Il pg Salvi denuncia “Prescrizione facile rallenta i processi”
Cassazione Il neo Procuratore generale inaugura l’anno giudiziario parlando di decreti Sicurezza “criminogeni” e questione morale
Prescrizione. Questione morale. Immigrazione. Tre parole chiave ad alto tasso di scontro politico hanno dominato l’inaugurazione dell’Anno Giudiziario ieri in Cassazione. Il neo procuratore generale, Giovanni Salvi, sulla prescrizione ha messo sul piatto numeri veri per provare a sterilizzare il dibattito da posizioni strumentali. Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, silente in Parlamento, davanti a una platea di magistrati, con in prima fila il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il vicepresidente del Csm David Ermini e il premier Giuseppe Conte ha rivendicato la sua legge che blocca la prescrizione dopo il primo grado: “Una battaglia di civiltà”.
AD APRIRE la cerimonia il presidente della Cassazione, Giovanni Mammone, che sul blocco della prescrizione dà la sua visione a 360 gradi: da un lato, mette in risalto che in Appello dovrebbe esserci “una auspicabile riduzione delle pendenze derivante dall’attesa diminuzione delle impugnazioni meramente dilatorie” ma dall’altro lancia un Sos: “Si prospetta un incremento del carico di lavoro della Corte di Cassazione di circa 20-25.000 processi per anno”, quelli che si sono prescritti mediamente negli ultimi anni. Quindi Mammone chiede riforme per velocizzare i processi.
È il Pg Salvi che mette il dito nella piaga di un dibattito politico intriso di interessi di parte e privo di dati oggettivi. “Se è vero – dice
– che è dinanzi al giudice di primo grado e al giudice per le indagini preliminari che si consuma la prescrizione, è ormai noto che ciò dipende dal fallimento della scommessa sui riti alternativi” dovuto proprio alla prescrizione facile:
“L’aspettativa pressoché certa della prescrizione ha reso quella scelta non conveniente, nell’ovvio e legittimo calcolo costi-benefici dell’imputato. Finché la prescrizione sarà, non un evento eccezionale causato dall’inerzia della giurisdizione, ma un obiettivo da perseguire, nessun rito alternativo sarà appetibile”. Quindi bisogna muoversi “per respingere gli effetti negativi di una prescrizione che giunge mentre è intenso lo sforzo di accertamento della responsabilità”.
La via di Salvi sembra quella del doppio binario per condannati e assolti in primo grado, il lodo Conte che, però, non è bastato ai renziani: solo per gli assolti la prescrizione tornerebbe a correre se non si celebrano nel tempo prestabilito Appello e Cassazione. Dice, infatti, Salvi rispetto alla legge Bonafede : “C’è un punto critico nella parificazione della sentenza di condanna a quella di assoluzione” perché “la condanna è una statuizione di responsabilità, benché provvisoria mentre l’assoluzione indica la sussistenza del dubbio accertato” che va subito sciolto. Salvi, poi, fornisce dati che smontano fake news: in primo grado le assoluzioni di merito “in realtà non sono il 50% ma il 21%”. Un altro dato interessante è sull’esito dei processi in Appello. Nel 2018 a fronte di 113 mila processi ci sono state 64 mila condanne, 35 mila estinzioni per “prescrizione e altre cause” e 14 mila assoluzioni nel merito. Quindi dice una bufala chi parla di sentenze di condanna quasi sempre ribaltate in appello.
IL PG AFFRONTA anche la questione morale dentro la magistratura non solo per lo scandalo nomine che ha squassato il Csm, ma anche per diverse indagini penali di quest’ultimo periodo: “Il danno che il mercimonio della funzione determina all’amministrazione della giustizia è incalcolabile. Queste condotte devono trovare anche adeguata sanzione disciplinare”. E veniamo a un altro tema rovente per la politica, quello dell’immigrazione che ha portato ai decreti Sicurezza a marchio Salvini, votati dall’ex maggioranza. “È bene che sia valutato l’effetto criminogeno e di insicurezza che discende dalla mancanza di politiche razionali per l’ingresso legale nel Paese e per l’inserimento sociale pieno di coloro che vi si trovano. La tentazione del ‘governo della paura’ ha riflessi anche sul pm” e dal desiderio di “rassicurazione sociale” al “proporsi come inquirente senza macchia e senza paura, il passo non è poi troppo lungo”.
Finché sarà non un’eccezione ma un obiettivo da perseguire, nessun rito alternativo sarà appetibile
Con la riforma si prospetta un incremento del carico di lavoro della Corte di circa 20-25 mila processi all’anno
GIOVANNI MAMMONE - PRESIDENTE