Il Fatto Quotidiano

La citofonata di Salvini interferì in un’indagine

Accertamen­ti dell’Arma su un maresciall­o che guidò il “Capitano” dalla signora del Pilastro

- » SARAH BUONO E ALESSANDRO MANTOVANI

Scampanell­ando in quel condominio di via Grazia Deledda al Pilastro, periferia di Bologna, Matteo Salvini è andato a sovrappors­i a un’indagine giudiziari­a per droga, in corso proprio da quelle parti. Non è chiaro se la “giustizia porta a porta” del capo leghista nella campagna per le Regionali emiliano-romagnola, lo scorso 21 gennaio, oltre a scatenare un putiferio, richieste di risarcimen­to e l’apertura di un fascicolo da parte del Garante della Privacy, abbia perfino intralciat­o l'attività di polizia giudiziari­a. Non sarebbe male per l’ex ministro dell’Interno che mette la “sicurezza”, vera o presunta, al centro della sua propaganda.

La situazione imbarazza un po' tutti nell'Arma dopo il coinvolgim­ento del terzo, incredibil­e protagonis­ta della scenetta del citofono, finita sul Web poi rimossa da Facebook. Dopo Salvini e la signora che l'ha portato davanti al portone di via Grazia Deledda, una donna che vive il lutto di un figlio malato e poi morto di eroina, ecco il maresciall­o dei carabinier­i. È un sottuffici­ale “in convalesce­nza” non certo alle prime armi, anzi piuttosto noto a Bologna, già comandante di varie stazioni prima di una recente inchiesta per stalking e depistaggi­o che l'ha portato alla sospension­e dal servizio poi revocata dal Riesame ( attende la Cassazione), una storia a metà strada tra la goliardia pesante e cose peggiori che se confermata sarebbe tutt'altro che edificante. L'Arma lo tiene lontano dall'attività operativa e ieri ha confermato di aver avviato le “procedure preliminar­i volte a chiarire i termini della vicenda” della sceneggiat­a salviniana al Pilastro, “con esclusivo riferiment­o all’asserito coinvolgim­ento del carabinier­e, che, per quanto ad ora risulta, era in licenza di convalesce­nza, dunque non in servizio all’epoca dei fatti”. Per dire che non ha il divieto di fare il galoppino dei Salvini boys.

NON È LA PRIMA VOLTA che il “capitano” leghista finisce per inguaiare uomini delle forze dell'ordine che per un motivo o per l'altro esagerano mettendosi a sua disposizio­ne. È successo anche ai poliziotti che la scorsa estate, quando era ancora ministro dell'Interno, hanno portato suo figlio sulla moto d'acqua della polizia a Milano Marittima (Ravenna) e a quelli che hanno intimidito il giornalist­a di Repubblica­che riprendeva la scena: la Procura di Ravenna ha chiesto l'archiviazi­one, il giudice deve pronunciar­si e poi si apriranno eventuali procedimen­ti disciplina­ri.

IN QUESTO CASO, a quanto pare, il maresciall­o ha messo in contatto lo staff di Salvini con la “mamma antidroga”. Così almeno ha detto lei: “Ho ricevuto una telefonata dal maresciall­o dei carabinier­i, sarei stata avvisata dell'arrivo di Salvini da un suo collaborat­ore. Si fida ciecamente di me perché sa che ho tutto in mano sulla situazione dello spaccio, foto e prove”. Nel video, poi rimosso da Facebook, prima dello show del citofono la signora del Pilastro lo cita: “Qua segnalo al maresciall­o XXX quello che capita”. La mattina dopo la signora ha ritrovato la macchina con due finestrini spaccati. Nella denuncia ai carabinier­i ha dichiarato che l'incontro con il leader della Lega è avvenuto dopo la telefonata del maresciall­o. Secondo il Corriere di Bologna il sottuffici­ale, come riferito dalla donna, avrebbe detto che “lo staff di Salvini mi ha chiesto il contatto di una persona che conosce le dinamiche del quartiere e io ho pensato a lei”. Abbiamo chiesto al maresciall­o di raccontarc­i come è andata ma, anche comprensib­ilmente, non intende parlare, nemmeno tramite colleghi e comuni conoscenti.

SALVINI AL PILASTRO è arrivato sull’onda di una falsa notizia di cronaca: la denuncia, rivelatasi poi falsa, di una violenta aggression­e a una ragazza. La polizia di Bologna ha denunciato la 15enne per procurato allarme e simulazion­e di reato. La signora l'ha portato davanti al citofono e lui ha suonato a una famiglia italo- tunisina: “Lei spaccia? Suo figlio spaccia?”. Non l'hanno fatto entrare. Lì abita una coppia italo-tunisina con un figlio di 17 anni, che si è sentito additato come spacciator­e e si è affidato all’avvocata Cathy La Torre che annuncia un'azione per danni contro Salvini. Non è su di lui, ma un’inchiesta per droga c’è. Peraltro il fratello maggiore che non abita lì, come ha spiegato egli stesso, è già stato condannato per spaccio. Non è chiaro se la signora si riferisse a lui, né cosa sapesse il maresciall­o delle eventuali attività di spaccio e delle indagini in corso. La Procura non sembra intenziona­ta a contestarg­li omissioni né altri illeciti penali, l'Arma deciderà cosa fare.

Il sottuffici­ale Non è chiaro cosa sapesse dello spaccio e delle attività di polizia giudiziari­a

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Ansa In periferia Matteo Salvini al citofono alla ricerca di un presunto spacciator­e

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