Il Fatto Quotidiano

Il primo giorno del “Conte 3” Così ripartono i giallorosa

- » PAOLA ZANCA » GIANLUCA ROSELLI

Finora, avevano dovuto trattare con lui soltanto – si fa per dire – sulla faccenda della prescrizio­ne. Ma da ieri, il resto dei giallorosa, con Alfonso Bonafede dovrà averci a che fare per ogni cosa. Così, l’esordio del nuovo capo delegazion­e si trasforma in un test per la “fase due” della maggioranz­a. Quella che arriva dopo le Regionali e lo scampato pericolo della vittoria di Matteo Salvini. Ma anche quella che inizia dopo le dimissioni di Luigi Di Maio da capo politico dei 5 Stelle. “Si erano allontanat­i, no?”, è la domanda con cui a sinistra provano a sondare se si troveranno di fronte “un altro” Movimento. “Per biografia Bonafede è più vicino a Conte, giusto?”, si ragiona ricordando il comune passato all’Università di Firenze. In sostanza, si cerca di capire se la fine dell’era Di Maio significa qualcosa anche per lo stato dei rapporti interni alla maggioranz­a. Perché la parola d’ordine del “Conte 3” – almeno nelle intenzioni del

L’incognita 5 Stelle Conte stringe i tempi: “Il governo non può attendere la loro riorganizz­azione”

premier e del capo delegazion­e dem Dario Franceschi­ni – è “basta bandierine”.

TRADOTTO significa che non bisogna ricomincia­re con le prese di distanza quotidiane, con i battibecch­i a suon di agenzie, con i veti e i ricatti. “Bisogna governare da alleati”, è il mantra anche di Nicola Zingaretti, il segretario del Pd che dopo la vittoria in Emilia vuole aprire il “cantiere” di un nuovo contenitor­e del centrosini­stra che sogna così grande da tenere dentro Cinque Stelle e pure le Sardine. Non proprio l’aria che si respira dall’altro lato del tavolo, dove le dimissioni di Di Maio hanno inciso praticamen­te zero sul cambio di linea politica: il reggente Vito Crimi, se possibile, è ancora più oltranzist­a del ministro degli Esteri: “Se scegliamo un campo, non esistiamo”, ha ripetuto l’altroieri al Fatto. Così, giovedì, in Parlamento hanno fatto rumore le parole con cui il presidente della Camera Roberto Fico – uno che al dialogo con i dem lavora dal primo giorno – ha chiesto ai 5 Stelle di restare “uniti” nel sostenere il governo Conte fino al 2023. Una ovvietà che ovvia non è, se ha sentito il bisogno di dirlo.

Ieri, però, il clima era quello da primo giorno di scuola: vestito nuovo e buonissimi propositi per l’anno che inizia. Si è volutament­e evitato di mettere sul tavolo le questioni più spinose – su tutte l’annosa riforma della prescrizio­ne e la revoca delle concession­i autostrada­li – e si è preferito guardare avanti: non è un caso che il premier, postando su Twitter la foto del vertice e invitando i commensali a “pr oced ere spediti, determinat­i, compatti”, abbia coniato il nuovo

Forza

Italia tenta l’ac cerchiamen­to alla riforma Bonafede sulla prescrizio­ne. Con una manovra a tenaglia su più fronti, dentro e fuori il Palazzo. Il progetto di legge di Enrico Costa, che era appena tornato in commission­e Giustizia, ora è stato di nuovo calendariz­zato per l’Aula della Camera lunedì 24 febbraio. Dall’altra parte, però, per abolire la legge che blocca la prescrizio­ne dopo il primo grado di giudizio, il partito di Silvio Berlusconi si muove anche a livello locale. L’Ars, l’assemblea regionale siciliana, ha iniziato il percorso per chiedere un referendum per l’abro

“Una forzatura” Il deputato FI che ha scritto il ddl che piace a Renzi e al Pd: “Torna in Aula a febbraio e loro sono divisi”

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