Il Fatto Quotidiano

Dalla Prima

- » MARCO TRAVAGLIO

Come i bulli sui campetti di periferia, che entrano a gamba tesa sull’avversario e poi si rotolano per terra per ingannare l’arbitro. Ora se un politico dice una cosa e fa l’opposto – tipo farsi eleggere nel Pd e poi tentare (invano) di distrugger­lo, patrocinar­e un governo per poi impallinar­lo, promettere di abolire la prescrizio­ne dopo il primo grado e poi difenderla quando Bonafede la abolisce dopo il primo grado – rischia di incontrare uno che l’ha votato e gli sputa in faccia o gli mette le mani addosso. Ma questo rischio gli uomini d’affari non lo corrono: a nessuno verrebbe in mente di chiedere loro coerenza, ma solo fatturati e utili netti. E, da questo punto di vista, Renzi è irreprensi­bile. Nel gennaio 2018 esibì in tv un estratto conto da 19 mila euro. Ora, due anni dopo, dichiara un milione di euro annui, fra stipendio di senatore e conferenze a gettone. S’è comprato una villa senza avere i soldi, ma glieli ha prestati la mamma di un amico casualment­e nominato da lui a Cdp, poi li ha restituiti grazie ai 500 mila euro avuti da Lucio Presta per l’imperdibil­e documentar­io su Firenze che il Nove ha pagato 20 mila (il resto mancia).

Ora però il guaio è che Italia Viva sfugge ai radar e ai sondaggi. Ed è viva solo in questo Parlamento, grazie ai voti fregati al Pd, e sui media che intervista­no questi noti frequentat­ori di se stessi un giorno sì e l’altro pure, grazie agli editori a suo tempo beneficati dal renzismo. Dunque, per restare viva, deve sabotare il governo Conte giorno e notte, sennò nessuno si accorge che esiste. Ma deve pure evitare di farlo cadere, altrimenti possono accadere tre cose, che la trasformer­ebbero in Italia Morta. Arrivano i “responsabi­li” da FI e i renziani diventano peli superflui anche nell’unico luogo dell’universo – il Senato – dove sono decisivi. I renziani affezionat­i al governo ma soprattutt­o alla poltrona per altri tre anni diventano “responsabi­li” anticipand­o i forzisti in fuga e mollando Renzi a giocare a briscola con la Boschi, la Bellanova e Marattin. Il governo cade, Conte brutalizza Renzi in Senato come ad agosto l’altro Matteo (siamo pronti con i pop corn) e si torna al voto. Soluzione esiziale per molti motivi fuorché per uno: almeno un Matteo su due ce lo leveremmo dalle palle, sempre per via di quel problemucc­io dell’assenza di elettori.

Infatti è bastato che l’altroieri il padrone Conte tirasse un po’ il guinzaglio perché il chihuahua tornasse a cuccia e smettesse di ringhiare. Ora il partito-ossimoro annuncia che voterà tutto quel che giurava di non votare né ora né mai: riforma Bonafede del processo, lodo Conte-bis e, se del caso, pure tris e quater. Per un politico sarebbe una figura barbina, ma per un uomo d’affari è tutto fatturato: tra poco arrivano le nomine, 400 posti in palio con relative prebende, guai se la ditta resta a bocca asciutta proprio sul più bello. Naturalmen­te la tregua durerà un paio di giorni, poi il bullo e i bulletti ricomincer­anno a bulleggiar­e. Così, se al loro posto arriverann­o i “responsabi­li”, anche i moralisti più intransige­nti tireranno un sospiro di sollievo. Oggi, grazie a Renzi, persino Scilipoti ha un suo perché.

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