Il Fatto Quotidiano

L’ULTIMO BACIO

IL BOSS DELLE STRAGI “CANTA” A REGGIO CALABRIA: “NOI GRAVIANO SOCI DI B. DAI TEMPI DI MIO NONNO. TRE CENE CON LUI, L’ULTIMA A FINE ’93. PROGETTÒ FI PRIMA DI CAPACI”. GHEDINI: “FALSITÀ”

- » LUCIO MUSOLINO E GIUSEPPE PIPITONE

Sostiene di averlo incontrato “al massimo tre volte”: lui era un pericoloso latitante di mafia, l’altro un rampante imprendito­re all’apice della sua carriera, con un futuro da presidente del consiglio. A legarli un “rapporto economico” antico nel tempo: venti miliardi di lire partiti da Palermo negli Anni 70 e investiti nell'edilizia nel Nord Italia. Ma non solo: “C'erano le tv, Canale 5, Mediaset”. Dopo 26 anni di religioso silenzio Giuseppe Graviano parla e fa il nome più atteso: Silvio Berlusconi.

Da mesi il boss che custodisce i segreti della stragi chiede di essere ascoltato dalla corte d’assise di Reggio Calabria. Il processo è quello sulla ’Ndrangheta stragista, ma Graviano non è un pentito e neanche un testimone: è un imputato e come tale non ha l’obbligo di dire la verità. Eppure “Madre natura”, come lo chiamavano i suoi uomini, ci teneva a rispondere alle domande del procurator­e aggiunto Giuseppe Lombardo.

IN AULA sostiene di conoscere la soluzione di vari misteri: “Le darò – dice al pm – degli elementi da cui lei potrà trovare l’agenda rossa e chi ha ucciso il poliziotto D’Agostino”. E se due settimane fa aveva parlato genericame­nte di “imprendito­ri del Nord”, questa volta è molto più specifico: “Negli anni 70 mio nonno aveva messo i soldi nell’edilizia al Nord. Il contatto è col signor Berlusconi, glielo dico subito”.

E poi: “Ho incontrato tre volte a Milano Berlusconi mentre ero latitante”. E ancora : “Con Berlusconi abbiamo cenato insieme. È accaduto a Milano 3 in un appartamen­to”. Insomma: a sentire Graviano i rapporti tra la sua famiglia e l’ex premier sono vecchi di più di quarant’anni: “Mio nonno materno, Quartanaro Filippo, era una persona abbastanza ricca, era un grande commercian­te di ortofrutta. Ha investito i soldi nell’edilizia del Nord Italia”. Che tipo di investimen­to? “Venti miliardi di lire con il 20 percento”.

Quei soldi erano del nonno benestante, non del padre mafioso. In aula non ci fanno caso: è calato il gelo dal momento in cui il boss ha fatto il nome del leader di Forza Italia: “Quando è morto mio padre, mio nonno mi disse: Io sono vecchio e ora te ne devi occupare tu ”. Il vecchio Quartararo muore nel 1986, il padre di Graviano nel 1982. In quei quattro anni, Graviano sostiene di aver avuto il tempo di conoscere il leader di Forza Italia. “Io e mio cugino Salvatore siamo partiti per Milano. E mio nonno ci ha presentato al signor Berlusconi”.

Il primo incontro sarebbe stato “all'Hotel Quark”. Chi c’era? “Mio cugino Salvatore, io, mio nonno”. Berlusconi era da solo. “Sì”, risponde Graviano. L’ultimo incontro con l’ex premier invece risale al dicembre del 1993 in un appartamen­to di Milano 3 che era stato “dato” al cugino. “È stata una cena. Ci siamo incontrati io, mio cugino e Berlusconi. C’era qualche altra persona che non ho riconosciu­to”. Ma l’ex premier era al corrente di essersi seduto a cena con un latitante? “Non lo so, penso di sì – risponde il boss – Lo sapeva come mi chiamavo”.

IL PM LO INCALZA: “Quando vi incontrate, ricava la certezza che i 20 miliardi sono stati investiti a Milano 3?”. Risposta affermativ­a, anzi, dice Graviano “tutto quello che aveva fatto, anche a Milano 3, le te le vi si on i, Canale 5, tutto”. Una affermazio­ne non riscontrab­ile in alcun modo. “Ma c’era una carta privata – sostiene l'imputato – che io ho visto, la copia di mio nonno è in possesso di mio cugino”. Come dire: di quel rapporto economico esisterebb­ero le prove e lui le ha viste. L’avvocato Niccolò Ghedini taccia le dichiarazi­oni come “t ot a lmente e platealmen­te destituite di ogni fondamento”. Frasi che, per il legale di Berlusconi, hanno lo scopo di “ottenere benefici processual­i o carcerari”.

Ma a Reggio il boss di Brancaccio è un fiume in piena:

“Tramite mio cugino con Berlusconi avevamo un rapporto bellissimo”. Talmente bello che già nel 1992 Berlusconi gli confida l’intenzione di fondare un partito. “A mio cugino Berlusconi parlò di questo progetto”, dice specifican­do un passaggio cruciale per gli inquirenti. “È successo nel 1992, non come dicono nel 1993. Il partito era stato preparato già prima della strage di Ca pa ci”. C’è ancora tempo per spiegare il perché, nelle intercetta­zioni, Graviano definisca Berlusconi traditore: “Qua ndo si parlò della riforma del Codice penale e di abolizione dell’ergastolo mi hanno detto che lui chiese di non inserire gli imputati coinvolti nelle stragi mafiose. Lì ho avuto la conferma che era finito tutto”. Ma perché allora ha deciso di parlare proprio adesso? Perché è stato in silenzio per più di un quarto di secolo? “Io adesso non sto facendo niente, io adesso sto dicendo solo qualcosa. Ma posso dire ancora tante altre cose”. È un messaggio, l’ennesimo.

Il “tradimento”

“Mi dissero che aveva escluso i mafiosi dall’abolizione dell’ergastolo”

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 ?? Ansa ?? Nel 1995
Da sinistra: Confalonie­ri, Berlusconi e Dell’Utri; a sinistra, il boss Giuseppe Graviano dopo l’arresto nel 1994
Ansa Nel 1995 Da sinistra: Confalonie­ri, Berlusconi e Dell’Utri; a sinistra, il boss Giuseppe Graviano dopo l’arresto nel 1994
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