L’emancipazione passa per la cruna dell’ago
“Le ricamatrici di Winchester” dà voce alle “donne in eccedenza” e al loro riscatto
Ogni lettura dovrebbe lasciare una riflessione in eredità. Nel caso di Le ricamatrici di Winc he st er , decimo romanzo della 57enne Tracy Chevalier che esce dopo vent’anni dal best- seller La ragazza con l’orecchino di perla (oltre 5 milioni di copie), due citazioni colpiscono: ars longa, vita brevis, l’arte è lunga, la vita breve e Sic parvis magna, dalle piccole cose nascono le grandi.
Sono molte infatti le opere di Chevalier in cui l’arte è co-protagonista, compresa quella a cui sta lavorando ora sulle perle di vetro decorative di Murano, usate dal 500 sino a inizio 900 come merce di scambio, idea suggeritale da un fan italiano e accolta dall’autrice di romanzi storici di Washington, dall’84 cittadina londinese, che da sempre si lascia guidare dalla curiosità, come quando visitando una mostra sui dinosauri col figlio scoprì la paleontologa britannica Mary Anning (1799-1847) da cui fu conquistata. Il risultato fu uno dei suoi romanzi più belli, Strane creature.
IN QUESTE PAGINE l’arte ha la forma dei cuscini ricamati da un gruppo di donne, a cavallo tra i due conflitti mondiali, sotto la guida di Louisa Pesel, figura realmente esistita, nella cattedrale gotica di Winchester, che ospita le spoglie di Jane Austen. Pezzi unici, di strabiliante bellezza e varietà cromatica, tutt’oggi in uso, pensati per agevolare i fedeli nell’at t o della preghiera.
Chevalier ha esplorato la pittoresca cittadina di Winchester per documentarsi, imparando anche a ricamare. Non stupisce, non solo perché per hobby cuce trapunte, ma perché da sempre esplora i luoghi che fanno poi da sfondo ai suoi romanzi e si cimenta – per prepararsi alla stesura di La ragazza con l’orecchino di perla s’iscrisse a un corso di pittura – in ciò che faranno i suoi protagonisti per sentirli più vicini, veri. Lei, per cui l’arte è simbolo della creatività umana che si fa imperitura, ha anche un’altra semi costante: mettere in scena figure femminili in lotta per l’indipendenza contro una società patriarcale, pronte a rivoluzionare se stesse, e a posteriori il mondo, attraverso piccoli, ma significativi, gesti. Sic parvis magna, infatti.
È quello che fa la dattilografa 38enne Violet che si trasferisce da Southampton a Winchester per sganciarci dalla dispotica madre. Timida, riservata, dall’aspetto dimesso, Violet, a cui a cui le trincee del ’ 1 5-’ 18 hanno strappato un fratello e un fidanzato, è una delle 2 milioni di anglosassoni che venivano definite surplus women, donne in eccedenza, destinate a restare nubili data la penuria di materia maschile caduta sul campo. Uno zero in una società fondata sul matrimonio. Deprimente, sì. Quando s’imbatte nella carismatica Louisa qualcosa in lei si desta: la volontà di lasciare un segno tangibile di sé. Un cuscino che porti le sue iniziali, mezzo per conquistare l’eternità.
La concentrazione che impongono ago e filo le regalerà nuova energia e tra un punto croce e un punto riso imparerà a emanciparsi, intrecciando una nuova idea di vita e futuro di cui lei è il fulcro, supportata da amicizie come quella con l’outsider Gilda, lesbica in tempi in cui l’omosessualità era tabù, e dall’incontro con Arthur, vent’anni più di lei, campanaro, mestiere raro e affascinante, luce in un cuore crepato dalla solitudine. Che è quello in cui è abile Chevalier: illuminare vite (stra)ordinarie che non sono la nostra ma che leggiamo come lo fossero.