votare il ddl

Costa a Montecitor­io: “Bisogna rispettare i numeri dei 5 Stelle alle Camere, ma non ci inchiniamo alla cultura populista”. La via d’uscita dell’ex premier è l’ennesimo lodo: “C’è il lodo Annibali”, dice, cioè l’emendament­o al Milleproro­ghe che sospende la riforma della prescrizio­ne per un anno. Fuori da Montecitor­io i penalisti protestano, al loro fianco Maria Elena Boschi: “È una battaglia di civiltà”. Il Guardasigi­lli in Aula sulla prescrizio­ne non rivendica nulla, si limita a dire quello che è sotto gli occhi di tutti: “Ci sono divergenze nella maggioranz­a, c’è un confronto serrato e leale”. Un sassolino dalla scarpa, però, se lo toglie ed è quello sulla strumental­izzazione della sua frase in tv – “gli innocenti non vanno in galera” – riferita a chi è stato assolto non certo a chi condannato per errore: “È la prima volta che il ministero della Giustizia predispone, in modo struttural­e, un capillare monitoragg­io sulle ingiuste detenzioni”.

DOPO IL GUARDASIGI­LLI, come detto, alla Camera è la volta del ddl Costa, proposta che in commission­e Giustizia era stata votata anche da Italia Viva. In apertura della seduta, per chiederne il ritorno in commission­e, la maggioranz­a manda avanti Federico Conte di LeU: per trovare un accordo “ci manca un ultimo miglio e un rinvio potrebbe darci la possibilit­à di percorrerl­o”. Il padre del ddl, Enrico Costa, provoca: “Fatela voi del M5S e del Pd la richiesta di rinvio, non LeU”. Interviene il dem Walter Verini: “È vero, non ci piace quella riforma della prescrizio­ne e stiamo lavorando per modificarl­a. Siamo contro il giustizial­ismo forcaiolo, ma anche contro il garantismo a corrente alternata”. La paura delle urne, però, adesso potrebbe far diventare possibile un’intesa.

Condizioni mutate Dopo le Regionali, il “lodo Conte 1” non basta più: saranno “salvi” dal blocco anche gli assolti in appello

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LaPresse Tensioni Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ieri alla Camera

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