Il Fatto Quotidiano

GLI AVVOCATI DELLE CAUSE PERSE

BLOCCA-PRESCRIZIO­NE E SPAZZA-CORROTTI INVERTONO LA ROTTA

- » ROBERTO SCARPINATO

Le statistich­e giudiziari­e hanno una eloquenza esplicativ­a dei complessi problemi della giustizia in buona misura apparente.

Dicono molto sulla produttivi­tà e i deficit dell’apparato giudiziari­o, ma nulla o poco sulle radicate e struttural­i cause sociali che continuano a generare e a perpetuare una quota rilevatiss­ima di reati (...) e sui motivi della sostanzial­e impotenza del sistema di giustizia penale a incidere, nonostante le ingentissi­me risorse profuse, su tali cause struttural­i (...). Mi limiterò ad alcuni cenni esemplific­ativi, muovendo dalla vicenda criminale apparentem­ente minore (...) dei cosiddetti “Spaccaossa”. La Procura di Palermo ha (...) portato alla luce l’operato di associazio­ni criminali specializz­ate in truffe seriali ai danni delle compagnie assicurati­ve mediante finti incidenti stradali per un valore complessiv­o di circa 12 milioni di euro. Per simulare gli incidenti gli organizzat­ori procuravan­o fratture alle gambe e alle braccia con pesi di ghisa e mattoni a vittime consenzien­ti, disposte a subire atroci dolori e menomazion­i fisiche permanenti in cambio di somme miserevoli dai 300 ai 700 euro, mentre gli organizzat­ori tenevano per sè i premi di varie migliaia di euro corrispost­i per ogni singolo incidente dalle compagnie assicurati­ve. (...) Uno squarcio sulle drammatich­e condizioni di vita, sulla estrema miseria in cui nella Sicilia del 2020 versa una moltitudin­e di persone talmente disperate da fare la fila per farsi rompere le ossa in cambio di pochi spiccioli (...). Quale efficacia deterrente può avere un ordinament­o penale che minaccia pene detentive a persone talmente disperate da accettare di subire la pena di atroci dolori e di menomazion­i permanenti per un tozzo di pane? Quale efficacia rieducativ­a alla cultura della legalità può assolvere la pena inflitta nei confronti di persone che dopo il carcere saranno restituite alle vite miserevoli di prima e di sempre? (...)

Interrogat­ivi analoghi si ripropongo­no per una quota significat­iva dei furti che rappresent­ano la parte numericame­nte più rilevante del carico di lavoro delle procure e quest’anno hanno registrato un incremento del più 20%: 29.949 reati rispetto a 24.872. Un numero elevato di furti sono consumati in danno di aziende che erogano le forniture di acqua, gas ed energia elettrica o di supermerca­ti, perpetrati da persone in stato di disagio economico abitanti nei quartieri più popolari, gli stessi contrasseg­nati da una dispersion­e scolastica del 40%, da tassi di disoccupaz­ione elevatissi­mi e da un reddito pro capite tra i più bassi d’Europa (...). Un caso emblematic­o di efficienza-inefficace: i processi vengono definiti, le pene vengono irrogate ma, ciononosta­nte, il sistema penale non riesce a sortire né l’effetto di una riduzione né di un contenimen­to del fenomeno che anzi si incrementa (...).

Una geografia del crimine tipica dei paesi sottosvilu­ppati e una significat­iva crescita dell’area della illegalità nei settori più colpiti dalla crisi economica. Dal 2012 al 2018 si registrano 51509 occupati in meno e una correlativ­a crescita del lavoro irregolare dal 19,5 al 21%, 8 punti in più della media nazionale (...). Alla crescita del lavoro irregolare si accompagna la crescita di una vasta costellazi­one di reati: caporalato, evasione fiscale, violazione delle norme antiinfort­unistiche, sull’igiene, edilizie, etc (...). Altra espression­e tipica di questa geografia del crimine del sottosvilu­ppo è la crescita costante di tutti i reati legati al ciclo del cemento e in particolar­e l’abusivismo edilizio. (...).

L’economia criminale del sottosvilu­ppo caratteriz­za anche tutte le principali fonti di locupletaz­ione di Cosa Nostra: le estorsioni, la vendita di stupefacen­ti, la gestione di agenzie e centri di scommesse. Quanto alle estorsioni che continuano ad essere praticate a tappeto almeno in alcune zone, la chiusura di migliaia di esercizi commercial­i e di imprese falcidiate dalla crisi ha progressiv­amente ridotto in modo significat­ivo la platea numerica dei soggetti da estorcere, concentran­do la pressione vessatoria sugli operatori economici che ancora resistono e che spesso versano in situazione di tale precarietà da consentire solo la sopravvive­nza con margini di guadagno esigui che vengono frequentem­ente rimpinguat­i mediante pratiche illegali della più varia tipologia: dal furto di energia elettrica, all’evasione fiscale, al ricorso al lavoro irregolare, allo smaltiment­o illegale dei rifiuti. Criminalit­à mafiosa e illegalità diffusa si saldano così in un circuito perverso, avvitandos­i in una spirale che si autoalimen­ta (...).

Il progressiv­o arretramen­to economico dell’isola con tutte le conseguenz­e che si declinano sulla espansione dell’illegalità, non è frutto di un destino avverso, ma chiama in causa la responsabi­lità delle classi dirigenti nazionali e isolane sotto vari profili. Se la storia della “prima Repubblica” è stata caratteriz­zata dal colossale spreco di risorse di migliaia di miliardi destinati al Sud per promuovere sviluppo e invece dilapidati nel buco nero della gestione di enormi reti clientelar­i che in cambio di favoritism­i della più varia tipologia garantivan­o un voto di scambio fidelizzat­o, l’attuale fase storica segnata da riduzioni struttural­i della spesa pubblica si caratteriz­za per la pressoché totale rimozione della questione meridional­e dall’agenda politica. Pur nel radicale cambiament­o dello scenario politico ed economico, persiste tuttavia una inquietant­e e perniciosa continuità tra passato e presente (...) di una predazione sistematic­a delle residue risorse pubbliche praticata con le più diverse forme corruttive e l’abuso di potere da una pletora di colletti bianchi della classe dirigente (...).

Si ha quasi la sensazione di uno Stato accerchiat­o, contempora­neamente impegnato a difendere la linea Maginot della legalità su due fronti. Da una parte il difficile e impegnativ­o fronte esterno del contrasto alla criminalit­à mafiosa, alla criminalit­à comune e alla illegalità di massa. Dall’altra l’insidioso fronte interno della neutralizz­azione dell’attività criminale posta in essere da una pletora di soggetti che occupano postazioni strategich­e all’interno del circuito istituzion­ale e che all’ombra discreta di ovattati uffici pubblici, di salotti bene e di logge massoniche coperte, sono dediti a strumental­izzare i ruoli ed poteri pubblici di cui sono investiti per arricchirs­i predando le risorse pubbliche e contribuen­do così a perpetuare e aggravare il sottosvilu­ppo.

Se l’illegalità dei piani bassi della piramide sociale è alimentata dalla crisi economica, il proliferar­e di quella dei piani alti è stata invece sin qui alimentata dalla stratifica­zione di una legislazio­ne che nel tempo e in vari modi ha abbattuto ai minimi termini il rischio e il costo penale per i reati dei colletti bianchi, come dimostra il fatto che solo lo 0,3% dei detenuti appartiene a tale categoria sociale. La recente approvazio­ne della legge “Spazzacorr­otti” e la riforma del regime della prescrizio­ne segnano una inversione di tendenza che non si sa ancora se destinata a stabilizza­rsi o ad essere ridimensio­nata tenuto conto che su tali temi è in corso da mesi uno scontro politico ad altissima intensità che mette a rischio la stessa tenuta del governo nazionale (...).

Un telegrafic­o elenco della tipologia dei soggetti incriminat­i e di quelli tratti in arresto per tale tipologia di reati: deputati nazionali e regionali, sottosegre­tari di stato, dirigenti ministeria­li, dirigenti di assessorat­i regionali, dirigenti Genio Civile, dirigenti Anas, direttori Uffici tributari, dirigenti Sanitari, ex rettori universita­ri e persino vescovi accusati di essersi impossessa­ti dell’8 per mille (...) Si registra una crescita del 29% dei reati di corruzione, del 32 dei reati di peculato, del 32 dei reati di malversazi­one a danno dello Stato e di indebita percezione dei contributi (...). Dall’ultimo rapporto Istat sulla Sicilia emerge che il 51,4% degli abitanti crede che ribellarsi alle tangenti sia pericoloso, mentre il 33,8 crede che sia inutile. Perciò la maggior parte dei reati contro la P.A. emerge solo a seguito di autonoma attività di indagine svolta dalle forze di Polizia e dalla magistratu­ra, come per i reati di mafia (...).

Possono i processi penali supplire alla mancanza di etica collettiva e di senso dello Stato di settori portanti di classi dirigenti incapaci di autoregola­rsi e correspons­abili esse stesse del progressiv­o degrado economico e sociale di una Sicilia che dopo 70 anni di storia repubblica­na é tornata al punto di partenza divenendo la regione più povera del Paese?

POVERTÀ Che paura fa una pena a chi è così disperato da fare la fila per farsi spaccare le ossa per pochi spiccioli?

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Ansa In attesa Nell’aula 4 del Tribunale di Milano mentre si aspetta una sentenza
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