“Lei spaccia?”, via il video. Si muove la Privacy
Facebook rimuove il filmato, il Garante al lavoro. L’avvocato del non-pusher chiede “i danni”
Il
Garante della Privacy ha già aperto un fascicolo. Perché la citofonata fatta da Matteo Salvini a casa di Yassin, il diciassettenne che vive con la sua famiglia al Pilastro di Bologna, per chiedergli se fosse uno spacciatore, è finita sotto la lente di ingrandimento dell'Autorità guidata da Antonello Soro dove sono giunte nei giorni scorsi alcune segnalazioni: sull'episodio che ha per protagonista l'ex ministro dell'Interno verrà presentato sempre al Garante anche un reclamo, una denuncia più circostanziata rispetto alla segnalazione, da parte del diretto interessato tramite il suo avvocato.
LE POLEMICHE per il gesto compiuto e poi rivendicato da Salvini nel corso di una campagna elettorale letteralmente condotta "casa per casa" in Emilia-Romagna, non sono dunque destinate a cessare. Anche perché chiama in causa i social, ma anche il codice: Facebook ha rimosso sulla pagina di Salvini il video che lo immortala al citofono dopo la segnalazione da parte del diciassettenne stesso per violazione della privacy e di numerosi utenti per incitamento all'odio. Sicuramente ha violato le regole della commun ity che proibiscono la pubblicazione di informazioni personali o riservate.
Per l'avvocato di Yassin, Cathy La Torre, la rimozione del "video della vergogna” è “una prima vittoria. Agiremo per via civile e per chiedere il risarcimento di tutti che riteniamo i diritti lesi del ragazzo: la reputazione, la privacy, la sua dignità, la sua riservatezza. I diritti di base definiti dall'articolo 10 del codice civile più i diritti fondamentali descritti dal nuovo codice della privacy, in particolare gli articoli 6, 9 e 13".
Poi ci sono anche gli eventuali profili penali, anche se ad oggi non risultano avviati accertamenti da parte della Procura di Bologna. È un fatto che l'iniziativa di Salvini ha suscitato profonda inquietudine, anche tra i giuristi. Come Roberto Bartoli professore ordinario di diritto penale presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell'Università degli Studi di Firenze che la mette così: "Si è trattato di un'iniziativa molto invasiva e condotta nei confronti di persone sprovviste di qualsiasi forma di difesa. Quel che inquieta è che attraverso modalità nuove si realizzino cose che ricordano un passato amaro". Ma non solo "vengono in rilievo profili che attengono alla privacy, ma pure alla possibile configurabilità del reato di diffamazione: la citofonata immortalata nel video, non ha scriminanti di alcun tipo come avviene quando si invoca il diritto di critica o di satira. Si tratta di comportamenti che si fa fatica a catalogare come espressioni della libera manifestazione del pensiero e che peraltro, potenzialmente, possono anche produrre un effetto emulativo. Questo a tacere della più ampia problematica dell’uso dei social utilizzati e utilizzabili come un carro armato contro le persone che ne diventano bersaglio”.
LA CITOFONATA apre un fronte nuovo della propaganda politica e pone una serie di interrogativi che chiamo in causa anche il codice: comportamenti al limite anche della calunnia. Spiega Daniele Vicoli, professore di
Diritto processuale penale all'Università di Bologna: “Non è lampante la configurabilità dell'uno o dell'altro reato. Ma se è vero che la calunnia prevede che l'attribuzione di una r e s p o n sa b i l i t à (nel caso in questione Salvini ha chiesto al suo interlocutore se spacciasse, ndr) deve essere rivolta all'autorità giudiziaria, mi pare di aver compreso che l'azione in questione si sarebbe svolta alla presenza di agenti della scorta di Salvini che, secondo quanto previsto dal codice, hanno l'obbligo di riferirne all'autorità in questione. Qui potrebbe essere potenzialmente contestata anche l'omessa denuncia”.
I giuristi
Vicoli: “C’era la polizia, in teoria può essere calunnia”. Bartoli: “Ma anche diffamazione”