Un Paese in maschera salvato dai rider Nelle città deserte circola solo il delivery
Il manager Jonathan Marano: “L’ultima volta a Shangai ho contato 7 persone in giro”
All’orizzonte solo uomini e zaini. Nel silenzio spettrale del coprifuoco, le uniche sagome che si muovono per strade deserte hanno pacchi sulla schiena, viaggiano su due ruote. Solo loro hanno il permesso di girare mentre tutto è immobile e chiuso nella Cina in quarantena. Dietro i vetri delle abitazioni si nascondono i cinesi che in questi giorni si affidano a silenziosi, restii e improbabili eroi acui devono la loro sopravvivenza: fattorini, corrieri, tassisti. “I rider sono i veri eroi di questa storia” racconta il manager italiano Jonathan Marano, 34 anni. Risiede da cinque anni in Cina, da sette vive con la moglie Tang Wen, madre dei suoi due figli. Nel formicaio della sua me tropo li,Shanghai,21m ilio nidi abitanti, l’ ultima volta è riuscito a contare 7 persone per strada: “Di solito in Cina l’unico posto in cui riesci a stare da solo è casa tua”. I rider sono l’ultima speranza di sopravvivenza nei giorni del contagio in “uno scenario incredibile, inedito, apocalittico”.
IL DRAGONEchiuso in casa si affida agli ultimi prodi che attraversano quartieri lunari per spostare merce. Tracciati nelle app dal gps, monitorata la loro temperatura da ispettori ai cancelli dei palazzi, i rider ripongono gli acquisti negli “alveari con riconoscimento facciale: delle grandi caselle presenti in ogni edificio, dove infilano pacchi di ogni tipo” dice Jonathan. Gli addetti alle consegne sono giovani, ma “spesso anche ultracinquantenni delle campagne che arrivano in città senza prospettive, in una città come ShangHai guadagnano in yen oltre mille euro al mese”.
Coraggio nei polpacci e nelle scapole, sulle spalle zaini frigo o termos delle consegne, entrano ed escono da edifici dalle luci accese e serrature chiuse. Insieme ai robot dispiegati da Pechino negli ospedali, i rider non si fermano mai mentre il resto del Paese è “sottoposto a misure e controlli senza precedenti: a Xi’an è vietato uscire di casa se non ogni tre giorni, Henan è praticamente in quarantena, per il resto solo una persona in ogni nucleo è autorizzata a uscire di casa”.
“Siete usciti? Perché? Dove siete stati?”. Ogni sera una telefonata dalla sede del Partito comunista, struttura presente in ogni compound abitativo, chiede dei movimenti di tutti città per città, zona per zona, quartiere per quartiere “p er tracciare gli spostamenti, tenere sotto controllo i percorsi compiuti, per monitorare un eventuale contagio” dice il manager.
Niente si muove in Cina, tranne i ragazzi mascherati dalle fasce chirurgiche sulla bocca. Fabbriche e industrie inerti, ritmo piatto: “Oltre ai rider, gli unici lavoratori attivi sono quelli del settore della distribuzione alimentare ed energetica, tutto il resto è in stato di arresto”.
Impavidi i fattorini e impavidi “i commessi dei supermercati che vorrebbero chiudere, ma sono costretti a tenere aperti i negozi di beni di prima necessità, mentre a
Divieti
A Xi’an si può uscire di casa ogni tre giorni, a Henan solo uno per famiglia può farlo
tutti gli altri è vietato lavorare per scelta del gov er no ”. L’ul tima volta che Jonathan è entrato in un negozio gli addetti per aiutarlo hanno scavato nei depositi in cerca di merce ormai introvabile come il gel disinfettante. Ha cercato le mascherine online ma “la richiesta è stata evasa, per ordine governativo tutte le mascherine sono state spedite a Wuhan e non alle altre province”.
UN PAESE in maschera. Una ridda di tessuti protettivi di vario tipo che Jonathan e i cittadini della Repubblica conoscono ormai a memoria. “Ci sono le mascherine N95, poi le Ffp2 e Ffp3 ad alta performance, i cinesi sono abituati a usare quelle di importazione straniera, ma sono andate esaurite e usano quelle patrie poco filtranti, in Cina esiste la cultura delle maschere dall’emergenza smog” dice il manager ora rimpatriato in Italia. Mette piede fuori casa a Fermo, ma non fino al suo ufficio: “Quarantena è un termine improprio, rimango in regime di contumacia, rientro in azienda tra 15 giorni”.