Hackeraggio in Lava Jato: niente accuse per Greenwald
Nel comportamento di Glenn Greenwald non c’è stato niente di illegale. Così il giudice Ricardo Augusto Soares Leite ha stabilito giovedì di non procedere con le accuse di hackeraggio nei confronti del giornalista brasiliano fondatore del sito di inchiesta The Intercept, come richiesto dai pubblici ministeri. I pm sostenevano che Greenwald – nell’ambito dell’inchiesta giornalistica su Lava Jato – non avesse soltanto pubblicato i messaggi dell’ex procuratore Sergio Moro, ma avesse aiutato sei hacker a violare il telefonino dell’attuale ministro della Giustizia e di altre autorità. I sei restano indagati per crimini informatici. Ma per Greenwald non è finita: “Anche se accolgo con favore la decisione, non è sufficiente a garantire i diritti di una stampa libera”, ha fatto sapere. “Il rifiuto si basa sul fatto che la Corte Suprema ha già emesso un’ ingiunzione contro tentativi di persecuzione contro di me. Ma non è abbastanza. Chiediamo un decisivo rifiuto da parte della Corte di questa azione penale abusiva: si tratta di un chiaro e grave assalto alle libertà fondamentali della stampa. In alternativa – ha spiegato il giornalista – resterebbe aperta la possibilità di un’ulteriore erosione della libertà contro altri giornalisti”. Dal canto suo Betsy Reed, il caporedattore di Intercept Brasil ha lanciato un allarme: “Rimane un’enorme pressione per perseguire Glenn come rappresaglia per il suo lavoro”. Dal giugno scorso, Inter cept ha pubblicato delle storie sulle fughe di notizie sull’ Operazione Lava Jato, l’inchiesta per corruzione che ha scosso la politica brasiliana. Le intercettazioni di Moro pubblicate da Greenwald evidenziavano l’interesse del braccio destro del presidente Jair Bolsonaro che le accuse contro l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva vedessero la luce prima delle Presidenziali del 2018. Lula, dopo 19 mesi di carcere per corruzione, da novembre scorso è libero in attesa dell’ultimo grado di giudizio.