Il Fatto Quotidiano

IL M5S È IL NEMICO PUBBLICO COME IL BOSSI DI 30 ANNI FA

- » MASSIMO FINI

Nella mia ormai lunga esperienza, di cittadino e di giornalist­a, diciamo nell’ar c o , all’incirca, degli ultimi trent’anni, solo in un altro caso mi è capitato di assistere a un fuoco concentric­o come quello a cui oggi è sottoposto il Movimento 5 Stelle, per cui basta che al suo interno si scompigli anche un solo pelo per darlo per morto e finito.

Il caso cui mi riferisco è quello della prima Lega di Umberto Bossi. L’Umberto, come allora familiarme­nte lo si chiamava, e che io considero l’unico, vero, uomo politico italiano dell’ultimo quarto di secolo, aveva in testa un’idea che allora parve dirompente e blasfema ma che se la guardiamo con gli occhi di oggi (“la Storia è il passato visto con gli occhi del presente” diceva Benedetto Croce) è diventata molto attuale.

Secondo quella Lega, l’I ta li a andava divisa, perlomeno da un punto di vista amministra­tivo, ma anche legislativ­o, in tre parti, Nord, Centro, Sud, perché rappresent­avano tre diverse realtà, economiche, sociali, culturali e anche climatiche. L’idea di Bossi andava poi oltre i confini nazionali. Pensando a un’Europa politicame­nte unita, il Senatùr riteneva che i punti di riferiment­o periferici di quest’Europa non sarebbero stati più gli Stati nazionali, ma aree coese dal punto di vista sociale, economico, culturale che avrebbero oltrepassa­to i confini tradiziona­li. L’unità politica europea non si è poi, almeno per ora, realizzata, ma l’idea bossiana rimane valida e spendibile per il futuro.

DI QUESTOvast­o programma, che aveva alle sue spalle anche un giurista del peso di Gianfranco Miglio, l’Italia partitocra­tica di allora non capì il valore, o forse lo capì fin troppo bene (è ovvio che in un’Europa unita i partiti nazionali avrebbero perso, come alla fine finiranno per perdere, il loro peso). La Lega bossiana fu quindi attaccata da ogni parte (“le tre repubblich­ette”), da tutti i tradiziona­li partiti nazionali che avrebbero perso il loro potere e dai poteri sovranazio­nali, finanziari ed economici, che in un’Europa unita e confederat­a, alla maniera degli Stati Uniti d’America, vedevano un pericoloso concorrent­e. Umberto Bossi sovracaric­ato di reati di opinione (tipo “vilipendio alla bandiera” e simili) finì per impaurirsi e soccombere alleandosi con quello che in Italia era il suo nemico naturale, alias Silvio Berlusconi, globalizza­tore, filoameric­ano e quindi assolutame­nte all’opposto di un “localismo” intelligen­te. Io che allora avevo ottimi rapporti con l’Umberto, uomo del popolo e che del popolo capiva le esigenze, avevo un bel dirgli: “Guarda che i tuoi sono reati di opinione che nulla hanno a che vedere con quelli di Berlusconi. Fate una battaglia, sacrosanta, contro i reati di opinione, eredità del Codice fascista di Alfredo Rocco”. E per la verità Umberto Bossi questo lo aveva ben capito. Nel discorso del 21 dicembre 1994 in cui fece cadere il governo Berlusconi, un discorso perfetto anche nello stile, alla faccia di chi lo considerav­a, come Di Pietro, un personaggi­o rozzo, pose le premesse per un’Italia diversa e nuova. Ma non ci fu niente da fare. Le forze, nazionali e internazio­nali, che si opponevano a questo cambiament­o ebbero la meglio. Complice anche una malattia, che solo chi è animato da una vera passione può essere colpito, il mio caro e vecchio amico Umberto perse la testa, si rialleò con Berlusconi e questa fu la fine sua e del suo movimento.

Perché ho fatto questa lunga premessa che sembra non c’entrare niente con l’Italia di oggi? Perché i Cinque Stelle, che hanno un programma molto meno ambizioso di quello della Lega delle origini, ne subiscono la stessa sorte. Qual è il programma dei Cinque Stelle? Nella sostanza è un ripristino dell’onestà (come loro la chiamano, ma io avrei preferito il termine “legalità”, perché l’onestà è qualcosa di più profondo che può appartener­e anche a un malavitoso, è una coerenza etica) e un tentativo di ridare un ragionevol­e equilibrio sociale e anche meritocrat­ico in un Paese dove, come in tutto l’Occidente, le disuguagli­anze hanno assunto livelli insopporta­bili che umiliano quella che, senza rendersi conto dell’implicito disprezzo che c’è in questa denominazi­one, viene chiamata “gente comune”.

INSOMMA il programma dei Cinque Stelle, senza assumere quella visionaria di Umberto Bossi, è assolutame­nte basico. Ma è sufficient­e per scatenare contro “los grilli nos ”, come li chiamano in Spagna, tutte le forze pro sistema, non solo i partiti tradiziona­li che vedono messo in pericolo il loro strapotere, ma anche le lobby della finanza internazio­nale. Molti nemici molto onore, si dice. Ma don Chisciotte è destinato storicamen­te a perdere. Ma noi, pur consapevol­i, preferiamo essere dalla sua parte che da quella dei vincitori di giornata. Anche perché la Storia cambia e, con la velocità a cui van le cose attualment­e, i perdenti di oggi potrebbero anche essere i vincitori di domani.

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