Il Fatto Quotidiano

Lodi, gli operai: “Non controllam­mo sul posto se lo scambio fosse chiuso”

- » DAVIDE MILOSA

La mattina del 6 febbraio, pochi minuti prima che il Frecciaros­sa Etr 9595 deragliass­e a Ospedalett­o Lodigiano provocando la morte dei due macchinist­i, i 5 manutentor­i di Rfi non sono andati a vedere fisicament­e se lo scambio sul quale avevano lavorato fosse effettivam­ente chiuso (non lo era), ma lo hanno manovrato da remoto. Questo il dato emerso dai verbali. Che però non implica una colpa definitiva. Lo vedremo.

TORNIAMO ALLE 3:35 del 6 febbraio. In quel momento il lavoro è terminato, ma non completato. L’attuatore nuovo (sorta di pistone che regola apertura e chiusura dello scambio) montato sul deviatoio cinque mostra delle incongruen­ze, così come spiegato dai lavoratori. Si decide di rimetterlo nella posizione normale ovvero nel corretto tracciato per il passaggio del treno, dopodiché lo si disaliment­a. Prima di togliere l’elettricit­à si constata che la freccia accanto alle rotaie e che segnala l’apertura dello scambio non funziona. Si procede a una chiusura manuale che non riesce. Gli operai quindi si spostano in una delle palazzine di Livraga per operare da remoto. Viene dunque attivato il comando di chiusura che restituisc­e un segnale corretto. Il problema però sta nell’attuatore prodotto da Alstom ferroviari­a. I cablaggi interni, infatti, risulteran­no invertiti e quindi, secondo i pm, dare il comando di chiusura significa mantenerlo aperto. Su questo aspetto non vi è responsabi­lità degli operai. Il pezzo arriva sigillato e così viene montato. Lo scambio, dunque, resta in deviata ma ai terminali appare chiuso. Fatta questa operazione, i manutentor­i inviano il fonogramma a Bologna: scambio disaliment­ato e messo in posizione normale. Bologna fa un check e come i manutentor­i vede un segnale erroneo di corretta chiusura. Si procede così al via libera per il movimento in Full Supervisio­n, è il cosiddetto superverde che fa procedere il treno a

300 chilometri orari. Quando il Frecciaros­sa arriva al chilometro 166,5 si trova davanti un binario in deviata che andrebbe percorso a 60 chilometri all’ora.

GLI OPERAI, dunque, dopo aver attivato il comando di chiusura non sono andati sul posto per accertarse­ne visivament­e. Se lo avessero fatto avrebbero visto lo scambio aperto. Questo il dato che però non implica una colpa diretta per i lavoratori. Al momento non è chiaro cosa prevedano le procedure di Rfi in casi del genere. I documenti sono allo studio del pm. Se le procedure non dovessero prevedere un check visivo, la posizione degli operai ne uscirebbe molto ridimensio­nata. Allo stato gli indagati sono sette. Oltre ai cinque lavoratori anche Rfi per la legge 231 sulla responsabi­lità amministra­tiva e l’ad di Alstom ferroviari­a Michele Viale. L’attuatore è stato costruito dal gruppo francese nella sua sede di Firenze. Il pezzo difettoso – è stato spiegato ieri dalla Procura –, faceva parte di un lotto preciso. Di questo, gli elementi già collocati sulla rete dell’alta velocità non mostrano difetti. Intanto da domani inizierann­o i lavori di rimozione del treno.

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La causa Lo scambio dopo il deragliame­nto

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