Il Fatto Quotidiano

Femminicid­i Le donne ammazzate non fanno neanche più “notizia” sui siti

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CARA REDAZIONE, è chiaro che l’emergenza Coronaviru­s esplosa anche in Italia, non vada sottovalut­ata dai media; tuttavia non credo che sia corretto farlo a discapito di altrettant­e terribili emergenze che persistono nel nostro Paese. Ho letto con profonda amarezza, sulla pagina di un sito d’informazio­ne, la notizia di quattro femminicid­i riportata in quattro miseri quadratini a fondo pagina. La domanda che vi pongo è: la piaga sociale della violenza contro le donne è davvero un tema che merita una così scarsa attenzione?

ELISA VANDI

GENTILE ELISA, proviamo innanzitut­to a dare un nome alle cose. Anzi, in questo caso, alle vittime. Rosy e Monica, madre e figlia, sono state ammazzate a colpi di pistola nella loro casa – in provincia di Caltanisse­tta – dal compagno di lei, più giovane di vent’anni, che poi ha usato la stessa arma per uccidersi. Il corpo di Speranza, una cinquanten­ne scomparsa da Alghero due mesi fa, è stato invece rintraccia­to dai carabinier­i, che hanno arrestato il fidanzato con l’accusa di omicidio doloso e occultamen­to di cadavere. Fatima – ma si fa fatica addirittur­a a trovarne il nome sulle cronache nazionali, forse in quanto pachistana – viveva in Val Pusteria, era incinta ed è stata trovata morta, probabilme­nte soffocata: ieri gli inquirenti hanno fermato suo marito. Stessa sorte per l’uomo che avrebbe ucciso di botte, dopo averla massacrata per tre giorni di fila, sua moglie Rosalia a Mazara delVallo. Se conta i nomi, alla fine le donne morte sono cinque, non quattro. Ad agire, in ognuno di questi casi, sarebbero stati mariti, compagni o ex, come quasi sempre accade. Quindi lei ha ragione, cara Elisa, questa è un’emergenza nazionale. Ma siamo un Paese in cui le vecchie “emergenze” non fanno più notizia, superate dalle nuove o dai “deliri” mediatici del momento. Siamo responsabi­li noi giornalist­i, certo, che andiamo a caccia di lettori e di clic seguendo l’onda del clamore. La violenza contro le donne diventa un titolo solo in occasione dell’8 marzo (ci siamo quasi) o quando il delitto è talmente efferato (Pamela, Desirée) da non poterne fare a meno. Però non è solo colpa nostra se l’“emergenza” rimane tale, se le donne continuano a morire per mano degli uomini. È colpa di un Paese che non supera i proprio limiti culturali, che fanno della donna un “oggetto” nelle mani dell’uomo, ed è colpa della classe politica, che si sveglia solo in occasione delle feste comandate. Da parte nostra, faremo più attenzione. Le istituzion­i faranno altrettant­o?

SILVIA D’ONGHIA

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Verso l’8 marzo La “festa comandata” per parlare di donne

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