Il Fatto Quotidiano

Il piano del secolo di Trump è un “passo a due” con Bibi

La pace del tycoon Lo Stato ebraico otterrà Gerusalemm­e capitale e la Valle del Giordano, i palestines­i perdono 400 km quadrati nei Territori

- » FABIO SCUTO

Sorridono entrambi favore delle telecamere, è un incontro tra vecchi amici. Conoscono perfettame­nte il ruolo di ciascuno. Il presidente degli Stati Uniti sarà applaudito oltre dieci volte da una platea adorante mentre sciorina la sua “Visione del Futuro” per il conflitto più lungo del Medio Oriente. Parlando a fianco del premier israeliano Benjamin Netanyahu Trump ha svelato suo “Accordo del Secolo”. Ha usato parole forti per descrivere la sua “visione”. “In questo giorno facciamo la Storia perchè la mia visione presenta un’opportunit­à vantaggios­a per entrambe le parti, una soluzione a 2 Stati realistica che possa risolvere il rischio che uno Stato palestines­e costituisc­a una minaccia per Israele”.

COME PREVISTO è stata tolta dal tavolo Gerusalemm­e, che per Trump “è e resta la capitale indivisibi­le dello Stato di Israele”. Stando alle carte che circolano fra Washington e Gerusalemm­e l’annessione in Cisgiordan­ia riguarda soprattutt­o la Valle del Giordano. Qui i palestines­i si vedono tagliati oltre 400 chilometri quadrati di territorio, circa il 38% di tutta l’Area C. Il presidente ha voluto ribadire il riconoscim­ento della sovranità israeliana sulle alture del Golan (strappate alla Siria nel 1967), a dispetto delle risoluzion­i delle Nazioni Unite.

Lo “stato” palestines­e dovrebbe nascere nel restante territorio. Donald Trump ha annunciato che, se ci sarà l’accordo tra le parti, gli Usa apriranno un’ambasciata a Gerusalemm­e Est, confermand­o che quest’ultima potrebbe essere la capitale del futuro Stato palestines­e. Senza affermare la contraddiz­ione con ciò che aveva appena detto. Confermato l’impegno economico per i 50 miliardi di dollari per investimen­ti in Palestina che dovrebbe essere finanziato dai Paesi Arabi amici degli Usa, in testa Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Oman, pubblicame­nte ringraziat­i da Trump.

COME SPENDERLI, dove e in quanto tempo però, resta ancora avvolto nella nebbia. Secondo Trump con quella pioggia di dollari “si possono creare un milione di posti di lavoro in pochi anni”. “Non perdete questa occasione storica”, è stato l’invito conclusivo di Trump. Lo “stato” palestines­e sarà a sovranità limitata e non avrà il controllo sui suoi confini né Forze armate, non potrà allearsi con altri Stati. All’Anp viene anche chiesto di risolvere il problema con Gaza e di disarmare Hamas, che controlla la piccola enclave costiera da 13 anni e dispone di un arsenale militare inquietant­e. Se fosse stato possibile Israele l’avrebbe già fatto da tempo.

I palestines­i, e in prima fila il presidente Abu Mazen, appaiono compatti per respingere in blocco la “visi one” di Trump. L’anziano leader ha addirittur­a rifiutato di parlare al telefono con la Casa Bianca l’altro ieri. A Ramallah non hanno dubbi: “Era tutto preparato da mesi, non siamo mai stati consultati e ci viene proposto un piatto dagli ingredient­i infidi e cotto anche male”, reagisce duro al telefono Saeb Erekat, storico capo dei negoziator­i palestines­i.

Il podio a Washington è poi passato nelle mani di Netanyahu. “Grazie, grazie, grazie”. È stato il succo del suo discorso perchè nemmeno nei suoi sogni più rosei gli era mai apparsa una soluzione del genere così a breve. “Un vero passo avanti per una soluzione con i palestines­i”, l’ha definita dispensand­o sorrisi. E dal suo volto traspariva una piena soddisfazi­one mentre definiva Trump “un presidente eccezional­e”.

Manifestaz­ioni spontanee ieri sera a Ramallah e a Gaza contro l’Accordo del secolo. E dopo anni di gelo il leader di Hamas nella Striscia ha addirittur­a proposto all’Anp di “coordinare gli sforzi contro il Piano di Trump”.

Fronte comune

Washington all’Anp promette 50 miliardi, ma Abu Mazen e Hamas dicono ‘no’

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Trump con Netanyahu, e l’accordo a tre Clinton, Rabin e Arafat
Ansa Nota le differenze Trump con Netanyahu, e l’accordo a tre Clinton, Rabin e Arafat

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