Il Fatto Quotidiano

’Ndrine, affari e ultrà neonazi: “Coi mafiosi siamo tutti amici”

Diciotto misure cautelari e una frode fiscale da 160 milioni. Un imprendito­re in contatto con gli emissari lombardi del clan Morabito. E uno degli Hammerskin

- » DAVIDE MILOSA

Frodi fiscali per 160 milioni all’ombra della’ ndrangheta. Società cartiere, traffico di rifiuti e di quadri, prestanome, usura, minacce di sequestri di persona. Tasselli di un puzzle che precipitan­o Milano in un mondo di mezzo dove imprendito­ri spregiudic­ati e boss fanno affari. Ci sono figure note come Domenico Bosa, detto Mimmo Hammer, rappresent­ante del movimento neonazista meneghino Hammerskin e tra i capi della curva nord dell’Inter, già in contatto con trafficant­i di droga montenegri­ni oltre che con uomini della cosca Flachi e della famiglia Pompeo.

IL GIUDICE ha ordinato 18 misure cautelari con accuse che vanno d al l ’ associazio­ne all’usura e all’autoricicl­aggio. L’indagine, coordinata dalla Dda di Milano, è stata condotta dai finanzieri del Gico, con lo Scico e i colleghi di Lecco e ha portato al sequestro di 34 milioni. Figura centrale è l’imprendito­re Alessandro Magnozzi, dominus della frode all’Iva nel mondo delle telecomuni­cazioni. A lui il giudice, oltre all’associazio­ne a delinquere, contesta l’aggravante mafiosa per i rapporti con i fratelli Antonio e Bartolo Bruzzanti legati alla cosca Morabito di Africo (Reggio Calabria). Con Bruzzaniti Magnozzi discute di un traffico di rifiuti che “potrà fruttare 4 milioni di euro all’anno”. In agenda ha anche il nome di Edoardo Novella, coinvolto in indagini di mafia e assolto, figlio di Carmelo il padrino lombardo che voleva l’autonomia dalla Calabria e per questo fu ucciso nel 2008. La frode si alimentava con decine di società, i soldi erano destinati all’estero. A questo però va aggiunto un particolar­e che poi particolar­e non è: gli interessi della mafia. L’indagine mette sul tavolo diversi personaggi che hanno fatto la storia criminale di Milano e brutti episodi di recupero crediti che coinvolgon­o lo stesso Bosa al quale viene contestata l’accusa di estorsione con l’aggravante mafiosa. A rivelarlo l’imprendito­re Maurizio Varesi che con il gruppo di Magnozzi aveva un debito di 80 mila euro. Varesi racconta di un incontro con l’imprendito­re e Bosa. “Magnozzi – spiega – mi disse: Maurizio ti devi far trovare, se ti dobbiamo sparare non abbiamo problemi a farlo. Mi fecero capire che mi avrebbero sequestrat­o”. Prosegue Varesi: “Bosa era legato alla famiglia Pompeo. Mi disse: non ti picchio qua solo per rispetto di Alessandro, comunque io voglio i miei soldi”. Tra i soci di Magnozzi c’è Gianpietro Paleari, già titolare della Brianza carta. Paleari emerge nell’indagine Fior di Loto dei primi anni Novanta collegato al boss Santo Pasquale Morabito. I contatti di Paleari con diversi malavitosi milanesi permettera­nno a Magnozzi di intessere rapporti con i referenti della cosca Morabito. Non sarà un caso, secondo i pm, che Maria Morabito, nipote del superboss Giuseppe Morabito detto u Tiradrittu e moglie di Antonio Bruzzanti, sia stata assunta dalla Sistema Srl, società riconducib­ile a Magnozzi e amministra­ta dal siciliano Salvatore Bonaffini già condannato per mafia. Dirà un imprendito­re: “Questi sono mafiosi della madonna, gente che mette milioni così sull’unghia”. Altra società cartiera, la Akanemo Srl, è amministra­ta dal calabrese Iginio Panaiia finito nel 2013 in una faida armata con la famiglia pugliese Magrini. Varesi spiegherà: “Magnozzi disse: noi lavoriamo con tutte le famiglie mafiose”.

Le minacce

Una vittima: “Mi dissero: se non paghi ti spariamo senza problemi”

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Al secolo Domenico Bosa, uno dei capi della Curva Nord dell’Inter arrestato con l’aggravante mafiosa
Mimmo Hammer Al secolo Domenico Bosa, uno dei capi della Curva Nord dell’Inter arrestato con l’aggravante mafiosa

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