Ubi, ma non solo: le banche pronte a 30 mila esuberi
Così fan tutte Dopo Unicredit, piano di esuberi anche per Massiah Nell’ultimo anno nove banche hanno già approvato 30 mila uscite
Mentre Unicredit trattava con i sindacati un maxi-piano da 6 mila esuberi volontari, Ubi annunciava una sforbiciata del 10% alla forza lavoro (2.000 dipendenti), la riqualificazione di altri circa 2.400 e la chiusura di almeno 175 filiali. Come da copione, la notizia della riduzione di organico è stata accompagnata dalle rosee prospettive del nuovo piano industriale con il quale la banca guidata da Victor Massiah prevede di realizzare 655 milioni di utile netto nel 2022, mantenendo al 40% la quota di utile da destinare al dividendo.
NIENTE DI NUOVOsotto il sole, insomma: sempre meno dipendenti negli uffici con un minor costo del lavoro in bilancio, sempre più cedole per gli azionisti con un ritocco all’insù delle spese a carico dei clienti. Perché se è vero che tutte le uscite dei lavoratori bancari sono a carico del Fondo di solidarietà che è finanziato dagli istituti di credito, è altrettanto vero che le banche continuano a macinare utili. A cui contribuisce il frutto dell’aumento di costi e commissioni a carico dei clienti. Del resto lo dice anche Bankitalia: nell’ultima indagine sul costo dei conti correnti, datata settembre 2019, la Banca centrale spiega come “nel 2018 la spesa per la gestione di un conto corrente è cresciuta di 7,5 euro rispetto all’anno precedente, attestandosi a 86,9 euro: si tratta di una netta accelerazione rispetto al precedente biennio, durante il quale era complessivamente cresciuta di 2,9 euro”. E non finisce qui: per il sito di comparazione Sostariffe.it, anche nel 2020 ci saranno aumenti a due cifre sia per i conti online (27%) che per quelli tradizionali (+29%).
Ma non è questo l’unico punto dolente della ristrutturazione di settore in corso d’opera. Finora, attraverso il Fondo di solidarietà, i sindacati sono riusciti a ottenere dalle banche un’assunzione ogni tre dipendenti in uscita grazie al Fondo per l’occupazione, sempre autofinanziato. La Federazione autonoma bancari italiani (Fabi) punta a rilanciare per arrivare all’assunzione di un giovane ogni due lavoratori in uscita.
RIUSCIRANNO le organizzazioni di categoria a spuntarla? Probabilmente solo se faranno fronte comune. Il che non è detto sia poi così facile: al tavolo di Unicredit, ad esempio, il blocco sindacale sta già vacillando dopo la scelta della First Cisl di mostrarsi conciliante verso Unicredit, che, a suo dire, “ha mostrato un atteggiamento più dialogante rispetto ai toni intimidatori della lettera” con cui prospettava i tagli.
Dialogante o meno che sia il rapporto fra banche e rappresentati dei lavoratori, i numeri della ristrutturazione del comparto sono impressionanti: in 10 anni (2008-2018), in Italia sono sfumati quasi 64 mila posti di lavoro in un settore che impiegava oltre 338 mila persone (dato Bce). Dal 2011 gli istituti di credito hanno spinto fuori dai loro uffici oltre 77mila lavoratori. Costo dell’operazione: circa 17 miliardi, un miliardo l’anno come spiega Il Sole 24 Ore che ricorda come nello stesso periodo siano stati assunti circa 22mila giovani. È accaduto così che un grande gruppo come Unicredit sia arrivato ad avere oggi meno della metà dei dipendenti del 2007, anno delle nozze con Capitalia (ex Banca di Roma).
A QUESTO PUNTO, non resta che chiedersi cosa ci sia da attendersi per il futuro. Secondo la Fabi, fra il 2019 e il 2020, i primi 9 gruppi bancari italiani hanno già approvato 29.639 esuberi. Senza contare i tagli annunciati da Unicredit e Ubi. La cifra è quindi ancora destinata a crescere. Anche perché, a dispetto delle cedole staccate ai soci, le banche italiane non hanno ancora risolto tutti i problemi: secondo il report di Banca Ifis, in Italia ci sono 325 miliardi di euro di crediti deteriorati ancora da recuperare. Di questi, 141 miliardi lordi sono oggi iscritti nei bilanci delle banche. E questo nonostante il fatto che fra il 2016 e il 2019, gli istituti di credito abbiano ceduto sul mercato 70 miliardi di euro di crediti deteriorati grazie a garanzie pubbliche. Prestiti che, però, restano difficili da recuperare.
Lacrime e sangue
Dal 2008 al 2018 sono sfumati 64 mila posti in un settore che impiegava oltre 338 mila persone