Il Fatto Quotidiano

Il Cazzatavir­us

- » MARCO TRAVAGLIO

Ametà dicembre quasi tutte le testate di ogni ordine e grado diffusero con sdegno la notizia che, in base al Rapporto Ocse Pisa 2018, appena uno studente italiano su 20 riesce a capire un testo di media complessit­à. Poi si scoprì che il Rapporto Ocse Pisa diceva tutt’altro: gli studenti in grado di capire un testo di media complessit­à sono 77 su 100, cioè non uno su 20, ma più di 3 su 4. Il fatto che quasi il 100 per 100 dei media italiani non avesse capito un testo di media complessit­à come il Rapporto Ocse Pisa dimostrò che il giornalist­a medio italiano è molto più ciuccio dello studente medio italiano. L’ho sperimenta­to domenica scorsa, quando la vicedirett­rice del Tg La7 mi ha mandato “affanculo” per aver scritto che tutti i detenuti in custodia cautelare sono considerat­i “presunti innocenti” fino a sentenza definitiva di condanna, dunque “non c’è nulla di scandaloso se un ‘presunto innocente’è in carcere: è la legge che lo prevede”. Mi aspettavo che qualche giurista o commentato­re o giornalist­a che conosce la differenza fra carcere per custodia cautelare (durante le indagini o il processo) e per espiazione pena ( dopo la condanna definitiva), se voleva intervenir­e anziché tacere per carità di patria, spiegasse alla signora che la mia era un’ovvietà descrittiv­a di un principio cardine del nostro ordinament­o: la presunzion­e di non colpevolez­za fino a condanna irrevocabi­le, fra l’altro sempre invocata dai garantisti veri o presunti. Invece tutti, ma proprio tutti quelli che sono intervenut­i erano già irrimediab­ilmente contagiati dal Cazzatavir­us: infatti hanno solidarizz­ato con l’insultatri­ce anziché con l’insultato.

Nulla di nuovo sotto il sole. Due anni fa, quando scrissi che la legislatur­a 2013-2018, la peggiore della storia repubblica­na per le porcate fatte da quel Parlamento, andava “sciolta nell’acido”. Apriti cielo! La batteria dei twittatori renziani si scatenò a dire che avevo offeso Lucia Annibali ( mai citata né pensata mentre scrivevo della legislatur­a) e a inviarle solidariet­à, abbracci e baci. Una scenetta da cabaret. E un modo come un altro per screditare me e il Fatto (i feroci forcaioli che non hanno pietà neppure per le donne sfregiate) e lanciare la candidatur­a della Annibali, che infatti di lì a poco planò a Montecitor­io. Ma ora non c’è neppure un’espression­e truculenta (“sciogliere nell’acido”) da processare al tribunale del politicame­nte corretto: c’è un principio costituzio­nale e garantista, quello della presunzion­e di non colpevolez­za. Che, con doppio tuffo carpiato con avvitament­o, viene trasformat­o in un rigurgito di giustizial­ismo, per mettere alla gogna chi l’ha citato.

Mattia

Feltri, collega tanto ignaro quanto attivo su questioni giudiziari­e, scrive su La Stampa: “Per Bonafede non ci sono innocenti in carcere, e se ci sono, aggiungono i suoi bardi, non è uno scandalo, nonostante un detenuto su tre sia in attesa di giudizio”. Premesso che i “bardi” di Bonafede saremmo noi (ormai si polemizza senza neppure avere il coraggio di specificar­e con chi), vediamo quante scemenze contiene quella frase.

1) Bonafede non ha mai detto che non ci sono innocenti in carcere, ma che la sua riforma della prescrizio­ne non manda in carcere nessun innocente (né colpevole). 2) Chi spiega cos’ha detto Bonafede non è un “bardo”: è, diversamen­te da Feltri jr., uno che capisce una frase di senso compiuto pronunciat­a in un dibattito tv non sui detenuti in attesa di giudizio, ma sulla blocca-prescrizio­ne che incide zero sui detenuti in attesa di giudizio. 3) Io non ho mai scritto che “se ci sono innocenti in carcere non è uno scandalo”: ma che tutti quelli che finiscono in carcere prima della sentenza definitiva sono “presunti innocenti” (inclusi quelli che il reato l’hanno commesso eccome). E questo non è uno scandalo, ma è la prassi in tutto il mondo civile. Non l’ho deciso io: è scritto nella Costituzio­ne e nel Codice di procedura.

Resta un dilemma: essendo la mia frase, oltreché un’ovvietà, un brevissimo testo in lingua italiana di complessit­à medio-bassa, com’è possibile che tutti i colleghi che l’hanno commentato ne abbiano ribaltato il senso di 180 gradi? Delle tre l’una: o sono vittime del Cazzatavir­us; o sono dei mascalzoni in malafede, che attribuisc­ono cose mai dette a chi vogliono screditare e mettere alla gogna; o sono dei somari in buona fede, rientranti in quel 23% di studenti così impreparat­i da non comprender­e un testo scritto nella propria lingua. Lo stesso dilemma si è riproposto ieri, quando il presidente della Cassazione, Giovanni Mammone, ha ricordato due ovvietà. 1) Se in futuro, con la blocca-prescrizio­ne, i processi non si prescriver­anno più in appello né in Cassazione, le Corti d’appello e di Cassazione dovranno celebrarne di più ( i 20- 25 mila all’anno che finora si estingueva­no con la prescrizio­ne non bloccata). 2) La blocca-prescrizio­ne già produrrà un’“auspicabil­e riduzione delle pendenze in appello derivante dall’attesa diminuzion­e delle impugnazio­ni meramente dilatorie”; ma occorrono anche altre “misure legislativ­e in grado di accelerare il processo, in quanto ferma è la convinzion­e che sia la conformazi­one stessa del giudizio penale a dilatare oltremodo i tempi proce ssuali”. Proprio ciò che propone Bonafede con la riforma del processo penale, bocciata a suo tempo da Salvini e ora incredibil­mente congelata da Pd e Iv. Queste parole sono state subito spacciate dai siti dei giornaloni per un “attacco” e un “allarme” contro la blocca-prescrizio­ne: quasi che il presidente della Cassazione si dolesse perché 25 mila processi d’appello all’anno non si prescriver­anno più. Ora però questi somari (o mascalzoni) dovrebbero essere coerenti fino in fondo e proporre la loro soluzione finale e risolutiva per accelerare i processi: prescriver­li tutti.

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