Spadafora tira dritto su Cozzoli e ora punta alla banca dello sport
L’ex braccio destro di Di Maio gestirà i fondi ex Coni
Il capo di Sport e salute sarà Vito Cozzoli, il caso è chiuso. Sulla scelta dell’ex braccio destro di Luigi Di Maio al Mise si era scatenata la rivolta dei parlamentari M5s, sempre più ai ferri corti col ministro Vincenzo Spadafora. C’è voluto l’intervento di Vito Crimi per ricomporre la situazione. Ma se una casella si sistema, già cominciano le manovre sulla prossima: il ministro ha messo nel mirino l’Istituto del Credito sportivo e la poltrona di Andrea Abodi, ex presidente della Serie B, dirigente apprezzato un p o’ ovunque in politica, nominato un paio d’anni fa da Luca Lotti (ma con trascorsi più a destra). Era già pronto un comma ad hoc per azzerarne il Cda.
INTANTO si è chiusa (o non si era mai aperta) la partita su Sport e Salute, la società governativa creata dall’ex sottosegretario Giancarlo Giorgetti per ridimensionare il Coni, che però ha fatto fatica nella sua rivoluzione, come dimostrano le dimissioni dell’ex n.1 Rocco Sabelli e la ripresa di Malagò. Sin da quando erano trapelate le candidature si era capito che il favorito fosse Cozzoli, voluto da Spadafora e sponsorizzato da Di Maio. Il ministro si è preso una decina di giorni, non privi di tensione: l’opposizione dei parlamentari non era tanto sulla persona quanto sul metodo. Il “re gg en te ” C rimi ha dovuto appellarsi al buon cuore dei colleghi: “Statemi vicino”. Così ieri è arrivata l’indicazione. Presto Cozzoli si insedierà. Da lui Malagò si aspetta dialogo. I parlamentari invece che porti avanti la riforma, “altrimenti non avrà il nostro sostegno”, avvertono in una nota. Ma bisognerà fare i conti anche col Pd, sostenitore del Coni, che fin qui non ha ottenuto nulla, e con il Cio che minaccia sanzioni per intromissioni politiche. Almeno
L’altra poltrona Il ministro vuole allontanare Abodi – scelto da Lotti – dalla presidenza del Credito Sportivo
pare scongiurato il rischio di un voto contrario in commissione: il parere non è vincolante ma sarebbe stato come una sfiducia.
Le tensioni restano, e di mezzo ora potrebbe finirci anche una banca. Quella dello sport che gestisce un patrimonio di 900 milioni e muove finanziamenti per 300 l’anno. È occupata da Abodi ma Palazzo Chigi la reclama: prima ha chiesto la testa del dg D’Alessio, poi ha provato a cambiarne i vertici. Lo ha fatto nell’unico modo possibile, visto che gli incarichi scadono nel 2022 e non sono revocabili: con un articolo nella legge olimpica che portava il Cda da 5 a 3 membri, di fatto azzerandolo. Lo stesso metodo già adottato con Sport e salute e che aveva costretto Sabelli alle dimissioni. Stavolta, però, è arrivato il parere negativo del Mef. Questione solo rinviata, come i malumori nel M5S