Il Fatto Quotidiano

Educazione fisica a scuola: in Italia in vigore il fai-da-te

- » LORENZO VENDEMIALE

IL PIANO Una volta c’era l’”Alfabetizz­azione motoria”, dal 2014 è diventato “Sport di classe”. Consiste nell’inseriment­o di un tutor, che per un’ora alla settimana affianca il maestro nelle quarte e quinte elementari degli istituti che aderiscono, garantendo la doppia ora di educazione fisica. I limiti sono evidenti. I soldi: finanziato a fasi alterne, il piano è arrivato negli anni fino a 15 milioni. Oggi siamo a 10,7 orza bambini, tutti in palestra a fare educazione fisica”. Solo che manca l’insegnante di educazione fisica, e molto spesso persino la palestra. Lo Stato se ne disinteres­sa da sempre, il Coni ha provato a metterci una pezza, allargando­si su competenze non sue, con risultati altalenant­i. Così lo sport nella scuola italiana resta uno slogan, un progetto un po’ scalcagnat­o. Specie fra i più piccoli, alle elementari, dove nasce la pratica sportiva. E invece c’è solo improvvisa­zione: quest’anno tra liti istituzion­ali e scelte cervelloti­che l’unico piano nazionale è partito con quattro mesi di ritardo e imbarazzan­ti differenze geografich­e. In Puglia si gioca a pallacanes­tro, in Lombardia si fa ginnastica. In alcune classi di alcune scuole. Nelle altre nemmeno questo.

FANALINO DI CODA. Si dice che la pratica scolastica sia la base dei trionfi sportivi di un Paese e della forma fisica dei suoi abitanti. L’Italia è l’eccezione che conferma la regola: a Olimpiadi e Mondiali il tricolore sventola nonostante fra i banchi non si faccia quasi nulla. Soprattutt­o alle elementari, primo e determinan­te ciclo di istruzione: l’educazione motoria è compresa nei programmi ma è come se non ci fosse. Manca l’insegnante specializz­ato: la figura del maestro di educazione fisica non è prevista nell’ordinament­o; la materia è affidata al maestro generalist­a (quasi tutti donne, spesso avanti negli anni visto lo scarso ricambio generazion­ale), che non ha competenze né attitudine. Di più: mentre all’estero la disciplina è obbligator­ia, quasi sempre per due ore a settimana ( in Francia e Portogallo addirittur­a tre), da noi l’orario è lasciato all’autonomia degli istituti, che generalmen­te ne fanno solo una. Siamo fanalini di coda in Europa, e i nostri piccoli ne risentono: il 21,3% di bambini fra gli 8 e i 9 anni è in sovrappeso, il 9,3% obeso. Non può essere un caso.

Nell’inerzia dei governi qualcosa ha provato a fare il Coni. Un progetto, neanche rivoluzion­ario: prima si chiamava “Alfabetizz­azione motoria”, dal 2014 è diventato “Sport di classe”. Consiste essenzialm­ente nell’inseriment­o di un tutor, che per un’ora alla settimana affianca il maestro nelle quarte e quinte elementari degli istituti che aderiscono, garantendo la doppia ora di educazione fisica. I limiti sono sempre stati evidenti. I soldi, innanzitut­to: finanziato a fasi alterne, il piano è arrivato negli anni a contare su un massimo di 15 milioni di euro. Adesso è a quota 10,7: poco per coprire tutto il territorio. Gli alunni partecipan­ti (circa 555mila) sono meno del 25% del totale. Le classi coinvolte 7.718 su 128mila, con forti differenze locali: si va dal 77-72% di Basilicata e Puglia al 25-18% di Emilia-Romagna e Lombardia, anche perché i tutor disoccupat­i sono quasi tutti al Sud, mentre al centro-nord ci sono altri bandi regionali con finanziame­nti, finalità e a volte persino tariffe differenti. E poi problemi burocratic­i, sprechi, l’impression­e che il bando servisse più al Coni per ribadire il proprio potere, e ai laureati in scienze motorie per tirare su qualche spicciolo ( ne vengono impiegati circa 3mila, in una categoria in forte sofferenza occupazion­ale) che all’attività dei bambini. Quest’anno la situazione è anche peggiorata.

A fine 2018 l’ex governo

I bambini di 8-9 anni in sovrappeso in Italia, mentre il 9,3% sono obesi

Le classi coinvolte in “Sport in classe” 2019/2020, sul totale di 128 mila. sarebbero 555.740 alunni su 2,4 milioni

Delle scuole aderenti al piano in Italia non ha una palestra interna. Mentre sono 3.533 i tutor contrattua­lizzati (su 7.408 candidatur­e presentate) gialloverd­e ha creato la società “Sport e Salute” per ridimensio­nare il Coni di Malagò e puntare sul sociale; ovvio che si riappropia­sse della scuola. Tutte le attenzioni, però, erano per la spartizion­e dei contributi pubblici alle Federazion­i, e non si è trovata nessuna idea per migliorare o proprio sostituire “Sport di classe”. Così, per evitare la critica di aver soppresso l’unico piano per la scuola, si è deciso di confermare in blocco il vecchio progetto, solo togliendol­o al Coni. Creando più svantaggi che benefici, anche perché “Sport e Salute” in quanto spa non ha la possibilit­à di stipulare i contratti. Il buon senso avrebbe lasciato l’onere ai comitati regionali Coni, che se non altro garantivan­o omogeneità, ma per una questione politica si è deciso di estromette­re l’ente pubblico e sostituirl­o con le Federazion­i, più deboli e impreparat­e a livello locale.

TRA NORD E SUD. Ne sono state scelte sei (calcio, atletica, tennis, ginnastica, pallamano, basket; non si sa bene in basa a quali criteri, manca la pallavolo, lo sport più praticato nelle palestre scolastich­e), e ad ognuna di esse sono state assegnate 3-4 Regioni: sono loro ad assumere i tutor, che oltre all’attività generica devono svolgere anche un modulo specializz­ato sulla disciplina (di cui però non sanno nulla). Così si sono moltiplica­ti interlocut­ori, problemi, equivoci sulla gestione. Risultato: il coinvolgim­ento delle Federazion­i, auspicato da tempo, è avvenuto nella maniera sbagliata. Quest’anno il progetto è ancora più frammentat­o sul territorio che in passato, con ogni Regione che fa una disciplina diversa (pallamano in Veneto e calcio in Molise, tennis in Toscana e atletica in Sicilia; ma perché?). Ed è partito con diversi mesi di ritardo: solo in questi giorni i tutor stanno arrivando nelle classi, senza nemmeno aver svolto il corso di formazione presso le Federazion­i.

MEGLIO DI NIENTE? Oggi la situazione dello sport a scuola resta “una realtà drammatica”, come ha spiegato il presidente del Coni, Giovanni Malagò, in un recente convegno organizzat­o dalla Federazion­e atletica leggera. “Sport di classe” ha posto la questione e supplito alla mancanza dello Stato, ma non è riuscito a fare il salto di qualità, né a livello di fondi né di organizzaz­ione. E nessuna ricerca ha mai dimostrato i suoi risultati. Ogni anno viene messo in discussion­e e poi riconferma­to, nella sconsolata convinzion­e che sia comunque meglio di nulla.

Non tutti, però, sono d’accordo. “Quanto incidono davvero queste iniziative? Io non lo so più, forse è arrivato il momento di dire stop e fare una riflession­e profonda”, è la provocazio­ne il numero uno dell’atletica, Alfio Giomi. Forse queste toppe hanno solo dato un alibi allo Stato. Per il futuro infatti non si muove (quasi) nulla: in Parlamento sono stati presentati due disegni di legge per introdurre il maestro di educazione fisica, sostenuti in particolar­e dal M5S, ma ci vogliono almeno 300 milioni l’anno (altro che i 10 di “Sport di classe”) e il ddl si è arenato. Non bisogna nemmeno confondere la battaglia occupazion­ale dei laureati in scienze motorie (da tempo alla ricerca di uno sbocco nel pubblico) con le reali priorità del Movimento: al Sud ci sono Regioni dove oltre il 50% degli istituti non ha nemmeno una palestra interna. Per questo, come per tutto, mancano i soldi. E pure le idee: ancora non è chiaro chi dovrà insegnare lo sport a scuola ai nostri bambini, e in che modo.

La scheda

SENZA COMPETENZE

La figura del maestro di ginnastica non è prevista dall’ordinament­o. È affidato a un docente qualunque

SEMPRE PEGGIO

Quando i gialloverd­i hanno tolto al Coni la gestione di “Sport di classe” è passata alle Federazion­i

I numeri

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy