Il Fatto Quotidiano

Privatizza­zioni addio: lo Stato torna padrone

- » STEFANO FELTRI

▶LA SCORSA

settimana, questo inserto ha pubblicato per la prima volta il discorso dell'allora direttore generale del Tesoro Mario Draghi sul panfilo Britannia, davanti a banchieri inglesi, politici e finanzieri italiani. Era il 2 giugno 1992 e cominciava la stagione delle privatizza­zioni, che si sta ufficialme­nte chiudendo ora. Il governo Conte 1 ha abbandonat­o per la prima volta gli (irrealisti­ci) impegni presi con Bruxelles a dismettere beni pubblici per un punto di Pil all'anno, circa 18 miliardi, per ridurre il debito. E il Conte 2 sta estendendo il ruolo dello Stato in economia: mentre il Tesoro resta azionista del Monte dei Paschi, si è fatto carico di Alitalia (nazionaliz­zazione mascherata da “prestiti ponte”), dell’Ilva, della Banca Popolare di Bari... Scelte dettate non da un disegno di politica industrial­e – come quello dell'Iri originale, raccontato nelle prossime pagine da Ugo Arrigo – ma dalla scelta politica di salvare posti di lavoro garantiti da aziende decotte. Lo Stato rimedia non a fallimenti di mercato (i privati producono quantità sub ottimali di un certo bene o servizio), ma a fallimenti nel mercato (i privati non riescono a gestire aziende in modo sostenibil­e). In compenso lo Stato si prepara a rimettere a gara tratti di autostrade già ammortizza­ti, che dovrebbero essere gratuite per gli utenti e che invece continuera­nno a garantire ingiustifi­cabili profitti ai soliti concession­ari privati. Il discorso di Draghi aiuta a inquadrare questo dibattito su due piani. Primo: lo Stato deve gestire alcuni pezzi di economia? E, se sì, qual è il modo di farlo senza scaricare costi esorbitant­i sui contribuen­ti? Secondo: lo Stato è fatto, nel concreto, di partiti e manager nominati dai partiti. Le privatizza­zioni servivano, oltre a ridurre il debito, a rompere quella morsa di corruzione, clientelis­mo e debito pubblico che nel 1992 ha portato l'Italia a un passo dalla bancarotta. Siamo consapevol­i dei rischi che corriamo a tornare indietro? Quali precauzion­i stiamo prendendo? Per ora, quasi nessuna.

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