Il Fatto Quotidiano

La guerra siciliana sui tagli agli assegni finisce alla Consulta

Il governo impugna le norme regionali

- » DARIO DE LUCA

Appena 56 giorni. Tanto ha resistito la legge light sul taglio ai vitalizi della Regione Siciliana, sbandierat­a a fine novembre dal presidente del Parlamento regionale Gianfranco Micciché come un successo senza precedenti. In un momento di incontroll­abile entusiasmo, l’ex ministro berlusconi­ano aveva chiesto pure di chiedere scusa ai siciliani, per troppo tempo bollati come spreconi. Peccato però che quella legge adesso finirà davanti alla Corte costituzio­nale.

Lo ha deciso il Consiglio dei ministri durante la seduta del 23 gennaio su proposta del ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia. Alcune disposizio­ni contenute nel testo violerebbe­ro “il principio di uguaglianz­a e ragionevol­ezza, sancito dall’articolo 3 della Costituzio­ne, nonché i principi di coordiname­nto della finanza pubblica”.

L’INGHIPPO sarebbe legato ai tempi d’applicazio­ne di questa legge: in vigore soltanto per cinque anni, passati i quali tutto ritornerà come prima. Il taglio dei vitalizi, recepito in Sicilia in estremo ritardo dopo l’accordo Stato-Regioni dell’aprile 2019, prevede poi una riduzione a scaglioni in maniera progressiv­a: 9% fino a 37 mila euro annui, 14% da 37 mila a 62 mila euro e 19% oltre i 62 mila euro.

Per allinearsi alle direttive nazionali la Sicilia ha pure creato una commission­e

I risparmi, decisi a Palermo per adeguarsi alla legge nazionale, valgono per 5 anni, poi ci sono solo risparmi finti

parlamenta­re speciale, presieduta da Stefano Pellegrino, deputato regionale di Forza Italia indagato per corruzione elettorale.

Unica forza politica a mettersi di traverso il Movimento 5 Stelle. Compatto in aula sia nell’astenersi dal voto, poi passato lo stesso con 38 consensi arrivati da centrodest­ra e centrosini­stra, che nel denunciare la presenza di un emendament­o che consente un aumento sul calcolo della pensione. “In commission­e ci hanno fatto perdere sei mesi – spiega al Fatto Jose Marano (M5S) – Poi hanno calendariz­zato e discusso la legge, proposta da Pd e Forza Italia, il giorno stesso”.

I grillini adesso proveranno a far passare in aula un testo per eliminare “il vergognoso timer dei 5 anni”. Eventuali ulteriori ritardi rispetto all’a cc or do Stato-Regioni, come stabilito dalla legge di Bilancio, potrebbero portare anche uno stop dei trasferime­nti erariali sull’asse Roma-Sicilia.

Nell’isola, l’istituto che assegna il vitalizio a favore degli ex deputati tuttavia è stato abolito a gennaio 2012, con l’introduzio­ne di un sistema previdenzi­ale contributi­vo, simile a quello previsto per i dipendenti statali: cioè più contributi versi più alta sarà la pensione. Il vero nodo è quindi legato ai privilegi dei decenni precedenti. La Regione per pagare i vitalizi degli ex deputati – per percepirlo bastava una legislatur­a – sborsa ogni anno quasi 18 milioni di euro, con l’assegno che viene erogato non solo agli ex parlamenta­ri, ma anche a un esercito di eredi inseriti tra le categorie protette: 117 vedove e tre figlie fanno parte dell’ultimo elenco, aggiornato a gennaio, per un totale mensile di circa 500 mila euro. Tra gli eredi del vitalizio c’è, per esempio, la figlia del deputato Natale Cacciola, eletto nel 1947 con il Partito Nazionale Monarchico. Ma anche la moglie e la figlia del defunto Luigi Carollo, militante del Partito comunista e per due mandati all’A ssemblea regionale. O la vedova del meccanico Michele Semeraro, anche lui deputato alla fine della Seconda guerra mondiale nella lista Blocco del popolo ideata dal duo Togliatti-Nenni.

500mila euro al mese È la spesa per vedove oltreché per figlie di ex eletti, alcuni persino alla fine degli anni 40

TRA I BENEFICIAR­I an ch e volti più recenti del panorama politico. L’ex presidente Raffaele Lombardo, condannato in appello per voto di scambio e attualment­e sotto processo per concorso esterno in associazio­ne mafiosa. Stesso reato che vede alla sbarra l’ex Pd Raffaele Pippo Nicotra. La fetta più grossa degli assegni si aggira sui 6.000 euro. Con la legge voluta dall’Ars, ma solo per cinque anni, la sforbiciat­a sarebbe di circa mille euro. Il grosso, quasi 8.000 euro mensili, è destinato a chi ha ricoperto almeno cinque mandati. Tra i recordmen, il geometra messinese Luciano Ordile, deputato dal 1971 al 1996 con la Democrazia cristiana ed ex assessore regionale.

Beneficiar­i eccellenti Gode dell’assegno pure Raffaele Lombardo, condannato per voto di scambio in appello

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Gianfranco Miccichè guida il Parlamento siciliano
Ansa Il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè guida il Parlamento siciliano

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