Ugo Moretti, lo scrittore che l’Italia non meritava
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Il suo nome era già completamente dimenticato quando, il 29 settembre 2008, il giornalista Massimo Balletti lo rievocò testimoniando in una delle udienze del processo per il sequestro e l’uccisione di Mauro De Mauro, il cronista del giornale L’Ora. Ricordò che Ugo Moretti (Orvieto, 1918-Roma, 1991), narratore e poeta, giornalista, critico d’arte e sceneggiatore, nel novembre del 1970, quando dirigeva a Milano il settimanale Le Ore della Settimana, presentò una denuncia alla Procura della Repubblica affinché la magistratura indagasse con l’ipotesi di omicidio sulla morte del presidente dell'Eni Enrico Mattei. Una denuncia, la sua, che anticipava di più di vent’anni l’inchiesta della Procura di Pavia con cui il pubblico ministero Vincenzo Calia stabilì che l’aereo di Mattei era stato abbattuto da una bomba.
MORETTI, in ogni caso, da tempo era caduto nell’oblio, nonostante durante la sua esistenza e la sua “carriera dispersiva e oscura”, come ha notato lo scrittore Diego Zandel, avesse vinto un Premio Viareggio Opera Prima nel 1949, con il romanzo Vento caldo, e fosse stato autore, per sopravvivere, di svariati e pregevoli “gialli” e persino continuatore dell’Emanuelle di Emanuelle Arsan, con le sue E m anuelle 2 e 3. Nessuno rammentava, poi, ciò che aveva detto L’Unità nel 1991, quando Moretti morì, parlando dei suoi libri “neorealisti” tradotti in molte lingue e del suo essere stato “animatore delle iniziative culturali di via Margutta alla fine degli anni ’50, personaggio inconfondibile nel ‘baretto degli artisti’ di via del Babuino”, oltre che amico di pittori come Vespignani, Omiccioli, Afro, di narratori come Giuseppe Berto, del libraio Remo Croce. Quel mondo, affermò ancora L’Un ità , “che Moretti descrisse in Gente al Babuino“, del 1955.
Adesso, a quasi trent’anni dalla scomparsa di questo scrittore bohémienne, grande seduttore di signore e signorine, poeta erotico, grazie al citato Diego Zandel, che gli fu amico, la casa editrice ligure Oltre ha ripubblicato Doppia Morte al Governo Vecchio (pagine 182, euro 16): un “romanzo di costume e quadro d’ambiente”, per citare il giudizio di Raffaele Crovi, che era uscito nel 1960, in piena “dolce vita”, e ristampato per l’ultima volta nel 1990. È una storia ambientata nella vecchia Roma, da Trastevere a via del Governo Vecchio, asseriva sempre Crovi qualche anno fa, in cui Moretti “combina sapientemente i meccanismi di un ingarbugliatissimo intreccio delittuoso con le gag satirico-grottesche della commedia cinematografica all’italiana, confermando di essere ( dopo un’immotivata e immeritata lunga lontananza dalle librerie) un narratore di talento e un giallista di r a zz a ”. Dall’opera dello scrittore di Orvieto venne pure tratto un film, nel 1977, diretto da Steno, con Marcello Mastroianni, Ursula Andress, Agostina Belli, Peter Ustinov e Jean-Claude Brialy.
LA VITA di Moretti, fin dai suoi esordi letterari, fu sempre picaresca, come nel caso della pubblicazione di Vento caldo.
Il critico letterario Carlo Muscetta, lettore per l’Einaudi – raccontò Moretti nel 1987 alla rivista Fermenti – aveva spedito “il manoscritto di Vento caldo a Torino. Sfortuna volle che il manoscritto fu intercettato da Natalia Ginzburg che lo respinse con motivazione ‘torinese’ che – se non fosse stata una donna e vedova di un martire della Resistenza – gliel’avrei fatta mangiare, senza burro e senza zucchero. Vento caldo uscì un anno dopo, presso una casa editrice scamuffa e fantomatica (era la copertura fiscale degli Scalera) che pubblicavano libri che non si vendevano per aumentare il passivo della società. Comunque, per la forza dei bastardi, Vento caldo prese il premio Viareggio opera prima e la tiratura si esaurì in due mesi. Fu ristampato dalla SucarCo undici anni dopo. Pavese, quando mi conobbe l’anno dopo, allibì a leggere la lettera che la Ginzburg aveva scritto a Muscetta. ‘Non lo sapevo’ disse e mi regalò Il mestiere di vivere aggiungendo al titolo ‘...da scrittore’”.
Alternò miseria e periodi di modesto benessere, cercò di vivere con allegria, fu sempre un uomo libero. In “un altro Paese”, scrive Zandel nell’introduzione a Doppia morte al Governo Vecchio,“uno scrittore come lui avrebbe avuto un’altra fortuna. Qui, invece, nonostante tutto, era alla fame”.