Lodo Conte bis è solo un piccolo ritocco: stavolta Iv ha ragione
FACT CHECKING Le parole di Andrea Orlando
Il vicesegretario del Pd, Andrea Orlando, ex ministro della Giustizia, l’ha messa giù dura: “Se ho capito bene, con l’interruzione della prescrizione al secondo grado di giudizio, Bonafede ha rinunciato all’ 80% delle sue pretese”.
È vero quello che dice Orlando? Il M5S ha fatto sostanzialmente abiura?
Non sembra, e non solo perché il ministro Alfonso Bonafede si è lanciato in pubblici elogi nei confronti del
Pd a cui riconosce “grande lealtà, grande correttezza, grande senso di responsabilità”. L’accordo individuato, infatti, sembra calarsi proprio sulla riforma che di Bonafede porta il nome. Che dice la legge Bonafede su cui l’accordo si innesta? La legge in vigore dal 1º gennaio avrà effetti concreti non prima di 6 o 7 anni, cioè quando il primo reato scoperto o commesso nel 2020 potrebbe prescriversi. Prima di questa legge, trascorso un determinato periodo di tempo commisurato alla durata della pena massima prevista per quel reato (maggiorata di un quarto), il reato cadeva in prescrizione e il processo si estingueva. Con la legge n. 3 del 2019 “il corso della prescrizione rimane sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutività della sentenza”. Questa sospensione impedisce alla prescrizione di scattare e al reato di estinguersi, provocando la reazione dei cosiddetti garantisti.
Ma quanti sono i processi coinvolti dalla prescrizione?
Intervenendo dopo la sentenza di primo grado, la legge riguarda poco più del 20% delle prescrizioni complessive (dati del ministero della Giustizia relativi al 2017). Che sono state in quell’anno circa 126 mila di cui 67 mila nelle fasi iniziali, davanti al giudice per le indagini preliminari o al giudice per le udienze preliminari; 27.500 davanti al tribunale ordinario e 2.500 davanti al giudice di Pace. Poco più di 28 mila invece davanti alle Corti di appello, quindi quelle bloccate dalla riforma Bonafede. Infine, 670 prescrizioni si sono prodotte in Cassazione (lo 0,5% del totale).
Cosa prevedeva il “lo do Conte 1”?
Il presidente del Consiglio aveva avanzato una prima mediazione che lasciava inalterata la riforma Bonafede solo nel caso in cui nel primo grado di giudizio si fosse prodotta una condanna. Mentre, in caso di assoluzione – e quindi con possibile impugnazione della sentenza da parte dei magistrati – la prescrizione non sarebbe stata bloccata, ma ci sarebbe stata una sospensione di due anni. Un doppio regime per garantire gli imputati da eventuali soprusi da parte dell’ordine giudiziario. La proposta di Giuseppe Conte è stata tacciata di incostuzionalità da diverse parti per via del doppio regime proposto, godenti della prescrizione se assolti in primo grado, con la prescrizione bloccata se condannati (su questo risponde esaurientemente Filoreto D’Agostino a pagina 13). Cosa dice allora il “lodo Conte 2”, cioè l’accordo tra M5S-Pd-LeU?
Il “lodo Conte 2”, dal nome del deputato di LeU, Federico Conte, si innesta sul “lodo Conte 1”, mantenendo il regime di sospensione di due anni per gli assolti in primo grado. Per i condannati nel primo grado scatta un blocco provvisorio della prescrizione che diventa definitivo solo dopo l’eventuale condanna in secondo grado. La provvisorietà serve a far scattare un possibile recupero del periodo di prescrizione bloccata nel caso in cui in secondo grado si producesse un’assoluzione. In quel caso, l’imputato, qualora il processo fosse impugnato in Cassazione, potrebbe far valere tutta la prescrizione accumulata perché potrebbe recuperare anche quella bloccata tra il primo e il secondo grado avendo indietro il tempo che è stato congelato in precedenza. Avrebbe dunque ragione Renzi?
In parte sì, perché l’accordo trovato non modifica di molto la Bonafede, anche se introduce la possibilità di recupero del tempo perduto e quindi un’occasione di accedere alla prescrizione, per quei processi che finiscono in Cassazione e in quella sede vengono prescritti.