Wuhan, 70 italiani ancora “in ostaggio”
L’ok Pechino: manca l’autorizzazione al volo civile. L‘Oms: “Emergenza globale”
Manca
l’ok di Pechino. Ma non solo. I 70 italiani che a Wuhan attendono il ponte aereo organizzato dai ministeri di Esteri, Difesa e Salute dovranno aspettare ancora. Nella serata di ieri, mentre l’Oms dichiarava il virus 2019nCoV “emergenza globale”, erano diversi i tasselli che attendevano di andare al loro posto.
I tecnici di Farnesina, via XX Settembre e Lungotevere Ripa sono in costante contatto da oltre 48 ore, ma il puzzle è di quelli difficili. Primo problema: Pechino non ha dato ancora l’autorizzazione al volo civile, organizzato dal Comando Operativo Interforze e operato dalla Difesa, la cui partenza era stata annunciata per ieri alla volta della metropoli focolaio del Coronavirus. Mentre sembra certo che lo scalo di destinazione sarà quello di Wuhan, uno dei dubbi riguarda i connazionali che in Cina hanno famiglia: potranno partire su base volontaria, solo se non contagiati e senza sintomi, ma le procedure per il rilascio del via libera all’espatrio dei consorti di nazionalità cinese sono elaborate e stanno richiedendo più tempo del previsto. In serata alcune fonti escludevano, nell’ambito delle coppie di nazionalità mista, la partenza delle persone in possesso di passaporto di Pechino.
SUL FRONTE INTERNOil ministero della Salute, di concerto con quello della Difesa, sta definendo i contenuti del protocollo con il quale verranno gestiti i connazionali. Al loro arrivo, spiegava in mattinata il viceministro della Sanità Pierpaolo Sileri, “verranno accolti con una quarantena la cui durata presumibilmente sarà di 14 giorni, ovvero quanto il periodo di incubazione massimo previsto. Avrebbe senso che questa quarantena fosse gestita in un unico posto per tutti, è da vedere poi se ti tratterà di un ospedale o meno”. Altro punto ancora da definire.
Se, infatti, è certo che lo scalo di destinazione sarà di tipo militare, non è stata ancora individuata ufficialmente la struttura (o le strutture) che ospiteranno i rientranti durante il periodo di osservazione. L’aeroporto di Pratica di Mare figura tra le ipotesi, anche se non si esclude l’o spe da le “Lazzaro Spallanzani”, il polo specializzato nelle malattie infettive in prima linea in questi giorni di emergenza, e perfino di poterli sistemare in alcuni residence.
È ANCORA sul tavolo anche l’idea di attrezzare una caserma dell’esercito: mentre l’opzione ospedale militare del Celio sembrava farsi sempre più remota, vista la collocazione della struttura in pieno centro a Roma, in serata prendeva corpo l’ipotesi che a ospitarli possa essere la Cecchignola, struttura nel quadrante sud della Capitale vicina al Grande raccordo Anulare.
Le istituzioni hanno fornite informazioni diverse anche sul numero effettivo degli italiani pronti a lasciare Wuhan. Se in mattinata, attorno alle 11, la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa parlava di “60 italiani” (annunciandone il rientro “nelle prossime 24 ore, salvo poi rettificare che era stato “posticipato”), un’ora più tardi Sileri affermare che a tornare “so no circa una quarantina mentre circa 10 hanno deciso per ora di restare Wuhan”.
Oltre la Grande Muraglia i numeri continuano a correre: i contagi sono oltre 8.100 (la maggior parte resta concentrata nella provincia epicentro di Hubei, in cui sorge Wuhan), le vittime 170. In serata l’Oms ha alzato il livello di allerta: “La Cina - ha detto il direttore generale Tedros Adhanom Ghebreyesus - ha preso straordinarie misure per fare fronte all’emergenza del virus 2019-nCoV, ha isolato il virus, lo ha sequenziato e ha condiviso i dati con tutti”. Il che ha consentito di circoscrivere i casi all’estero a 98 in 18 paesi, e senza al momento fare vittime. Per l’Organizzazione, però, non è possibile immaginare quanto grande sarà questa emergenza. Da qui la decisione di dichiarare l’emergenza internazionale. Anche se, ha concluso Ghebreyesus, “non c'è ragione per limitare viaggi e scambi internazionali” .
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