“La Marina italiana guidava la Guardia costiera della Libia”
NELLE CARTE La scoperta della Procura di Agrigento I pm chiedono l’archiviazione per Casarini e il comandante della “Mare Jonio” e descrivono cosa succede davvero in mare
Chi ha guidato realmente la Guardia costiera libica in questi anni? La risposta è nella richiesta di archiviazione che la Procura di Agrigento ha depositato nei riguardi di Luca Casarini e Pietro Marrone, rispettivamente capo missione della Ong Mediterranea e comandante della nave Mare Jonio, entrambi indagati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. E si tratta di una risposta tanto più inquietante se si pensa che, all’interno dello stesso provvedimento, la Procura assicura – come anticipato due giorni fa dal Fatto Quotidiano – che la Libia non ha mai fornito un porto sicuro né, all’epoca dei fatti, era in condizioni di offrirlo.
“Dagli elementi probatori acquisiti – scrivono nella richiesta di archiviazione il procuratore aggiunto Salvatore Vella e la pm Cecilia Baravelli – sembra che Nave Capri, e quindi la Marina Militare Italiana, svolga di fatto le funzioni di centro decisionale della cosiddetta Guardia Costiera libica”. È quel che accade, secondo la Procura, il 18 marzo 2019 quando la Mare Jonio soccorre 49 persone prossime al naufragio: “La nave Capri è una unità della Marina Militare Italiana dislocata nel porto di Tripoli nell’ambito della ‘Operazione Mare sicuro’, ufficialmente per il supporto logistico e addestramento a favore della Marina e della Guardia Costiera Libica”. In realtà avrebbe svolto il ruolo di “centro operativo di comando”.
LA PROCURA scopre che il 18 marzo 2019, alle 10:54, la nave della ong Sea Watch aveva già avvertito la Guardia costiera libica dell’avvistamento di un gommone in difficoltà. Poi, alle 13. 18, la Mare Jonio “informava via email Imrcc Roma (la nostra Marina militare, ndr) dell’avvistamento effettuato da Moonbird (l’aereo di un’altra ong che si occupa di monitorare imbarcazioni in pericolo di naufragio, ndr) comunicando” la sua posizione. e“che stava dirigendo verso la zona dell’avvistamento, in attesa di istruzioni da Immrc Roma”. Sette minuti dopo la Marina italiana avverte la Guardia costiera libica indicando la posizione e il numero delle persone a bordo del gommone.
La Libia si “riservava di assumere la responsabilità dell’evento Sar”. La Procura commenta: “Dalle 10:54 alle 13:25 la Guardia costiera di Tripoli non aveva dichiarato alcun evento Sar, né aveva assunto la responsabilità per le ricerche del gommone e il salvataggio delle persone a bordo, nonostante avesse due imbarcazioni in mare”. A quel punto “Roma – si legge ancora – informa la nave Capri della comunicazione ricevuta da Mare Jonio, affinché informi, a sua volta, l’ufficiale di collegamento della Guardia costiera libica”. Risultato: “Alle 14 sembra che” la Guardia costiera libica “assuma formalmente la responsabilità dell’evento” e, di lì a poco, “ordina a tutti i natanti in zona di tenersi lontani almeno 8 miglia dall’ evento”. Una comunicazione, sottolinea la Procura, in “contrasto con quanto normalmente previsto in tutto il mondo per l’attività di ricerca e soccorso”.
Se non bastasse, quando la Mare Jonio cerca di entrare in acque italiane, in modo corretto secondo la procura, riceve l’ordine di fermarsi e il divieto d’ingresso, disposto dal pattugliatore della Gdf Paolini: “Non siete autorizzati all’ingresso in acque nazionali italiane, non siete autorizzati da Autorità giudiziaria italiana... se doveste entrare... sarete perseguiti per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. “In realtà – continua la procura – nessuna autorità giudiziaria aveva negato l’autorizzazione all’ingresso” anche perché “non è previsto da alcuna norma che una nave battente bandiera italiana debba avere una preventiva autorizzazione per fare ingresso nelle acque territoriali italiane”.
Nave Capri, e quindi la Marina Militare Italiana, svolge di fatto le funzioni di centro decisionale della cosiddetta Guardia costiera libica
L’ORDINE è definito negli atti illegittimo e per questo motivo la procura ha chiesto l’archiviazione per il comandante Marrone, indagato per aver disobbedito. Infine, la procura ha specificato con una nota che non ha iscritto nel registro degli indagati alcun finanziere per questa vicenda – oggetto d’indagine a Roma per una denuncia presentata dalla ong Mediterranea – e che la “Gdf ha sempre operato nel contrasto all’immigrazione clandestina con impegno e dedizione pur in un quadro normativo non sempre chiaro e in un contesto sociale caratterizzato da forti tensioni”.