“Il ‘mostro’ di Fenoglio fece armi per il Vietnam”
La denuncia del settimanale diocesano: “L’Acna di Cengio forniva defogliante agli Usa”
Il
22 gennaio 1999, chiudeva per sempre l’Acna di Cengio, in Valle Bormida, al confine fra Liguria e Piemonte. Era l’azienda chimica, nata per produrre esplosivi nel 1882, che passò tristemente alle cronache come “fabbrica della morte e dei veleni” non soltanto per l'inquinamento spaventoso della Val Bormida, ma anche per i diversi lavoratori morti per tumore alla vescica e nelle esplosioni avvenute nel corso degli anni in alcuni reparti. Già Beppe Fenoglio, d’altro canto, rammentava in Un giorno di fuoco la devastazione provocata dall’A cn a: “Hai mai visto il Bormida? Ha l’acqua color sangue raggrumato, perché porta via i rifiuti delle fabbriche di Cengio e sulle sue rive non cresce più un filo d’erba. Un’acqua più porca e avvelenata che ti mette freddo”.
In occasione dell’anniversario della chiusura della fabbrica, il dì 22 gennaio a San Giorgio Scarampi nell’alta Langa astigiana, è stato ricordato uno dei protagonisti della lotta ambientalista in Valle Bormida: don Pier Paolo Riccabone, morto a 74 anni nel marzo 2001.
UN “PRETE GIUSTO”, proprio come quello raccontato da Nuto Revelli. Si batté con generosità, come rammentano gli organizzatori della serata, “per ridare dignità alla gente della Valle Bormida per troppo tempo sottomessa alle logiche di profitto di una fabbrica che ha distrutto la natura e l’agricoltura di una terra altrimenti ricca di risorse”. È stato anche proiettato il film documentario di Andrea Icardi e Franco Vaccaneo dedicato al sacerdote, prodotto dalla Scarampi Foundation, un’associazione culturale di cui don
Pier Paolo è stato il fondatore assieme a Vaccaneo.
La chiusura oltre vent’anni fa dell’Acna e l’avvio della bonifica del territorio fra Liguria e Piemonte e del fiume Bormida, che a quanto pare si concluderà nei primi mesi di quest’anno, tuttavia, non mettono ancora fine a questa storia terribile. Tanto che incombe persino lo spettro della guerra del Vietnam e delle armi chimiche usate dagli americani.
IN UN INTERVENTO pubblicato pochi giorni fa da L’Ancora , settimanale diocesano di Acqui Terme, Ilvo Barbiero, presidente dell’Assoc iazi one Culturale Valbormida, ha scritto infatti che “Come emerge da un esame del materiale contenuto nel Centro di Documentazione ‘ Patrizio Fadda’ di Monesiglio, su una rivista locale, Liguria Val Bormida e Dintorni, numero 1 del 2002, in un’intervista a un pensionato Acna viene detto che ‘durante la guerra del Vietnam, lo stabilimento produceva defoglianti’. Evidentemente l’esercito americano commissionava i defoglianti, il famoso agente orange a base di diossina, a multinazionali della chimica nazionali, che incassavano lautissimi compensi, ma delegavano la produzione a fabbriche estere dove l’ambiente sociale, volontariamente o per costrizione, ne rendeva possibile la produzione”. Non solo. L'Acna, dagli anni Venti in avanti, fu “una fabbrica di armi chimiche proibite, perché disumane, dalle convenzioni internazionali. (…), come emerge anche dal libro Veleni di Stato di Gianluca de Feo”, che “ha esaminato documenti dei Servizi segreti inglesi, contenuti nei National Archives, desecretati dopo la fine della guerra fredda”. Inoltre, scriveva Emiliano Di Marco sul sito Agora Vox, “un dossier del Simon Wiesenthal Center segnalerebbe che Eni e Montedison durante la stagione Raul Gardini e Gabriele Cagliari (proprietari dell’Acna fino alla chiusura) avrebbero fornito armi e brevetti all’Iraq e altri Paesi mediorientali. I gas ottenuti dai brevetti, oppure forniti direttamente agli ‘ stati canag l i a’, sarebbero poi stati usati negli anni 90 nelle stragi di curdi in Iraq”.
Tutto ciò significa, conclude Barbiero, che “dal punto di vista più immediatamente operativo, appare ora indispensabile rivedere tutto il progetto di bonifica”. Come è indispensabile aprire gli armadi della vergogna della nostra storia industriale.
1999-2020
A 21 anni dalla chiusura della “fabbrica della morte” la bonifica è ancora incompleta