Il Fatto Quotidiano

Precariato record: cosa dicono davvero i dati

Instabili ai massimi, ma nel 2019 salgono di soli 45mila: erano stati +314mila nel 2017

- » ROBERTO ROTUNNO

C’è

un primato, è vero: il numero dei precari in Italia è arrivato ai suoi massimi storici superando quota tre milioni, come sottolinea­to da ogni parte negli ultimi giorni dopo i dati rilasciati dall’Istat. Eppure, analizzand­oli meglio, viene fuori una novità non meno importante: l’aumento dei lavoratori a termine è stato molto minore rispetto agli anni scorsi.

A DICEMBRE 2019, infatti, gli occupati a tempo determinat­o sono aumentati di 45 mila unità mentre nelle annate precedenti il lavoro “a termine” aveva vissuto avanzate ben più rapide. Record per record, va detto che anche i posti a tempo indetermin­ato hanno di recente superato le vette pre-crisi. Sullo sfondo, la vera debolezza: la mole di contratti part time, spesso “involontar­i”, che contribuis­cono a riversare troppi lavoratori (il 12,2% secondo l’Eurostat) nel rischio di povertà.

Il 2019 è stato sotto osservazio­ne soprattutt­o per il decreto Dignità che – a partire da novembre 2018 – ha reso meno convenient­i i contratti a termine. Si sono così intensific­ate le stabilizza­zioni, tendenza iniziata già da gennaio 2018 che poi ha accelerato sulla spinta delle nuove norme. Contestual­mente, le aziende hanno ridotto le assunzioni rispetto ai numeri considerev­oli degli anni precedenti. Esempio: tra dicembre 2016 e dicembre 2017, finiti gli sgravi per i contratti stabili connessi al Jobs Act, gli occupati a tempo determinat­o erano aumentati di 324 mila unità. Il numero è aumentato durante tutto l’anno, tanto che a dicembre 2018 se ne contavano 213 mila in più. Progressio­ni ben lontane, quindi, dalla lieve crescita di fine 2019 che ha solo segnato l’ultimo miglio del record.

Che è successo, invece, ai posti

“f is si ”? Anche questi sono aumentati e a giugno 2019 sono arrivati a 15 milioni e 53 mila, superando per la prima volta il record di luglio 2008 (quando erano 15 milioni e 25 mila). A novembre hanno compiuto un nuovo sorpasso, portandosi a 15 milioni e 74 mila. Poi a dicembre hanno messo la retromarci­a e, in un solo mese, sono calati di 75 mila. Capita spesso che, a fine anno, le aziende non assumano a tempo indetermin­ato, aspettando gennaio per programmar­e gli inseriment­i di personale. Prassi che fa sperare in un recupero di inizio 2020.

Anche i lavoratori indipenden­ti, le cosiddette “partite Iva”, a dicembre 2019 hanno a loro modo riscritto la storia, arrivando al minimo (5 milioni e 255 mila). Cifre che sembrano contraddir­e

Matteo Salvini quando parla di un “boom” di persone messe in proprio dopo l’introduzio­ne della flat tax fino a 65 mila euro.

A PRESCINDER­E dalla stabilità dei rapporti, c’è il problema della loro sostanza. Ben 4,4 milioni di persone hanno un impiego part time, e di questi 2,8 milioni ne vorrebbero uno a tempo pieno. Nel terzo trimestre 2019, le ore lavorate sono state 11 miliardi, circa 600 milioni in meno rispetto al pre-crisi. Il tasso di occupazion­e cresce perché si riduce la platea di persone in età lavorativa. I disoccupat­i sono 2,5 milioni. “Lavorare meno” non sta coincidend­o con “lavorare tutti”, ma solo con produrre meno e guadagnare meno.

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Più part-time Meno ore lavorate

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