La finanza verde e la montagna del sapone (verde anch’essa)
Da qualche tempo eravamo preoccupati: sì, c’è questa nuova coscienza ambientale, i giovani (e i genitori), le star del cinema, persino i giornali di editori che di mestiere vero fanno le automobili. Ci dicevamo: c’è tutta questa coscienza, ma chi ci salverà? Fortuna che ieri su La Stampa abbiamo trovato la risposta: il mercato. Ma non è che ci salverà e basta: “Ci sta già salvando”. Parola di Domenico Siniscalco, già direttore generale del Tesoro, poi ministro per un anno con Berlusconi, oggi alla banca d’affari Morgan Stanley. Dice: i governi non funzionano, fortuna “che è partita una ondata di consapevolezza finanziaria: i grandi fondi e banche emettono strumenti finanziari verdi, ancorati a risultati ambientali e anche a premiare i loro acquirenti”. Dice: “Tra qualche anno nessuno vorrà investire in aziende sporche”. Dice: “Gli asset puliti hanno superato i mille miliardi a livello globale”. Oh, ecco, questo volevamo sentire! E lasciateci dire che è un peccato che Morgan Stanley e le altre in tutti questi anni siano state impegnate, citando fior da fiore, a patteggiare indennizzi miliardari per le porcate sui mutui subprime o, e qui siamo a dicembre 2019, a farsi fare multe per aver maramaldeggiato sui titoli di Stato francesi durante la crisi greca del 2015. Vabbè, il passato è passato, ci sono tutti questi asset (autonominati) green su cui le grandi banche d’affari di sicuro non faranno scherzi perché ora c’è questa grossa “consapevolezza finanziaria”: d’altronde non vedete pure voi com’è verde la montagna del sapone?