“I talent? Troppo stressanti La vera cucina è isolamento”
Lo chef si sentì male a Hell’s Kitchen: “Quando si spengono le telecamere non si è diventati Cracco”
Acinque anni le macchinine, le costruzioni, i videogiochi non avevano lo stesso fascino (e sapore) dei “cappelletti o le lasagne preparati in casa con mia nonna: mi piazzavo accanto a lei e tiravo la sfoglia”. E così Lorenzo Tirabassi ha capito che da grande non sarebbe diventato mai un pilota, un costruttore o un professionista del game. Bensì uno chef. E il suo fisico è come una carta d’identità: massiccio, sorridente, aspetto gaudente, davanti a un gran piatto è capace di arrossire. Si emoziona. E proprio per una forte emozione è diventato, suo malgrado, famoso durante un’edizione di Hell’s Kitchen, il programma condotto da Carlo Cracco, con Carlo Cracco in versione iper-agitata: in semifinale Lorenzo Tirabassi si è sentito male, battiti a mille, la camicia stretta intorno al collo gonfio, ed è finito in ospedale. Stop. Ritirato. Basta show, “ora solo cucina. Ora lavoro in un hotel di San Cassiano (Alta Badia)”.
Come sta?
Bene, assolutamente. Quella è stata una crisi per il troppo stress, finite le riprese ho ricominciato con il mio percorso. Però ancora oggi mi riconoscono, quel sentirmi male deve aver colpito.
Tra grida e lanci di piatti, lei è stato un culmine.
In televisione si vede solo una parte della realtà, tante situazioni che credevo importanti non le hanno mai mandate in onda.
È una sintesi.
Infatti, però mi dispiace perché ho ricevuto molti complimenti da Cracco.
Cracco molto presente. Non tanto, lui spesso resta nella sua stanza, poi quando è il momento esce e interviene ( ci pensa); non posso raccontare molto del dietro le quinte, ho firmato un contratto.
Quel contratto è certamente scaduto.
È una mia forma di correttezza.
Quando è arrivato in trasmissione cosa ha pensato?
Subito? Chi me lo ha fatto fare. Non sono molto estroverso, e pure un po’permaloso, e la telecamera perennemente addosso è uno stress e poi altera la vera concezione dello stare in cucina.
Cioè?
La nostra è una professione dura, isolante, l’opposto della quotidianità delle persone: noi lavoriamo nei momenti di pausa altrui, e ci fermiamo quando tutto il resto del mondo lavora.
E poi?
Non è così remunerativa: in Emilia- Romagna uno chef prende tra i 1.200 euro e i 1.500, e io lo so bene, per un monte di ore di lavoro e responsabilità. Chi esce da questi programmi, o anche solo chi partecipa, crede di essere già uno stellato, ma non è vero.
La tv semplifica.
Alcuni ragazzi poi hanno smesso di perseguire il sogno del ristorante.
Si sentivano Cracco. Ripeto: io lavoro anche 16 ore al giorno e con 15 minuti di pausa.
Oramai nei programmi si esaltano abbinamenti strani.
Solo strani? A volte vedo piatti che non stanno né in cielo né in terra, delle soluzioni terribili, eppure sento “bravo” o “buono”.
È mai nauseato dal cibo? Solo quando sono costretto a cucinare sempre le stesse cose: io assaggio tutto prima di servire. È la regola base.
Cos’è la cucina per lei?
È memoria, è il ritrovare o creare emozioni: ancora adesso ho in testa il cinghiale con la polenta che si cucinava a casa e non riesco più a ritrovare quell’ abbinamento.
Vorrà aprire un suo ristorante...
Come chiunque al mio posto, però ci vuole testa e intendo cimentarmi con il catering: di sola alta ristorazione non si può vivere.
Un suo deficit.
Sui dolci non sono un granché; quando ho visto Iginio Massari a MasterChef (il guru mondiale della pasticceria) il cuore mi è finito in gola, temevo di ritrovarlo a Hell’s Kitchen.
Dopo il programma la fama le sarà servita in qualcosa...
In realtà, mentre ero in trasmissione mi ha pure lasciato la fidanzata. Quindi insomma. Però ho solo 27 anni, c’è tempo.
A volte vedo piatti che non stanno né in cielo né in terra, eppure sento ‘bravo’ o ‘buono’