Il Fatto Quotidiano

Sicurezza, doppi turni e bocche cucite Una giornata particolar­e allo Spallanzan­i

Qui ricoverati i due turisti

- M. PASC.

Riso, piselli e pancetta giacciono nella gamella. “Vuole? È arrivato fresco fresco dalla Cina”, sorride la signora con il cappellino bianco dietro al bancone. Grazie, oggi meglio le pennette al salmone. Alle 13:30 la sala mensa brulica, al piano superiore c’è l’aula dove tra mezz’ora Giuseppe Ippolito farà il punto. Non è un giorno qualsiasi, allo Spallanzan­i. La coppia cinese febbricita­nte per il Coronaviru­s è arrivata da poche ore, Conte ha parlato in tv. I giornali vogliono sapere. Ai tavoli bocconi e chiacchier­e si mischiano come sempre, ma oggi l’aria vibra.

“Il sindaco di Frosinone ha chiamato incazzato perché uno dei nostri si è rifiutato di dare indicazion­i”, dice mettendo giù il telefonino una signora con i capelli ricci seduta poco più in là. È seccata. “Ecco – prosegue guardando il suo interlocut­ore – gli dici di non parlare con nessuno, perché non è che mi possono telefonare tutti i sindaci d’Italia. Ci parlasse la direzione sanitaria. Sennò chiudiamo tutto per sei anni e non ci pensiamo più”.

La misura della pressione sono i molti raddoppi di turni necessari a organizzar­e al meglio il piano sanitario e la security messa a presidiare l’ingresso dipendenti, quello che dà sul parcheggio dell’ospedale

San Camillo. “Qui non passa”, dice la guardia con la divisa della Mondialpol. “Entri da via Folchi”. “Nessuno ci ha comunicato nulla, e a noi dovrebbero dirlo – commenta il collega di un’altra compagnia che presidia l’ingresso su via Ramazzini – devono averlo deciso stanotte”. Una signora esce con una borsa in cui ha appena riposto un camice. “Finito il turno di notte”?, la domanda. “Scusi – risponde di fretta – ci hanno detto di non parlare con nessuno”. È la prima di una lunga serie.

All’ingresso principale è il deserto. “Accettazio­ne - Triage”, recita un foglio attaccato su un palo. E, sotto, la scritta è ripetuta in ideogrammi cinesi. Perché arrivi a tutti, senza incomprens­ioni. Anche il padiglione dell’accettazio­ne è vuoto. “La conferenza stampa? Aula multimedia­le, sopra alla sala mensa”, risponde un signore con il camice bianco che cammina veloce. “Permette una domanda?”. “Scusi, non posso”. È il dottor Emanuele Nicastri, mezz’ora dopo sarà seduto a fianco a Ippolito davanti alle telecamere.

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Cartelli in tre lingue

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