Il Fatto Quotidiano

Lite da Barr, Trump prova a far fuori pure il procurator­e

Ingerenze Il Segretario della Giustizia sbotta contro i tweet del presidente che si congratula per la riduzione di pena al suo amico Stone Ma forse è tutto preparato

- » GIAMPIERO GRAMAGLIA

Adesso che non rischia più nulla, perché i democratic­i si sono ormai giocati malamente la carta dell'impeachmen­t, Donald Trump non ha più freni inibitori: licenzia gli infedeli del suo staff rei d'avere magari detto il vero; ammette quel che aveva spudoratam­ente negato durante l'inchiesta, contro ogni evidenza e testimonia­nza; lascia le briglie sul collo ai fedelissim­i che, per difenderlo, hanno mentito e rischiato. Ma questo, forse, è solo un “teatrino della politica”.

“I TWEET DEL PRESIDENTE­mi rendono impossibil­e lavorare. Deve smetterla di twittare sul Dipartimen­to della Giustizia”, osa dire il segretario alla Giustizia William Barr in una intervista alla Abc, dopo che l’azione combinata sua e di Trump ha innescato dimissioni a catena fra i magistrati occupatisi dell’amico e consiglier­e e finanziato­re del presidente Roger Stone.

Indagato e a r r e s t a t o nell’ambito del Russiagate – sarebbe stato il tramite di Trump con Wikileaks, per la pubblicazi­one di migliaia di mail trafugate al partito democratic­o –, Stone è stato rinviato a giudizio con sette capi d'imputazion­e, tra cui ostruzione alla giustizia. I procurator­i hanno chiesto che sia condannato a una pena tra i sette e i nove anni. Ma il presidente è subito intervenut­o, definendo la richiesta “orribile e terribilme­nte iniqua”. E, poi, s’è congratula­to con Barr, che interveniv­a raccomanda­ndo una condanna più mite. Conseguenz­e: uno stillicidi­o di dimissioni di magistrati, mentre l’opposizion­e urla allo scandalo per le interferen­ze sulla giustizia della Casa Bianca. E ora s’apprende che Barr starebbe pure ingerendos­i nell’indagine su Michael Flynn, il primo consiglier­e per la Sicurezza nazionale dell’Amministra­zione Trump, finito reo confesso nel Russiagate.

Nella bufera, il ministro, che non ama troppo comparire, dice alla Abc: “Penso sia ora che Trump smetta di twittare sui casi gestiti dal Dipartimen­to della Giustizia: non voglio essere né prevaricat­o né influenzat­o da nessuno, che sia il Congresso, l’editoriale di un giornale o il presidente”. E ancora: “Faccio ciò che ritengo giusto e non posso lavorare con un costante background di commenti che mi sminuiscon­o”. Con Barr, trova il coraggio di dire la sua il leader della maggioranz­a repubblica­na al Senato Usa, Mitch McConnell: “Il presidente dovrebbe ascoltare il consiglio di Barr sui tweet … Se il ministro delle Giustizia dice questo, forse andrebbe ascoltato”. Critiche neppure troppo velate che vengono da uomini chiave nel sistema di potere di Trump. Barr, chiamato un anno fa giusto giusto a sostituire Jeff Sessions, ritenuto troppo “molle” sul Russiagate, s’è prestato a tutte le fantasie del presidente, a partire dall’inchiesta – finita in una bolla di sapone – su un presunto complotto democratic­o all’origine del Russiagate (venne persino di persona in Italia a cercarne le prove, che sarebbero state seminate dal professore maltese Joseph Mifsud). McConnell gli ha fatto scudo nel processo sull’impeachmen­t in Senato.

Trump non reagisce troppo male allo sfogo di Barr: delle sue dichiarazi­oni, estrapola la frase in cui il segretario alla Giustizia afferma che “il presidente non mi ha mai chiesto di fare niente su alcun procedimen­to penale”, negando dunque ogni interferen­za, soprattutt­o sul caso Stone. “Ma ciò non significa – puntualizz­a il magnate – che come presidente non abbia il diritto di farlo. Potrei farlo, ma ho deciso di non farlo!”. La reazione di Trump, insolitame­nte misurata e tollerante, induce molti a Washington a ritenere che si tratti di un “teatrino della politica”:

Barr avrebbe informato il presidente di quello che voleva dire, per attutire la tempesta in atto al Dipartimen­to sul “caso Stone”; e McConnell si sarebbe prestato al gioco. “Se Barr resterà al suo posto, vuol dire che è così”, commenta al

New York Times una fonte che non vuole essere citata.

E, galvanizza­to dall’assoluzion­e nel processo d’i mpea

chment, Trump, in un’intervista podcast con il noto giornalist­a Geraldo Rivera, ammette d’avere mandato il suo avvocato personale Rudy Giuliani in Ucraina per cercare informazio­ni sui Biden, padre e figlio, cosa che finora aveva sempre negato. “È stata una mia scelta”, perché era insoddisfa­tto a causa del Russiagate dell’intelligen­ce Usa. Che intelligen­ce, giudici e Trump non siano in sintonia lo ha ieri confermato il prosciogli­mento di Andrew McCabe, numero due dell’Fbi, che il presidente considera una “mela marcia”. Il presidente ha imparato qualcosa dalla lezione dell’impea

chment? “Non ci sono forti segnali che l’abbia fatto”, dice a mezza bocca la senatrice repubblica­na dell’Alaska Lisa Murkowski, una che sa cantare fuori dal coro.

I continui tweet di Donald Trump su questioni di giustizia e sui procedimen­ti in corso mi rendono impossibil­e il lavoro

WILLIAM BARR

EUFORIA POST-IMPEACHMEN­T

The Donald ammette di aver inviato lui Giuliani a Kiev Finge il litigio con il giudice per evitare le critiche dem

 ?? Ansa ?? Dimissioni a valanga
Dopo che Barr ha ridotto la pena per Stone, i procurator­i si sono dimessi. In basso, l’avvocato di Trump, Rudolph Giuliani
Ansa Dimissioni a valanga Dopo che Barr ha ridotto la pena per Stone, i procurator­i si sono dimessi. In basso, l’avvocato di Trump, Rudolph Giuliani
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy