Lodi, gli operai: “Non controllammo sul posto se lo scambio fosse chiuso”
La mattina del 6 febbraio, pochi minuti prima che il Frecciarossa Etr 9595 deragliasse a Ospedaletto Lodigiano provocando la morte dei due macchinisti, i 5 manutentori di Rfi non sono andati a vedere fisicamente se lo scambio sul quale avevano lavorato fosse effettivamente chiuso (non lo era), ma lo hanno manovrato da remoto. Questo il dato emerso dai verbali. Che però non implica una colpa definitiva. Lo vedremo.
TORNIAMO ALLE 3:35 del 6 febbraio. In quel momento il lavoro è terminato, ma non completato. L’attuatore nuovo (sorta di pistone che regola apertura e chiusura dello scambio) montato sul deviatoio cinque mostra delle incongruenze, così come spiegato dai lavoratori. Si decide di rimetterlo nella posizione normale ovvero nel corretto tracciato per il passaggio del treno, dopodiché lo si disalimenta. Prima di togliere l’elettricità si constata che la freccia accanto alle rotaie e che segnala l’apertura dello scambio non funziona. Si procede a una chiusura manuale che non riesce. Gli operai quindi si spostano in una delle palazzine di Livraga per operare da remoto. Viene dunque attivato il comando di chiusura che restituisce un segnale corretto. Il problema però sta nell’attuatore prodotto da Alstom ferroviaria. I cablaggi interni, infatti, risulteranno invertiti e quindi, secondo i pm, dare il comando di chiusura significa mantenerlo aperto. Su questo aspetto non vi è responsabilità degli operai. Il pezzo arriva sigillato e così viene montato. Lo scambio, dunque, resta in deviata ma ai terminali appare chiuso. Fatta questa operazione, i manutentori inviano il fonogramma a Bologna: scambio disalimentato e messo in posizione normale. Bologna fa un check e come i manutentori vede un segnale erroneo di corretta chiusura. Si procede così al via libera per il movimento in Full Supervision, è il cosiddetto superverde che fa procedere il treno a
300 chilometri orari. Quando il Frecciarossa arriva al chilometro 166,5 si trova davanti un binario in deviata che andrebbe percorso a 60 chilometri all’ora.
GLI OPERAI, dunque, dopo aver attivato il comando di chiusura non sono andati sul posto per accertarsene visivamente. Se lo avessero fatto avrebbero visto lo scambio aperto. Questo il dato che però non implica una colpa diretta per i lavoratori. Al momento non è chiaro cosa prevedano le procedure di Rfi in casi del genere. I documenti sono allo studio del pm. Se le procedure non dovessero prevedere un check visivo, la posizione degli operai ne uscirebbe molto ridimensionata. Allo stato gli indagati sono sette. Oltre ai cinque lavoratori anche Rfi per la legge 231 sulla responsabilità amministrativa e l’ad di Alstom ferroviaria Michele Viale. L’attuatore è stato costruito dal gruppo francese nella sua sede di Firenze. Il pezzo difettoso – è stato spiegato ieri dalla Procura –, faceva parte di un lotto preciso. Di questo, gli elementi già collocati sulla rete dell’alta velocità non mostrano difetti. Intanto da domani inizieranno i lavori di rimozione del treno.