Il Fatto Quotidiano

Davigo e stop prescrizio­ne, l’Anm contro gli avvocati

Annogiudiz­iario I penalisti se ne vanno per protesta, l’ex pm di Mani pulite attacca le spartizion­i correntizi­e al Csm. Poniz (assomagist­rati): “Ostracismi impropri”

- » GIANNI BARBACETTO Milano

Ci fu un tempo in cui al l’in augu razi one dell’anno giudiziari­o i magistrati si presentaro­no in toga e con la Costituzio­ne in mano, per difendere la legge uguale per tutti, contro le leggi ad personam varate dall’allora presidente del Consiglio. Questa volta è stato un gruppo di avvocati a inscenare la protesta, uscendo dall’aula magna del palazzo di giustizia milanese e agitando fogli su cui erano indicati tre articoli della Costituzio­ne (24, 27, 111): per manifestar­e contro la norma che blocca la prescrizio­ne dopo la sentenza di primo grado e rende più difficile ai potenti uscire dal processo penale perché il tempo è scaduto.

LA PROTESTA era annunciata. Gli avvocati della Camera penale avevano chiesto al Consiglio superiore della magistratu­ra di non mandare Piercamill­o Davigo a rappresent­are il Csm a Milano nella cerimonia che apre l’anno giudiziari­o: ritengono le sue dichiarazi­oni un attacco all’avvocatura, al diritto alla difesa, addirittur­a allo Stato di diritto.

Davigo è tornato comunque nel palazzo dove nacque l’inchiesta Mani pulite e ha svolto il suo intervento, un discorso istituzion­ale in rappresent­anza del Csm di cui ora fa parte, senza il minimo accenno ai temi oggetto di polemiche: prescrizio­ne e ruolo dell’avvocatura. Ha ricordato invece la grave crisi che ha investito il Csm, con le dimissioni dei suoi membri che non avevano svolto la loro funzione “con disciplina e onore”. Ha ribadito la necessità di superare le degenerazi­oni correntizi­e e le “nomine a pacchetto”, spartite tra le correnti dell’associazio­ne magistrati. Ha sottolinea­to che le 13 sospension­i cautelari e le altre misure disciplina­ri inflitte dal Csm dimostrano che quella del Consiglio non è una “giustizia domestica”, ma “estremamen­te rigorosa”.

Ad affrontare i temi della polemica ci ha pensato il rappresent­ante degli avvocati, Vinicio Nardo, che ha arditament­e paragonato gli avvocati minacciati nel mondo da regimi totalitari con l’attacco al diritto alla difesa che a suo dire sarebbe in corso in Italia, con una “fustigazio­ne mediatica che indebolisc­e i diritti dei cittadini”. In suo soccorso è arrivato anche il procurator­e generale di Milano, Roberto Alfonso: “La sospension­e della prescrizio­ne non servirà sicurament­e ad accelerare i tempi del processo, semmai li ritarderà senza limiti”; con una norma che “presenta rischi di incostituz­ionalità”, “irragionev­ole”, “incoerente”, “confliggen­te con valori costituzio­nali”. La risposta, con toni pacati ma decisi, è arrivata dal presidente dell’Associazio­ne nazionale magistrati, Luca Poniz, che ha innanzitut­to criticato il tentativo degli avvocati di non far parlare Davigo: “Oggi appare ancora più gravemente impropria un’iniziativa di protesta che, lontano dall’essere un pacato, argomentat­o, ancorchè fermo, confronto di idee, vorrebbe negare la presenza stessa, e la voce, a un interlocut­ore, persino nella sua veste istituzion­ale: ostracismi preventivi e veti ad personamco­ntraddicon­o apertament­e non soltanto il metodo del confronto delle idee, ma quei valori stessi di fondamento costituzio­nale ai quali si pretende di ispirarsi”. Poniz ha poi ha contestato l’uso della prescrizio­ne come rimedio per curare un’altra malattia, la lunghezza dei processi: “L’idea che la prescrizio­ne sia istituto idoneo a regolare la durata del processo” è una

“g iu r i di c o l ag g i n e”. La prescrizio­ne, “a processo in corso, è una patologia”; e non può essere usata “come una medicina per curare un’altra patologia, la durata del processo, che impone ben altre, e genetiche, misure”. Del resto, “troviamo oggi intollerab­ile la lezione di garantismo che pretendere­bbe di impartire chi, dal mondo della politica, non ha esitato a introdurre a suo tempo le più irrazional­i e ingiuste riforme sostanzial­i e processual­i”, producendo “davvero ‘imputati per sempre’, per statuto normativo: distratti, talvolta, questi garantisti à la carte...”. Infine Poniz ha ricordato i dati nazionali ed europei che “testimonia­no la più alta produttivi­tà” dei magistrati italiani: sono la metà della media europea (11 per 100 mila abitanti, contro i 22 dell’Unione) e fanno il doppio dei processi (2,17 per 100 abitanti, contro 1,08 della media europea).

La malattia e la cura

Il leader delle toghe: “È una giuridicol­aggine l’estinzione dei reati per ridurre i tempi”

CRITICO PONIZsulla parte della riforma della giustizia che sanzionerà i giudici che non riuscirann­o a concludere i processi nei tempi prestabili­ti, con una una “presu nzione pressoché invincibil­e di negligenza”: nasce da “un’idea astratta di un processo tipo, come se il processo fosse uno, ti

pizzabile nelle sue pressochè infinite variabili”.

Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha ribadito la volontà di dialogare con chi ha idee diverse sulla prescrizio­ne. Ma “non c’è alcuna incostituz­ionalità”, come suggerito dal procurator­e generale. “In tutta Europa vige un sistema di prescrizio­ne che è, non dico identico, ma simile al modello che abbiamo introdotto”. E poi: “Non ho mai detto che la riforma della prescrizio­ne serva a ridurre i tempi dei processi”. Ogni malattia ha bisogno dei suoi (diversi) rimedi. “Ritengo ingiusto che lo Stato dopo aver speso soldi ed energie per l’accertamen­to dei fatti, a un certo punto debba veder finire quel lavoro nel nulla”. Ha concluso Bonafede: “Non sono un manettaro: sono il primo ministro della Giustizia che ha stabilito un controllo struttural­e su tutti i casi di ingiusta detenzione”.

Il Guardasigi­lli Bonafede: “Controlli struttural­i sull’ingiusta detenzione, non sono un manettaro”

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A fianco, Piercamill­o Davigo. A lato, protesta degli avvocati. Sotto, Luca Poniz (Anm)
Ansa/LaPresse Primo obiettivo A fianco, Piercamill­o Davigo. A lato, protesta degli avvocati. Sotto, Luca Poniz (Anm)
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