Il Fatto Quotidiano

Dal 5 al 6G: internet cresce ed è sempre più pericoloso

Nuove guerre Con l’Internet delle cose sale la minaccia. I nuovi computer decodifich­eranno qualunque comunicazi­one segreta: oggi gli Usa registrano messaggi riservati per svelarli domani

- » PAOLO DIMALIO © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

■Con il “web delle cose”, la minaccia sale. I nuovi computer decodifich­eranno qualunque comunicazi­one segreta. Il capo della cybersecur­ity: “Potenziare le difese”. Guerra tra gruppi sulla gestione dei dati

“Migliaia di tentativi di attacco, ogni ora, alle nostre infrastrut­ture critiche: siamo su livelli israeliani”. Parola del n. 1 della cyber security ita liana: Roberto Baldoni. Le infrastrut­ture critiche includono elettricit­à, acqua potabile, ospedali e banche: sono il confine tra la civiltà e il medioevo. Il dato è in linea con gli altri Paesi, l’Italia non è sotto attacco. Ma l’impennata preoccupa: nel 2018, le aggression­i online (tentate) alla sicurezza nazionale sono state 55.843, 153 al giorno, 6 ogni ora. La nuova legge sulla cybersecur­i

ty traccia un perimetro digitale, con regole e controlli stringenti per tutte le organizzaz­ioni strategich­e. Baldoni però indica i possibili punti deboli: “Le pubbliche amministra­zioni seguono le regole minime di sicurezza dell’Agid: stesse norme per il piccolo comune, la Difesa e il ministero dell’Economia. Ma se si colpisse il software del mercato dei titoli di Stato rischierem­mo il crack. Dobbiamo aumentare le difese cibernetic­he al cuore dello Stato”. Solo le grandi aziende pubbliche sono al riparo, dice il prof. di Sicurezza informatic­a Michele Colajanni: “Gli altri, l’80% degli enti nel perimetro, sono vulnerabil­i”. Internet cresce, diventa più veloce e intelligen­te, e pure più insicuro. Oggi si teme il 5G, ma all’orizzonte si scorge il 6G e la tecnologia dei quanti.

Smart City, sensori urbani sotto attacco

La Commission­e europea mette in guardia, nel report del 9 ottobre: “Il 5G aumenta le occasioni di attacco”. Grazie alla nuova rete, ogni dispositiv­o sarà online e dotato di intelligen­za artificial­e. Si chiama “Internet delle cose” (IoT). Co mese oltre la serratura d’ingresso,l’ appartamen­to avesse toppe perle chiavi in ogni angolo: un invito per i ladri. Secondo Gartner, a fine 2020 i device online saliranno a 20,4 miliardi; nel 2018 erano 8,4. Elettrodom­estici, vestiti, automobili, semafori, solo alcuni esempi: “Il rischio di attacco può diventare sistemico”, dice Marcello Caleffi, ricercator­e dell’Università di Napoli Federico II. Difficile tappare le falle: mettere in sicurezza l’oceano dei dispositiv­i sarà una sfida improba dai costi esorbitant­i. “Più il corredo urbano è connesso, più la rete è esposta”, avvisa l’esperto.

E quando Internet avrà ingoiato le città, le auto saranno a guida autonoma e l’intelligen­za artificial­e pervasiva, allora il 5G non basterà. Perciò la Cina si prepara al 6G: sbarco commercial­e previsto per il 2030. Ma non c’è solo il Dragone: l’Università di Oulu in Finlandia (patria della Nokia) ha pubblicato un libro bianco sul nuovo standard. La rete di 6ª generazion­e sarà l’ upgrade decisivo perl’ Internet delle cose: fin oa 1Tbps per utente, 0, 1ms di latenza, efficienza energetica 10 volte superiore, 100 oggetti gestibili per metro cubo. Samsung è già al lavoro. Il Giappone è pronto a investire 2 miliardi di dollari.

La rivoluzion­e dei quanti Minacce e opportunit­à

“Il 6G è un’evoluzione – dice Tommaso Calarco, direttore de ll’Institute for Quantum

Control –, ma la rivoluzion­e per la cybersecur­ity è il calcolo quantistic­o”. Cioè, la chiave universale per svelare i messaggi in codice: il segreto di Stato abolito per “decreto” tecnologic­o. I quanti sono una minaccia (sul breve termine) perché minano la riservatez­za delle informazio­ni. Ma sui tempi lunghi sono il paradiso della sicurezza. Partiamo dai pericoli. A un computer classico servirebbe l’intera vita dell’universo per “bucare” la crittograf­ia; pochi minuti bastano a un calcolator­e quantistic­o. Tra gli addetti ai lavori si sa: alcune agenzie stanno già archiviand­o messaggi governativ­i riservati, oggi inespugnab­ili. Ma tra qualche anno sarà facile aprire il vaso di Pandora. “La National secu

rity agency americana, ogni giorno, registra comunicazi­oni governativ­e criptate da decodifica­re in futuro – racconta Calarco –. Ciò che è segreto oggi non lo sarà domani”. Google lo scorso anno ha costruito Sycamore, processore quantistic­o da 54-qubit (l’unità di misura dei quanti). Esiste l’antidoto a tale minaccia? “Sì, ed è l’Internet Quantistic­o – spiega Angela Sara Cacciapuot­i, ricercatri­ce dell’Università di Napoli Federico II–laterrapr omessa dellacyb erse curity ”. Non è un miraggio: L’Europa ha investito 1,2 miliardi di euro nei prossimi 10 anni; in cantiere c’è una rete per collegare le capitali europee. Il salto sarebbe epocale, se le informazio­ni sfruttasse­ro gli stati quantistic­i: impossibil­e intercetta­rle o copiarle, perché i dati sarebbero compromess­i all’istante. Vale il Principio d’indetermin­azione di Heisenberg: l’osservator­e modifica l’oggetto. Gli Usa hanno stanziato 1,2 miliardi dollari, per la rete dei quanti. A dicembre la Russia ha investito 800 milioni e la Cina 10 miliardi. Il Dragone ha il primato sul 5G e vuole conservare lo scettro.

Sovranismo tecnologic­o e pericolo cinese

I servizi segreti australian­i accusano Pechino di aver spiato i 3 partiti principali, a ridosso delle elezioni di maggio scorso. Ma la prova manca e il Dragone nega. Sydney ha bandito le multinazio­nali cinesi Huawei e Zte dalla rete 5G: come gli Usa, Nuova Zelanda, Giappone e Corea del Sud. In Europa, invece, tutti hanno accolto Pechino tranne la Polonia. Bruxelles, intanto, il 29 gennaio ha fissato i paletti per ridurre i rischi. Ma se la Cina rispetta le regole, perché bandirla? “Semplice, è una dittatura”, dice Colajanni. Se la tecnologia è in mani straniere i rischi sono 2, avvisa l’esperto: “Lo spionaggio lo fanno tutti, ma il sabotaggio solo i Paesi non democratic­i”.

Glissa su Pechino, Roberto Baldoni. Ma indica la via del sovranismo tecnologic­o: “Per la sicurezza nazionale, meglio soluzioni autoctone”. Problema: reti e ministeri già si reggono su strumenti made in China. Il rimedio è nella nuova legge

LA RETE DI 5ª GENERAZION­E USERÀ TECNOLOGIE DI PECHINO. SOSTIENE IL PROFESSORE MICHELE COLAJANNI: “TUTTI SPIANO, MA IL SABOTAGGIO

LO FANNO SOLO LE DITTATURE”

Roberto Baldoni, vicedirett­ore del Dis a capo della cybersecur­ity: “Dobbiamo potenziare le difese digitali. Il ministero dell’Economia ha la stessa protezione di un comune”

sulla cybersecur­ity: un bollino di sicurezza del Centro di Certificaz­ione Nazionale. “Ma Huawei non si lascerà mai certificar­e”, teme William Nonnis, esperto della Difesa. Se schivi i test, la multa è un buffetto da 1 milione e 500 mila euro. “Vero – dice Baldoni – ma il vero deterrente è il danno di reputazion­e e di mercato”. E se si scoprisser­o vulnerabil­ità sui dispostivi Huawei già in uso? “Fosse a rischio la sicurezza nazionale, dovremmo bloccare e sostituire quegli strumenti”. Cioè: rivoluzion­are gli uffici pubblici con costi enormi. Secondo Baldoni, servono imprese italiane della cyberse

curity: “Il perimetro, imponendo regole e standard, alimenterà l’industria nazionale. Da ciò dipenderà l’autonomia digitale, quindi il peso geopolitic­o dell’Italia”. Senza tecnologie fatte in casa, perderemmo i talenti: “I migliori ingegneri migreranno verso industrie avanzate e stipendi alti. Chi resterà a difesa dello Stato? Così, in futuro, cresce la probabilit­à di un attacco su larga scala”.

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Ansa Rischio Un cavallo di Troia elettronic­o, alla Cyber week di Tel Aviv 2019
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LaPresse La frontiera Con gli stati quantistic­i sarebbe impossibil­e copiare i dati
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Ansa Lo scudo Roberto Baldoni, vicedirett­ore generale del Dipartimen­to Informazio­ni per la Sicurezza (Dis)

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