“Una festa inclusiva, un po’ troppo lunga”
Autore e critico tv: “Sulle donne una piccola rivoluzione, dopo anni di sola bellezza”
Bruno Voglino, storico autore Rai e talent scout a cui si deve la scoperta di un’intera generazione di artisti (Carlo Verdone, Massimo Troisi, Maurizio Crozza, Fabio Fazio, tanto per fare qualche nome), questo Sanremo lo guarda tutte le sere, ma con una certa moderazione. “Cosa vuole, come tutti i vecchietti ho poca pazienza!”, spiega all’inizio della nostra chiacchierata. “Ne vedo un pezzo, poi magari giro o magari mi leggo un libro, poi ci torno un po’. Dura talmente tanto…”. Ha visto che gli ascolti vanno a meraviglia: qual è il segreto secondo lei?
Amadeus ha messo in piedi una grande festa della televisione, chiamando a raduno tutti i protagonisti dell’intrattenimento che c’è ora in Italia. Non solo quelli della Rai, ma anche delle altre reti. Lui è così, inclusivo. Tutti gli hanno detto di sì, ma su questo non avevo dubbi. Io non lo conosco di persona, ma a fiuto mi sembra uno che in vita sua non ha mai litigato con nessuno.
Una cosa che non le è piaciuta c’è?
Le canzoni: non si capiscono le parole. Non è tanto un fatto di gusto, è che mi piacerebbe almeno seguire i testi… Quasi tutte sono incomprensibili.
E lo spettacolo?
Be’, c’è Fiorello. Lui è una garanzia di successo, un capitolo a parte. Sul resto Sanremo è figlio di questa televisione e quindi ci sono momenti di banalità e scadimento e altri di televisione alta. C’è un mix di toni diversi, sia all’interno della singola puntata che tra una sera e l’altra.
Ha visto il monologo di Rula Jebreal?
Sì, è stato un momento alto. Come il monologo di Benigni sul Cantico dei cantici: questo però lo dico sulla fiducia perché purtroppo mi è sfuggito. Ma ne ho letto bene sui giornali, com’era prevedibile peraltro.
Lei ha scritto “Paura non abbiamo. Donne e televisione in Italia” (Castelvecchi). Che pensa di questo Festival entrato sessista e uscito femminista?
Merito di Amadeus che ha intuito lo spirito del tempo. Ha capito che è il momento di volgere lo sguardo al femminile con una prospettiva diversa.
Non più la solita, bieca, che per anni ha perseguitato le donne. Non più solo concentrata sull’aspetto esteriore. In questo senso il Sanremo numero 70 ha fatto una piccola rivoluzione, passando una mano di bianco sul ruolo delle donne in tv. Operazione perfettamente riuscita e più che condivisibile. Posso aggiungere una cosa da vecchio uomo di tv?
Prego.
È molto interessante la composizione del pubblico. Non più solo anziani come me. Ma anche giovani. Vuol dire che questo spettacolo tiene insieme i gusti di tutti. Il Festival di Sanremo non è un programma televisivo, è una festa. Anzi una pausa nella cronaca sociale del Paese, un momento di relax. Amadeus è l’uomo perfetto per indossare questo abito. Le puntate come dicevamo durano oltre le due di notte. Giusto o esagerato?
È la brutalità della televisione di oggi. Ma non da ieri. Ormai tutti sono schiavi dei calcoli dello share e quindi si trascinano le prime serate fino all’alba. Peraltro si sa: lo share calcola anche i telespettatori dormienti… Le scalette delle serate di questa edizione di Sanremo sono mostruose, non finiscono più. È una delle ragioni per cui faccio zapping: non riesco a stargli dietro. C’è una dittatura delle prime serate sterminate: il Festival è davvero sempre lo specchio del Paese, e della tv.
Si parla ovviamente di un Amadeus bis. Dall’alto della sua lunghissima esperienza televisiva, glielo consiglierebbe?
Ma per carità no! Da ex autore e dirigente televisivo, penso che sia sbagliato proporre la stessa minestra al desco dell’ascoltatore. Lo pensavo ai miei tempi e continuo a pensarlo ora che la tv la guardo solo.