“Bankitalia su Tercas non fu ostacolata, ma condiscendente”
L’operazione disastrosa del 2014 Per il Gip i banchieri non ingannarono la vigilanza che diede l’ok all’operazione che ha affossato i conti: “Sapevano tutto”
Una stroncatura che getta un’ombra pesante sull’op e r at o della vigilanza bancaria. La vicenda riguarda l’acquisto da parte della Popolare di Bari della scassata Cassa di risparmio di Teramo. Operazione in cui la Banca d’Italia “non fu ostacolata”, anzi fu accondiscendente nei confronti dei vertici dell’istituto barese, al punto da non rimuoverli nonostante avesse il potere di farlo. È il giudizio del Gip del Tribunale di Bari Francesco Pellecchia, che – nell’ordinanza con cui ieri ha autorizzato l’arresto dell’ex presidente di Bpb Marco Jacobini, del figlio Gianluca (ex vicedirettore) e l’interdizione dell’ex ad della banca Vincenzo De Bustis – non condivide le contestazioni avanzate dai pm sull’ostacolo alle attività dell’Autorità di vigilanza.
LA VICENDA Tercas è la più controversa di tutta la storia. Bankitalia ha sempre negato di aver caldeggiato l’operazione con cui Pop Bari si caricò di un istituto, commissariato, gravato da quasi un miliardo di crediti in sofferenza, che hanno poi affossato i conti della popolare pugliese. L’operazione fu autorizzata dalla Bankitalia guidata da Ignazio Visco, che nell’estate 2014 rimosse il divieto di effettuare nuove acquisizioni imposto alla Popolare di Bari nel 2011 dall’allora governatore Mario Draghi, dopo che nell’ispezione 2010 erano emerse diverse criticità, a cominciare dalle carenze di governanceespresse dallo strapotere dell’allora ad, Marco Jacobini.
Bankitalia rimosse il blocco permettendo l’acquisto di
Tercas nonostante nel 2013 avesse condotto una lunga ispezione a bari, terminata ad agosto e conclusa con un giudizio “parzialmente sfavorevole” riscontrando le stesse carenze trovate nel 2010. Secondo i pm Bankitalia fu però ingannata dai vertici di Pop bari, che nelle controdeduzioni al verbale ispettivo, consegnate a novembre 2013, assicuravano di aver risolto le criticità attraverso, tra le altre cose, la nomina di un Chief risk Officer– con potere di veto sulle operazioni ad alto rischio - nella persona di Luca Sabetta e l’abbandono della carica di ad da parte di Jacobini. Secondo i magistrati, Sabetta fu subito messo in condizione di non operare e vessato, al punto da contestare agli indagati anche in reati di maltrattamento ed estorsione. Il manager ha dato un grosso impulso alle indagini denunciando l’operato dei vertici baresi. Secondo i pm, a Bankitalia fu anche nascosto che Marco Jacobini “cessata la carica di ad assumeva contestualmente quella di presidente, continuando a gestire l’azienda, contrariamente a quanto prescritto” dalla vigilanza. Difficile però che la nomina del presidente di una banca possa essere nascosta a qualcuno, visto che è un atto pubblico. Il Gip nega “la concreta sussistenza di una grave piattaforma indiziaria” anche per il reato di presunte estorsioni e maltrattamenti verso Sabetta. Le condotte contestate ai vertici di Pop Bari “per un verso rilevano in chiave di condotta meramente omissiva, non accompagnata da alcun mezzo di natura fraudolenta, come richiesta dalla legge; per altro verso, non hanno prodotto concretamente l’evento dell’ostacolo alla funzione di vigilanza”. E ciò a maggior ragione “ove si considerino le dichiarazioni rese dal coindagato Giorgio Papa (ex ad della banca, ndr) il quale ha riferito che nonostante i vertici di Bankitalia fossero perfettamente a conoscenza della persistenza di tutte le situazioni oggetto di specifico rilievo, nonché della conclamata indifferenza di Bpb alle formali contestazioni, non hanno mai esercitato i poteri di ‘removing’ espressamente attribuiti dalla legge allo stesso supremo organo di vigilanza”.
I RILIEVI del Gip picconano la tradizionale linea di difesa sempre usata da Bankitalia nei crac bancari, da Pop Etruria alle popolari venete: “I banchieri felloni ci hanno ingannati”. Via Nazionale, per dire, ha sostenuto in una nota di aver autorizzato, su Tercas, una iniziativa spontanea della Popolare di Bari. Eppure Marco Jacobini presiede il 17 ottobre 2013 un cda convocato per fornire tutte le informazioni “su l l ’ invito ricevuto dalla Banca d’Italia a esaminare la sussistenza di condizioni (...) di un eventuale intervento nel salvataggio di Tercas”. “Alcuni giorni fa infatti – prosegue – la Vigilanza ha preso contatto con il vertice della Banca, per illustrare i termini della possibile operazione (...) con la sollecitazione a intervenire nell’operazione Tercas, la Banca d’Italia elevava la Popolare di Bari a un livello di superiore dignità, riconoscendole un ruolo di prestigio”.
Basta vedere le date per capire che la versione di Bankitalia non sta in piedi. Già il 5 novembre 2013 – 7 mesi prima che venisse revocato il divieto di fare nuove acquisizioni – Pop Bari subentra alla Banca d’Italia nel prestito di emergenza (Ela) fornito a Tercas, che non poteva più essere rinnovato, evitando così di farla implodere e risolvendo una bel problema a Via Nazionale. Che sei giorni dopo autorizza il fondo interbancario a partecipare all’operazione di salvataggio contribuendo con 280 milioni all’iniziativa di Pop Bari. Insomma, tutto era già stato deciso. Anche perché la popolare è l’unica sposa possibile, visto che il Credito valtellinese si era tirato indietro dopo che l’analisi dei conti aveva sconsigliato l’operazione.
La stroncatura
” Via Nazionale poteva rimuovere i vertici ma non lo ha mai fatto”
Il verbale del cda
L’ex presidente
“La Banca d’Italia ci ha sollecitati a salvare Teramo, un onore”