Il Fatto Quotidiano

“Il capo ispettore di Bankitalia dice che ci pensa lui”

Le carte Nel 2016 il patron Jacobini a colloquio col capo della vigilanza (“Ci pensa lui”). Nelle carte, la spinta ad acquisire soci finanziand­oli

- ANTONIO MASSARI

Quando gli investigat­ori della Guardia di Finanza entrano nell’ufficio di Gianluca Jacobini, all’epoca condiretto­re generale della Banca Popolare di Bari, sulla sua scrivania trovano sei block-notes con una lunga serie di appunti scritti a mano. È una delle perquisizi­oni disposte dalla Procura di Bari che da tempo, con il procurator­e aggiunto Roberto Rossi e i sostituti procurator­i Lidia Giorgio e Federico Perrone Capano, stanno facendo luce sulla conduzione della banca.

UNO DI QUESTI block-notes, secondo gli specialist­i del Nucleo speciale di Polizia Valutaria, è di sicuro interesse investigat­ivo. Sulla prima pagina, un post-it fucsia. All’interno una data: 10 giugno 2013. E poi quattro numeri messi in fila che per gli investigat­ori spiegano bene il senso delle parole successive: “2358”. Il numero corrispond­e all’articolo del codice civile che vieta a qualsiasi società di “accordare prestiti, direttamen­te o indirettam­ente, e fornire garanzie, per l’acquisto o la sottoscriz­ione delle proprie azioni, se non alle condizioni previste”. In sostanza – tranne in casi esplicitam­ente previsti – una banca non può accordare a un proprio cliente un prestito per acquistare le azioni della banca stessa. Ed ecco cosa trovano gli investigat­ori della Gdf durante le perquisizi­oni disposte nel 2016, nel block-notes con post-it fucsia. Un appunto – secondo l’accusa scritto da Gianluca Jacobini – dove si legge: “Intercetta­re clienti che vogliono diventare soci, accedendo al pacchetto soci, inserendo la possibilit­à di avere un finanziame­nto pari a due volte le azioni”. Non è esattament­e – per usare un eufemismo – la prassi prevista per legge. Piuttosto, rilevano gli investigat­ori, si tratta di una posizione “fortemente distonica” rispetto alle normali regole prudenzial­i che ogni banca dovrebbe rispettare. Ma alla BpB le regole non dovevano erano sempre rispettate, se un mese fa Bankitalia ha deciso di commissari­arla e il governo ha varato un decreto per salvarla.

C’è un secondo episodio che il Fatto è in grado rivelare. Già nel 2013 Bankitalia non era d’accordo sulla conduzione familiare della BpB. Si concentra sulla figura di Marco Jacobini che, si legge nella contestazi­one numero 3 dell’ispezione condotta quell’an no, non dovrebbe incarnare il ruolo di amministra­tore delegato: “La scelta di non sostituire Marco Jacobini – eletto presidente del Consiglio – nel ruolo di ad, ha amplificat­o l’esigenza di presidiare accuratame­nte i potenziali conflitti d’interessi inevitabil­mente discendent­i dal suo rapporto di parentela con due dei vicedirett­ori generali e con il consulente legale della banca. Le misure adottate (allontanam­ento dalla riunione o astensione del presidente) hanno reso farraginos­o l’iter decisional­e su tematiche poste nella responsabi­lità dei citati vicedirett­ori...”.

I due vicedirett­ori sono i figli di Marco Jacobini, Gianluca e Luigi. Nonostante questa e altre contestazi­oni, di lì a poco,

Bankitalia consente alla Popolare di Bari di acquisire una banca fortemente indebitata (e commissari­ata), l’abruzzese Tercas, togliendo così una grana a Palazzo Koch, ma che affosserà i conti di Bpb. Marco Jacobini resterà invece al suo posto fino al 2019. Ma c’è di più.

DURANTE le successive ispezioni di Bankitalia – la prima tra il 24 aprile e il 27 maggio 2016, la seconda tra 20 giugno e il 10 novembre

2016 – Marco Jacobini incontra il capo della Vigilanza di Palazzo Koch. Parliamo di Carmelo Barbagallo, che Jacobini incontra a Roma, dopo aver richiesto un appuntamen­to a un alto funzionari­o di Bankitalia. È l’8 novembre 2016. Mancano 2 giorni al termine delle ispezioni. Dopo l’appuntamen­to Jacobini chiama sua moglie per raccontarl­e l’esito dell’incontro: “È andata benissimo...”, esordisce, prima di spiegarle che Barbagallo gli ha detto cha la Popolare ha bisogno di un cambio: il ruolo di ad deve andare a suo figlio Gianluca, al quale Marco deve lasciare il posto per diventare presidente onorario, mentre Luigi dovrebbe lasciare la banca. Pochi minuti dopo, Marco chiama proprio suo figlio Luigi per dirgli che l’incontro è andato bene e che Barbagallo gli ha detto di aspettare l’arrivo della relazione e che “poi se la vedrà lui personalme­nte”. Non sappiamo se Jacobini abbia millantato e, nel caso abbia detto il vero, cosa intendesse per “poi se la vedrà lui personalme­nte”. Il fatto certo, però, è che il suo telefono agg anci ava una cella di Roma e che secondo gli investigat­ori della Guardia di Finanza Jacobini s’è realmente recato nella sede della Banca d’Italia. Di certo, c’è anche un altro fatto: nonostante i ripetuti inviti a lasciare il suo posto – formali e non, sempre che il patron della Popolare di Bari non abbia inventato il dialogo con Barbagallo –, Marco Jacobini è rimasto ai vertici della banca fino al luglio dello scorso anno. E il commissari­amento arriva nel dicembre scorso.

L’appunto “fucsia” La nota del figlio Gianluca: “A chi compra nostre azioni prestate il doppio”

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Ansa Salvataggi­o L’ex presidente Marco Jacobini. La Popolare di Bari è stata commissari­ata un mese fa
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