Indagini, processi e notifiche elettroniche: il dl Accorcia-processi che arriverà in Cdm
“Fatto” ha letto quali saranno i punti cardine di Bonafede
Punta tutto sulla riforma del processo penale, lunedì, all’esame del Consiglio dei ministri, il Guardasigilli Alfonso Bonafede, che vorrebbe fortemente centrare l’obiettivo inedito di garantire tempi celeri dei processi. E sempre lunedì, la sua legge blocca-prescrizione dopo il primo grado sarà modificata con un decreto legge. Sarà applicata ai condannati, ma non agli assolti per i quali la prescrizione continuerà a correre. Anzi, per i condannati dal tribunale e assolti in appello, si recuperano i tempi di prescrizione, per così dire persi con l’interruzione in primo grado. È la mediazione trovata giovedì con Pd e LeU, fuori Italia Viva che lunedì minaccia di disertare il Consiglio. Bonafede, comunque, ribadisce che il cosiddetto lodo Conte2 sulla prescrizione non è certo una sua idea “ma nel momento in cui sono ministro di un governo con tante forze politiche so che devo cercare una sintesi. A me interessavano due cose: celerità dei tempi ed eliminazione delle isole d’im punità, obiettivi raggiunti”.
Venendo al merito della riforma, ecco i punti più importanti di proposta, secondo quanto risulta al Fatto.
La durata
Per i primi due anni della riforma i processi devono durare complessivamente 4 anni. Dopo, 3 anni. Quindi nel primo periodo 12 mesi il primo grado, 2 anni l’appello e un anno la Cassazione. Nessun limite per mafia e terrorismo e più tempo per altri reati gravi. Il Csm, però, può cambiare questa tempistica in base a una valutazione della situazione degli uffici giudiziari. Cadrebbe l’obbligo di ripartire da zero alla modifica del collegio.
La stretta sulle indagini
Giro di vite su azione penale e rinvio a giudizio, limitati ai casi in cui, per gli elementi raccolti, è plausibile una condanna dell’imputato. Sarebbero i procuratori a stabilire la priorità per le notizie di reato “sulla base di criteri di priorità trasparenti e predeterminati”. Le indagini, in base ai tipi di reato, dovranno concludersi trai 6 e i 18 mesi. Possibile una sola proroga per 6 mesi. Se entro 3 mesi dalla scadenza massima delle indagini il pm non ha tratto le sue conclusioni, deve comunque notificare alle parti il deposito degli atti altrimenti è possibile una sanzione disciplinare.
I tempi
Quattro anni per la sentenza: 12 mesi il primo grado, due anni l’appello, un anno la Cassazione
Notifiche elettroniche
Le notifiche elettroniche sarebbero la norma e quelle a mano – ora obbligatorie –, fonte di nullità e un mezzo per arrivare alla prescrizione, saranno una eccezione.
Nuovo Appello
Limitati i casi di appellabilità delle sentenze, previsti processi anche con giudici monocratici, quelli per cui è prevista “la citazione diretta nel giudizio di primo grado e l’applicazione del rito in camera di consiglio”. L’avvocato potrebbe presentare Appello solo se ha un mandato del suo assistito. Se non c’è sentenza entro 2 anni, le parti possono pretenderla e in quel caso dovrà esserci entro 6 mesi. Ma anche in questo caso potrebbe esserci una determinazione diversa del Csm. Non sarà più obbligatorio ascoltare in aula i testimoni già sentiti in tribunale.
Sanzioni per i giudici
Le sanzioni disciplinari per il mancato rispetto dei tempi processuali scatterebbero solo dopo una valutazione del carico di lavoro del distretto giudiziario interessato. Un’ipotesi, però, già respinta al mittente dalla Anm.
Riti alternativi
Si punta a un ampliamento a 8 anni del limite per il quale è ammesso il patteggiamento. Aumentano i delitti per i quali non vi si può accedere. Si allarga l’applicazione del rito abbreviato.
La riforma del Csm
I consiglieri togati passerebbero da 16 a 20 e i laici da 8 a 10. I togati sarebbero eletti in 19 collegi, 3 le preferenze possibili. Senza un vincitore al primo turno si va al ballottaggio tra i due che hanno preso più voti.