È peggio della Sars del 2003, anche per l’economia
Borsa in picchiata e voli a terra Hong Kong crolla al 2,8% Lufthansa, Swiss, British Airways non partono per Pechino
Gli aerei non volano. La catena di caffè chiude. Il colosso del fast food serra i battenti. È la Cina del Coronavirus: città fantasma, supermercati vuoti, scuole sbarrate. L’effetto domino causato dalla malattia che si sta rivelando più insidiosa della Sars, per Pechino rappresenta un problema con varie sfaccettature. La Borsa di Hong Kong riapre dopo la festività del Capodanno lunare e crolla del 2,8%, la produzione dei grandi marchi si blocca, in attesa di vedere come andrà a finire. Toyota fino al 9 febbraio ha stabilito che le fabbriche cinesi resteranno inattive; Lufthansa, Swiss, British Airways hanno sospeso i voli da e verso la regione. Persino Ikea abbassa la saracinesca di metà dei suoi negozi. McDonald’s e Starbucks seguono a ruota: la catena del “mokaccino” mette una croce sulle sue 2.000 caffetterie e già prevede che il virus “inciderà in modo significativo” sui risultati del 2020. Lufthansa sta valutando di servire Pechino e Shanghai attraverso lo scalo di Seul. American Airlines sospende i voli dal 9 febbraio al 27 marzo fra Los Angeles, Shanghai e Pechino; regolari i voli da Dallas e Los Angeles verso Hong Kong.
ANCHE IL MONDOdello sport deve rimandare i suoi appuntamenti: la Federazione internazionale degli sport invernali ha annullato le gare di discesa e SuperG maschile, in programma il 15 e 16 febbraio, a Yanqing, tra i test preolimpici in vista dei Giochi di Pechino 2022. Per la prima volta la Cina era inserita nel calendario di Coppa del mondo di sci alpino; sorvegliato speciale anche il Gp di Formula 1 del 19 aprile, a Shanghai. I numeri non sono confortanti: in Europa ci sono “cinque casi in Francia, quattro in Germania e un caso in Finlandia” secondo la commissaria europea alla Salute, Stella Kyriakides, che ha informato il Parlamento europeo riunito in plenaria a Bruxelles. “La malattia evolve molto velocemente e c’è la potenzialità di una grande minaccia”, ha detto. I contagi in Cina sono arrivati a 6.078, i decessi sono 132, cifre fornite dalla Commissione sanitaria nazionale (Nhc); sono più di quelli del 2002-03 che riguardarono la Sindrome respiratoria acuta grave (Sars), ferma a 5.327 nelle statistiche dell’ Organizzazione mondiale della sanità (Oms). A proposito di Oms, dopo lo“scivolone” dei giorni scorsi sulla valutazione del rischio, oggi è prevista una nuova riunione di esperti per stabilire se l’ epidemia“costituisca un’ emergenza sanitaria internazionale ”. Il direttore generale dell’ Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Ghebreyesus, rientrato da Pechino dice che “fuori dalla Cina abbiamo avuto finora solo 68 casi, pari all’1% del totale, e nessuno morto”. Il merito, per il funzionario, è “degli sforzi straordinari fatti dal governo cinese per fermare la diffusione del virus”. Ghebreyesus pensa a una sorta di “semaforo giallo”, un allarme di natura intermedia che comunque farebbe allineare i Paesi negli interventi per evitare i l contagio. A Wuhan, dove tutto è iniziato, il fatto che il governo abbia addossato all’amministrazione comunale la responsabilità delle comunicazioni a rilento non ha placato la rabbia verso il governo centrale. La città è diventata un set da film catastrofico con blocchi agli ingressi e strade deserte. Gli studenti delle scuole elementari e medie stanno a casa; proseguiranno le lezioni dal 10 febbraio con corsi on line.
Filiali cinesi Toyota chiude le fabbriche, McDonald’s e Starbucks serrano i punti vendita