Al Sultano non basta la Libia Erdogan vuole tutto il Sahel
Il tour Il presidente turco in Africa per avere risorse e scambi commerciali proficui con Senegal, Somalia, Congo e Gambia
L’ennesimo tour in Africa del presidente turco Recep Tayyip Erdogan si è concluso, non casualmente, alla vigilia del summit dell'Unione Africana sulla Libia. A parte la costante presenza turca nel Maghreb dovuta ai legami intessuti in epoca coloniale, negli ultimi dieci anni la Turchia è riuscita a farsi spazio nei Paesi dell'Africa orientale a maggioranza islamica, specialmente nella poverissima e fallita Somalia dove ha ottenuto ingenti commesse per la costruzione delle infrastrutture e in futuro magari per l'esplorazione delle sue acque ricche di idrocarburi.
MA DA TEMPOle mire espansionistiche del Sultano hanno individuato nel Sahel e nell'Africa Occidentale, sempre a maggioranza islamica, un mercato propizio e un’area dove espandere la propria influenza geopolitica e culturale attraverso una rete di scuole che diffondono il verbo dell'islam politico.
Il tour in Algeria, Gambia e Senegal questa volta aveva un ulteriore obiettivo: spingere questi Paesi ad appoggiare il tentativo di Erdogan di "salvare" il premier libico Fayez al-Sarraj dalle milizie del feldmaresciallo Khalifa Haftar e costringerlo a firmare una tregua duratura. Nel discorso tenuto davanti al presidente senegalese Macky Sall, Erdogan ha accusato Haftar di essere “un mercenario”, alludendo soprattutto al fortissimo sostegno egiziano, emiratino e saudita che ha permesso all'uomo forte della Cirenaica di diventare sempre più forte. Nella capitale senegalese, dove si è recato quattro volte negli ultimi sei anni, Erdogan e gli imprenditori turchi al seguito hanno firmato con le controparti un totale di sette accordi di cooperazione nei settori dell'istruzione, dello sport e della gestione delle catastrofi. Sall ha definito la Turchia un partner “importante e dinamico” del Senegal, elencando i molteplici progetti portati avanti come il centro conferenze internazionale “Abdou Diouf”(Cicad), l'aeroporto internazionale “Blaise Diagne de Diass” (Aibd), l'arena di Dakar, il Radisson Hotel a Diamniadio, il mercato nazionale e diversi centri commerciali. L’obiettivo è aumentare il volume degli scambi a 400 milioni di dollari.
IN ATTESA di vedere come andrà il summit sulla Libia di oggi a Brazzaville (capitale della Repubblica del Congo) tra i leader africani, incluso Sall che, a questo proposito, ha assicurato a Erdogan di impegnarsi con i colleghi per “la ricerca di una soluzione politica alla crisi libica”, il Capo dello Stato turco è tornato in patria non del tutto contento nonostante anche la tappa in Gambia sia stata proficua in termini di accordi commerciali, sulla sicurezza, e politici. Erdogan sperava infatti di trovare una sponda nell'Algeria sia per quanto riguarda la questione libica sia per la questione energetica, che in questo caso coincidono. La Turchia non possiede nè gas nè petrolio, dipendendo dalla Russia e dall'Iraq per l'approvvigionamento. Se il problema energetico potrebbe diminuire grazie al controverso accordo con Sarraj
Come Russia e Cina Ankara gioca sul legame religioso islamico per espandere la propria influenza
sullo sfruttamento dei giacimenti in mare nella Zona Economica Esclusiva libica, per far sì che si realizzi e perduri nel tempo, Ankara ha bisogno che il gigante algerino stia dalla sua parte politicamente, sostenendo Sarraj. Di certo dal 19 dicembre, data del summit di Berlino durante il quale la diplomazia europea aveva spinto per la tregua, il fallimento del ‘cessate il fuoco’ viene rimpallato fra Sarraj e Haftar e chi li appoggia. Ieri è stato il turno della Francia; il presidente Macron ha puntato il dito contro il capo di Stato, Erdogan: “Non rispetta la parola data. Negli ultimi giorni vediamo navi turche accompagnare mercenari siriani sul suolo libico. È una esplicita violazione di ciò che il presidente Erdogan si era impegnato a fare nella conferenza di Berlino”