Il Fatto Quotidiano

POLTRONA VIVA

6 ANNI DOPO L’“ENRICOSTAI­SERENO”, RENZI RITIRA I RICATTI A CONTE E VOTA TUTTO, STRETTO FRA RESPONSABI­LI FI E PENTITI IV

- MARRA, MELETTI, PROIETTI E TECCE

Il 14 febbraio 2014, Enrico Letta salì al Quirinale per dimettersi da presidente del Consiglio. La fretta di Matteo Renzi di fargli le scarpe a colpi di #enricostai­sereno , con il supporto logistico di Giorgio Napolitano, aveva un’unica spiegazion­e: installars­i a Palazzo Chigi in tempo per gestire la tornata di 400 nomine nelle società controllat­e dallo Stato, a cominciare dalle più appetibili, Eni, Enel, Poste e Leonardo. L’analisi di Riccardo Fraccaro, esponente non di primissimo piano dei Cinque Stelle, fu assai severa: “La verità è che ha fretta di gestire la prossima infornata di poltrone. Il neopremier è un cinico arrivista, un arrampicat­ore politico senza scrupoli. Invece di occupare militarmen­te le poltrone, adotti una procedura trasparent­e per il rinnovo dei vertici dei più importanti gruppi d’Italia”.

SEI ANNI DOPO, anche ieri la festa di San Valentino è stata segnata dai venti di crisi soffiati da Renzi. Ancora una volta la vera posta in palio, nell’immediato, è la spartizion­e delle poltrone. Solo che stavolta è Fraccaro al tavolo principale. Spentasi la stella di Luigi Di Maio e passata la meteora Stefano Buffagni, è lui, sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio, a rappresent­are i Cinque Stelle al suk delle poltrone (per la verità non trasparent­e come Fraccaro pretendeva da giovane). M5S e Pd, come azionisti di riferiment­o del governo Conte, conducono il gioco. Nicola Zingaretti ha la sponda dell’amico Roberto Gualtieri, ministro dell’Economia, aiutato a sua volta nel disbrigo della pratica dall’attivissim­o capo della segretaria Ignazio Vacca. Essendo Gualtieri titolare del decisivo potere formale di proposta dei grossi nomi da portare al Consiglio dei ministri, in questa fase il ruolo di Giuseppe Conte è ridimensio­nato, non avendo voluto, o potuto, accollarsi la mediazione tra i variegati appetiti della maggioranz­a. Anche se non ci sono tavoli formali, sono Fraccaro e Zingaretti ( alias Gualtieri, alias

Vacca) a condivider­e la discussion­e, già fitta a quattro-cinque settimane dal l’appuntamen­to con le nomine, con i piccoli azionisti della maggioranz­a, ex Leu e Italia viva, e con un grande vecchio come M as s i m o D’Alema che gioca più che altro a titolo personale e, ringalluzz­ito dalla nomina dell’amico Rodolfo Errore alla presidenza della Sace, si dà molto da fare convinto com’è di poter ancora contribuir­e al bene del Paese suggerendo qualche nome giusto per una delle circa 400 poltrone in palio.

A differenza di sei anni fa, non potendo sbancare Palazzo Chigi e fare bottino pieno, Renzi è costretto a minacciare sfracelli per ottenere qualche poltroncin­a in più. “Finora non ci hanno fatto toccare palla”, piagnucola­no i suoi, anonimamen­te, per giustifica­re le insensate intemperan­ze del capo sulla prescrizio­ne. Martedì in aula è in agenda la partita preliminar­e per le autorità per la Privacy e per le Comunicazi­oni, con otto mesi di ritardo e con una forte sensazione di ennesimo rinvio. Al momento Renzi è fuori dalla contesa, un pessimo segnale che l’ha innervosit­o. Neppure stavolta, però, i deputati e i senatori dovrebbe riuscire a scegliere i quattro componenti della

Privacy e i quattro dell’Agcom più il presidente che spetta al governo con l’avallo dei due terzi delle commission­i competenti.

IN MANCANZA di accordo nel collegio, la Privacy va al più anziano: il centrodest­ra aveva puntato sul candidato senatore Ignazio La Russa, classe 1947, il centrosini­stra ha replicato col giurista Pasquale Stanzione (1945), il centrodest­ra ha sfoderato l’im b a tt i b il e Raffaele Squitieri (1941), ex Corte dei Conti. In questo stato di salute la maggioranz­a di governo si prepara ad affrontare i dossier Eni & C con un’accortezza: non toccare gli amministra­tori delegati, anche se vacillano Luigi Ferraris di Terna e Alessandro P ro fu mo di Leonardo, e cambiare i presidenti, con le eccezioni di Gianni De Gennaro di Leonardo e Patrizia Grieco di Enel, protetta dall’ad Francesco Starace, il manager che è talmente tranquillo da spendersi per altri e non per sé.

Per la multinazio­nale del petrolio serve l’impresa più coraggiosa: dimostrare che le vicende giudiziari­e di Claudio Descalzi e i conflitti d’interessi con gli affari passati della moglie non siano una variabile. A chiedere la conferma del numero uno pare siano scesi in campo i Paesi dove l’Eni estrae greggio, con i quali Descalzi si è dato molto da fare, e la loro domanda di continuità non ha trovato insensibil­e il Quirinale.

I Cinque Stelle non farebbero barricate se però il Pd ci mette la faccia intestando­si il terzo mandato dell’amministra­tore delegato. In tal caso Marco Alverà di Snam, legato al sistema dell’ex ad Paolo Scaroni e in campagna elettorale da mesi, aspettereb­be il prossimo giro. In Poste si aspetta la formalità per brindare al bis di Matteo

Del Fante, adottato dai renziani e poi adorato dai pentastell­ati, ma soprattutt­o scortato dal vice Giuseppe Lasco; invece Emma Marcegagli­a, il presidente di Eni, non ha speranze e Giampaolo Massolo (oggi in Fincantier­i) scalpita.

In Fincantier­i, sotto la guida di Giuseppe Bono, è cominciata la carriera di Fabrizio Palermo. Il capo di Cassa Depositi e Prestiti si considera uomo di industria e pensa a un ritorno nel settore, magari in Leonardo, ma Profumo ha un buon rapporto con M5S e Pd e la spinta del Quirinale. Palermo libererebb­e l’ambita poltrona in Cdp. Ma un governo così debole non può permetters­i un disegno così ampio. La politica si accontenta di ritoccare qua e là i vertici delle aziende e di scannarsi per i consigli di amministra­zione.

Il borsino

Descalzi disposto a tutto pur di restare, Marcegagli­a fuori, Profumo a rischio

Ballo sui presidenti Starace sicuro in Enel, pochi cambi al vertice, la politica debole si scanna sui Cda

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy