Il Fatto Quotidiano

Giustizia più rapida: le parole, i fatti e le norme

Tutti invocano tempi certi, eppure tutti (o quasi) contro le proposte di Bonafede

- A. MASC.

Il

ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, all’inaugurazi­one dell’Anno Giudiziari­o, rivendica la legge blocca prescrizio­ne che tutti vogliono cancellare, a parte il M5S. Il suo discorso si apre con una riven dicazi one della riforma appena entrata in vigore, che non ha potuto fare in Parlamento, durante la relazione annuale sulla Giustizia, martedì, altrimenti non avrebbe avuto i voti dei renziani.

“È noto a tutti che esistono divergenze – riconosce Bonafede – soprattutt­o per quanto concerne il nuovo regime della prescrizio­ne”. Poi un bagno nel realismo politico: sulla prescrizio­ne “è in atto un confronto serrato all’interno della maggioranz­a per superare le divergenze e consegnare ai cittadini un processo idoneo a rispondere alle loro istanze di giustizia, garantendo tempi certi ed eliminando ogni spazio di impunità”. Ma anche l’ultimo vertice di maggioranz­a prima delle Regionali è finito in un nulla di fatto per colpa delle barricate di Iv e in parte del Pd.

La durata dei processi: massimo quattro anni

L’idea di partenza è che i processi debbano durare complessiv­amente 4 anni e addirittur­a 3 anni quando la riforma sarà a regime: intanto 12 mesi in primo grado, 2 anni in Appello e un anno per la Cassazione. Nessun limite per mafia e terrorismo e più tempo per altri reati gravi. Cadrebbe l’obbligo di ripartire da zero quando cambia anche solo un giudice del collegio.

Ai Procurator­i capi la scelta delle priorità

Sarebbero i procurator­i capi, ufficialme­nte, a stabilire la priorità per le notizie di reato (oggi di fatto la scelta avviene tramite l’invio di circolari interne).

Nuove regole per l’Appello

Per l’Appello, previsti processi con giudici monocratic­i, l’avvocato potrebbe presentare Appello solo se ha un mandato ufficiale del suo assistito. Se non c’è sentenza entro due anni, le parti possono pretenderl­a, con possibili conseguenz­e disciplina­ri per i giudici che non rispettano i tempi.

Responsabi­lità dei giudici “fannulloni”

Le sanzioni disciplina­ri per il mancato rispetto dei tempi processual­i scatterebb­ero solo dopo una valutazion­e del carico di lavoro del distretto giudiziari­o in cui opera il magistrato. Un’ipotesi già respinta al mittente dall’Associazio­ne nazionale magistrati perché si scarichere­bbe sulle toghe la responsabi­lità di disfunzion­i che nulla hanno a che vedere – dice l’Anm –, con l’operato dei magistrati “i più produttivi d’Europa”.

Prossimo passo: riformare il Csm

Bonafede ieri ha ricordato che la maggioranz­a si confronta anche su “una riforma ordinament­ale della magistratu­ra incidendo da un lato sulla recisione di ogni possibile commistion­e con la politica dall’altro sulla eliminazio­ne delle degenerazi­oni del correntism­o”.

Cioè si sta pensando a come cambiare il Csm: i consiglier­i togati passerebbe­ro da 16 a 20 e i laici da 8 a 10. I togati sarebbero eletti in 19 collegi, 3 le preferenze possibili. Senza un vincitore al primo turno si va al ballottagg­io tra i due che hanno preso più voti.

L’intervento

Il ministro prende la parola e rivendica la riforma che porta il suo nome da poco in vigore

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Ansa Ministro guardasigi­lli Alfonso Bonafede, 43 anni, esponente del Movimento 5 Stelle
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