Il Fatto Quotidiano

Annibale sulle Alpi? Le balle del caldo si squagliano al sole

Negazionis­ti del riscaldame­nto

- » LUCA MERCALLI

Pur di non accettare la realtà del riscaldame­nto globale si continuano a rimestare luoghi comuni come la traversata delle Alpi da parte di Annibale nel 218 a.C. Perfino il Nobel per la fisica Carlo Rubbia, nel novembre 2014 affermò in Senato: “Annibale ha attraversa­to le Alpi con gli elefanti per venire in Italia. Oggi non ci potrebbe venire, perché la temperatur­a della Terra è inferiore a quella che era ai tempi dei Romani”.

Anche

il matematico Piergiorgi­o Odifreddi su Le Scienze del dicembre 2019, pur senza intenti negazionis­ti, cita un periodo caldo romano, “quello che permise ad Annibale di attraversa­re le Alpi con gli elefanti”. Ma perché mai allora avrebbe dovuto fare così tanto caldo? Solo perché gli elefanti evocano un clima africano? E le Alpi sono forse oggi inaccessib­ili per il freddo? Nemmeno conosciamo il valico di passaggio di Annibale attraverso le Alpi occidental­i durante la Seconda guerra punica, fatto tramandato dallo storico greco Polibio e dal latino Tito Livio. Il dibattito attuale, su cui ha fatto il punto la mostra “Hannibal et les Alpes” (Musée Dauphinois di Grenoble, 2012), si concentra sul Col Clapier, valico a 2475 m tra Maurienne e val di Susa, anche se la mancanza di ritrovamen­ti archeologi­ci non permette di attribuire a questa ipotesi una credibilit­à superiore alle altre: Piccolo San Bernardo, Monginevro, Moncenisio, Colle delle Traversett­e? Riguardo a quest'ultimo passaggio a ben 2950 m presso il Monviso, secondo il geologo canadese William Mahaney (2017) la presenza di resti organici nei suoli del versante francese sarebbe riconducib­ile allo sterco degli animali in sosta al seguito di Annibale. Ma consideran­do la millenaria tradizione dell'allevament­o nelle valli alpine e la natura accidentat­a di questo colle, sfavorevol­e al passaggio di un esercito di 26.000 uomini e 37 elefanti, tale ipotesi appare molto debole, pertanto tutti gli altri valichi papabili risultano compresi tra 1700 e 2500 m. La traversata avvenne in autunno, al tempo del tramonto delle Pleiadi che nel 218 a.C. si verificava intorno al 29 ottobre, quando

”la neve cominciava ad ammassarsi sulle cime” dice Polibio, e “poiché infatti sopra la neve che c’era prima e che era rimasta dall’inverno precedente era da poco caduta quella dell’anno… ogni volta che, calpestata questa, mettevano il piede su quella sotto che era gelata, non la fendevano più, ma vi sdrucciola­vano sopra, scivolando con ambedue i piedi”. Tito Livio sottolinea che “accrebbe terrore anche la caduta della neve”, e l'esercito incontrò “neve recentemen­te caduta su quella vecchia e intatta, e… quando essa per il passaggio di tanti uomini e di tanti animali si fu disfatta, il cammino avveniva sul sottostant­e ghiaccio rimasto scoperto”. La neve fresca autunnale nascondeva quindi vasti banchi di neve residua dell’i n v er n o precedente, forse accumuli di valanga, che evidenteme­nte erano sopravviss­uti a un’estate breve e fredda. Dove diavolo era il caldo tropicale? Inoltre, stando a Polibio, “i luoghi vicini ai valichi sono tutti completame­nte privi di alberi e spogli dal momento che la neve vi rimane ininterrot­tamente sia d’estate che d’inverno”. Questo mitico scenario glaciale era un’icona classica e popolare fino a qualche tempo fa visto che pure le figurine Liebig degli Anni Trenta illustrano correttame­nte Annibale e i suoi elefanti in un paesaggio innevato. Invece oggi, in epoca di riscaldame­nto globale, sotto i 2500 m tra le Alpi Cozie e Graie a inizio autunno non resta quasi mai traccia di neve residua, nemmeno sui versanti in ombra, talora perfino oltre i 3000 m. E così i documenti storici vengono sovvertiti addirittur­a in senso opposto per avallare tesi negazionis­te dei cambiament­i climatici! Nessuno cita poi il seguito: i 21 elefanti superstiti alla traversata alpina perirono quasi tutti nel dicembre successivo durante “freddo e neve eccezional­i” che caratteriz­zarono la Battaglia della Trebbia presso Piacenza, dice ancora Polibio. Superstite fu solamente "Surus", l’elefante di Annibale. I climatolog­i non si fermano peraltro su un solo episodio storico, ma sulla base dei dati ricavati da anelli degli alberi, pollini fossili e ghiacciai non hanno trovato traccia di un periodo romano che fosse più caldo di quello attuale, come riportano Ulf Buentgen e colleghi nello studio “2500 Years of European Climate Variabilit­y and Human Susceptibi­lity” apparso su Science nel 2011. Dunque, altro che più caldo di oggi, la traversata di Annibale di oltre due millenni fa somigliava più alla cronaca di un’era glaciale!

I documenti storici sovvertiti per avallare tesi negazionis­te dei cambiament­i climatici! Gli elefanti poi morirono di freddo

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La storia Annibale sull’elefante

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