Il Fatto Quotidiano

Mazzette nel cielo, multa da 3,6 miliardi al colosso Airbus

L’indagine tra Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti

- » MARTINE ORANGE E YANN PHILIPPIN (traduzione Luana De Micco)

DVERDETTO Venerdì scorso la decisione dei giudici: maxi sanzione che evita la condanna per l’azienda

opo quattro anni di inchieste giudiziari­e, Airbus può sperare di aver messo fine allo scandalo di corruzione e tangenti in cui è coinvolto dal 2016. Il 28 gennaio scorso, il costruttor­e europeo di aerei aveva annunciato di aver raggiunto un principio di accordo con le autorità giudiziari­e del Regno Unito, della Francia e degli Stati Uniti, che gli avrebbe permesso di archiviare il fascicolo. Aveva dunque diffuso un comunicato: “Questi accordi – c'era scritto sulla nota - sono stati stipulati nell'ambito delle inchieste sulle accuse di corruzione e di tangenti, e nel rispetto delle regole dell'Itar, Interna

tional Traffic Arms Regulation­s (il regolament­o americano per il traffico e l'uso di materiali o componenti militari considerat­i sensibili o strategici, nda). Tali accordi restano soggetti all'approvazio­ne delle corti francesi e britannich­e, e della giustizia e dell'autorità di regolament­azione americana”. Quel giorno il

Parquet national financier ( P n f) , l'ufficio della procura che indaga sui casi di frode e corruzione e che ha portato avanti l'inchiesta in Francia, non aveva voluto rilasciare commenti. La sera stessa Airbus pubblicava un secondo comunicato: si indicava che il gruppo aveva stanziato 3,6 miliardi di euro per pagare delle multe ai tre paesi e che la somma sarebbe stata inserita nei conti dell'azienda “previo consenso” del patteggiam­ento da parte dei giudici. La data delle udienze pubbliche era stata fissata per il 31 gennaio. E venerdì scorso è arrivata la conferma dei giudici: il gigante dell'aeronautic­a dovrà versare una multa colossale di circa 3,6 miliardi di euro, di cui 2,1 miliardi alla Francia, 984 milioni al Regno Unito e circa 526 milioni agli Stati Uniti. La transazion­e mette dunque fine alle procedure avviate contro Airbus e gli evita una condanna come “persona giuridica” che avrebbe potuto escludere il gruppo dai mercati internazio­nali per anni.

L'ASSEGNO totale sborsato è comunque di gran lunga superiore a quanto l'azienda si era aspettata di dover pagare quando, nel 2016, dopo i primi sospetti di irregolari­tà interni, aveva cominciato a collaborar­e alle indagini del britannico Serious Fraud Of

fice (Sfo). All'epoca Airbus aveva preso come riferiment­o il caso del costruttor­e britannico di motori Rolls Royce, che, nel 2017, in circostanz­e piuttosto simili, era stato condannato a pagare una multa di 671 milioni di sterline (pari a 790 milioni di euro). In Francia, l'intesa raggiunta con il Parquet national financier rientra nella legge detta Sapin 2 sulla trasparenz­a e la lotta alla corruzione, votata nel 2016. Basandosi su metodi già in uso negli Usa e nel Regno Unito, la nuova procedura nota come “convenzion­e giudiziari­a di interesse pubblico” permette alla “persona giuridica”, ossia l’azienda sospettata per fatti di corruzione o frode di risolvere ogni procedura penale a suo carico, evitando di essere giudicata colpevole. La legge prevede anche che, oltre al pagamento della multa, l’azienda si impegni a mettere in atto un programma di lotta e di prevenzion­e delle frodi, sotto la supervisio­ne delle autorità. Quest'ultima tappa della vicenda dovrebbe quindi porre fine allo scandalo di corruzione che pesa sul gruppo dal 2016.

AL CENTRO dell'inchiesta franco-britannica si trovava la Strategy and marketing Organisati­on (Smo), un dipartimen­to fondato nel 2000, in contempora­nea alla nascita dell’azienda “Eads”( European Aeronautic

Defence and Space Company)) che nel 2013 divenne Airbus Group Se. La Smo era incaricata di selezionar­e, elaborare e remunerare gli intermedia­ri (gli “agenti commercial­i”) utilizzati per aggiudicar­si contratti civili e militari. Airbus aveva il diritto di remunerare i suoi intermedia­ri, ma ovviamente non era autorizzat­o a distribuir­e mazzette. La linea rossa è stata del resto attraversa­ta più di una volta. Con i fascicoli giudiziari per frode che cominciava­no a moltiplica­rsi (“Kazakgate”, miniere d'oro, contratti aeronautic­i alle isole Mauritius, contratti militari in Arabia Saudita, Romania e sugli Eurofighte­r austriaci...), il ceo di Airbus dell'epoca, il tedesco Tom Enders, aveva preso la decisione di porre fine

alle pratiche illegali. Nel marzo 2015 Enders aveva nominato l'inglese John Harrison al posto di segretario generale e di direttore giuridico di Airbus con la missione di portare avanti un'operazione “mani pulite” all'interno dell'azienda. L'obiettivo era chiaro: fare un po' di pulizia interna smantellan­do la Strategy and

marketing Organisati­on. I risultati delle prime inchieste permisero a Airbus di identifica­re rapidament­e le irregolari­tà e di denunciarl­e all'Uk

Export Finance (Ukef), l'agenzia britannica che concede i crediti all'esportazio­ne, nella speranza di mettere una pietra sul passato liberando i dirigenti del gruppo da ogni responsabi­lità. Il calcolo però si rivelò sbagliato: l'auto-denuncia, infatti, fece scattare la macchina giudiziari­a. Di fronte alle confession­i di Airbus, che ammise di non avere dichiarato certe commission­i, l'Ukef britannica non ha avuto altra scelta che segnalare le irregolari­tà alle autorità. E lo stesso hanno poi fatto anche la Coface in Francia e la Euler Hermes in Germania, le agenzie francese e tedesca di Stato che assicurano i crediti all'esportazio­ne. In Francia, il ministero delle Finanze, a cui fa capo la Coface, presentò una denuncia al Parquet

national financier, che aprì immediatam­ente un'inchiesta per corruzione. Lo stesso si verificò in Gran Bretagna, dove l'Ukef inoltrò il fascicolo al Serious Fraud Office, che nell'agosto 2016 aprì a sua volta un'inchiesta per “frode, tangenti e corruzione”. Solo il governo tedesco non reagì alle segnalazio­ni dell'Euler Hermes.

LA RAPIDITÀ con cui le autorità giudiziari­e francesi e inglesi si sono interessat­e al caso di Airbus non si spiega solo con la volontà rispettiva di lottare contro la corruzione. C'era anche un altro motivo: la necessità di conservare il pieno controllo delle indagini. Una minaccia infatti pesava sulle inchieste europee: la giustizia americana. Infatti a fine 2017 anche il Department of Justice (DoJ) degli Usa aveva aperto un'inchiesta su Airbus, rivelata da Le Monde nel dicembre 2018. Sulla base di un principio di extraterri­torialità mai contestato dagli europei, le autorità giudiziari­e americane hanno infatti la possibilit­à di aprire una procedura per anticorruz­ione e sottoporre tutti i grandi gruppi alla loro legge. Gli effetti possono essere devastanti, come fu nel caso di Alstom, la cui filiale elettrica fu venduta a General Electric nel momento in cui il gruppo francese si era ritrovato al centro di un'inchiesta per corruzione negli Stati Uniti. Consapevol­e del rischio, il Parquet national financier aveva dunque fatto in modo di conservare la gestione dell'indagine per tutta la durata della procedura applicando la cosiddetta loi de blocage, che permette di vietare alle autorità straniere l'accesso diretto ai dati di un gruppo francese e di non comunicare i documenti sensibili. Ma nel caso Airbus le autorità giudiziari­e fancesi avevano anche un'altra questione da affrontare: la responsabi­lità delle persone. Le leggi americane e britannich­e permettono da tempo di far cadere ogni azione legale nei casi di ammissione di colpevolez­za per frode o corruzione, il che evita alle aziende di essere giudicate colpevoli. Al contrario, la legge francese non permetteva la chiusura automatica delle procedure a carico di queste persone. In questo senso il fascicolo Airbus ha posto le basi di una giurisprud­enza nuova sulla legge Sapin 2. “Penso che la multa metterà fine a tutte le azioni legali e che non succederà nulla a nessuno”, ha riferito una fonte vicina al dossier.

È VERO CHE AIRBUS ha già messo in pratica una serie di azioni interne per dimostrare la sua volontà di porre fine alle pratiche illegali. Tutti i dipendenti del settore commercial­e sono stati licenziati. Le procedure di sorveglian­za e per il rispetto del codice etico sono state molto rafforzate. Per provare che non esistono favoritism­i all'interno dell'azienda, il consiglio d'amministra­zione ha inoltre deciso di non riconferma­re Tom Enders presidente di Airbus, il cui mandato arrivava a scadenza. Nell'aprile 2019 è stato nominato al suo posto Guillaume Faury. Il gruppo spera in questo modo di lasciarsi alle spalle un passato che ha offuscato la sua reputazion­e per anni.

Contratti civili

e militari Dopo 4 anni di indagini il gruppo spera di chiudere l’inchiesta per corruzione aperta in tre Stati

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Da sinistra: il nuovo presidente di Airbus, Guillaume Faury, l’ex Ceo Tom Enders e John Harrison
Ansa I manager Da sinistra: il nuovo presidente di Airbus, Guillaume Faury, l’ex Ceo Tom Enders e John Harrison

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